Vidi e conobbi l’ombra di colui.

“Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto, vidi e conobbi l’ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto”. Dante non nomina espressamente, come gli succede del resto in tanti punti cardine dell’intera Commedia, il personaggio che vede entro una lunga fila di gente, la quale insegue una bandiera che si muove con tanta rapidità, che non appare mai ferma ai suoi occhi. Il tutto, nel terzo canto dell’Inferno.

Virgilio gli ha appena parlato degli ignavi, coloro che non fur mai vivi, e che sono disprezzati perfino da Dio, tanto che li ha posti nel vestibolo dell’Inferno. Stop alla narrazione.

Orbene, chi è questo ignavo eccellente? Oggi si dà per acquisito che sia Pietro da Morrone, ascetico che prese il nome dal monte facente parte del massiccio della Maiella, luogo del suo eremitaggio, in cui attrasse devoti e discepoli e dove il suo eremo divenne il centro di una congregazione, poi assorbita dai benedettini.

Pietro nacque a Isernia (qualcuno dice a Molise o a Sant’Angelo di Limosano), verso il 1210. Eletto papa col nome di Celestino V il 29 Agosto del 1293, il 13 dicembre dello stesso anno rinunciò alla sua alta carica, conscio della sua inadeguatezza nel ricoprirla, anche per le pressioni del cardinale Benedetto Caetani, che lo sostituì col nome di Bonifacio VIII, eletto al suo posto il successivo 24 dicembre. Morì nel maggio del 1296 nel castello di Fumone, in Ciociaria.

Contro la identificazione del personaggio dantesco con la figura del pontefice, si svilupparono subito due teorie.

La prima: Dante non poteva condannare il papa dei cd. Spirituali (una corrente dell’Ordine dei Francescani), giustificando il passo indietro non per viltà, ma per senso di responsabilità. La seconda: Dante non poteva collocare all’Inferno Celestino V, poiché era stato canonizzato nel 1313. I primi commentatori furono subito certi che colui del gran rifiuto fosse Celestino V (Lana e Bambaglioli su tutti). Anche se dal 1328 in poi cominciarono ad avvertirsi i primi dubbi (Ottimo e Petrarca). Qualcuno pertanto iniziò a identificare quel personaggio con Diocleziano (Pietro, il figlio di Dante) o Esaù (Boccaccio). Altri nomi che si succedettero nel tempo: Pilato, Ottone III e Giano della Bella.

Sta di fatto che l’allusione doveva essere d’immediato impatto, nelle intenzioni del poeta, circa la riconoscibilità per i contemporanei e, pertanto, concordemente fu recepito come citazione indiretta del papa abruzzese. Il quale, invece di rispondere alle istanze di rinnovamento della Curia Romana, fece per ignavia il gran rifiuto, in quanto incapace di prendere partito in rapporto alla grande responsabilità cui era stato chiamato.

Vero è che il gesto di Celestino V portò alla elezione di Bonifacio VIII: poteva avercela con lui o no il Divino Poeta, che dovrà ringraziare proprio il Caetani, assurto nel frattempo al Sacro Soglio, ritenuto a torto o a ragione, dopo la sconfitta dei Bianchi, come l’ispiratore massimo degli eventi che lo porteranno in esilio?

@ Vidi e conobbi l’ombra di colui

Da dantepertutti.com del 30.1.2016