Il mostro, aveva una faccia serena prima delle crisi, arrivavano di colpo, senza avvisare, e sopratutto senza un perché.
Il bene, in un lampo, si trasformava in un male che faceva troppo male.
Tutto gli partiva dalla faccia, gli occhi, con le pupille piccole e salde su di me, come spilli impiantati, mi avvertivano dell’arrivo puntuale del mostro.
Narici spalancate e mascelle serrate, si prestava a diventare paonazzo. Pugni serrati, piedi sicuri e ben saldi a terra. Respiro, il suo, si faceva sempre più asfissiante, non riuscivo mai a respirarla quell’aria malata, che si creava tutt’intorno a lui.
Nulla ormai mi toccava, se non la sensazione fastidiosa di bagnato sul mio viso, ed il bruciore vivo, all’interno del mio corpo, mentre incassavo i suoi colpi.
Oggi, non so distinguere le persone, le loro facce, i veri dai falsi. Per me tutti sono uguali.
Purtroppo la mia mente che non vuole pensare, sembra essersi fermata, là, nel girone più basso dell’inferno di Dante. Navigo, annego e soffoco nei brutti ricordi, che a loro volta si fanno inghiottire dal senso di colpa. Ricordi mangiati vivi, dalla rabbia che provo nei miei confronti, per non essere stata forte, anzi per non essere stata me stessa.
Del mio male, mi sento io la causa, sono restata là, a farmi sbranare tutto, senza fare nulla, non mi mi sono venute parole per parlare, non ho saputo fare gesti per chiedere aiuto, mi sono solo vergognata di lui, di me e di me con lui. Ho voluto coprire, gettare fango su fango e buttarmelo addosso, vestirmi di un aria innocente che distoglieva gli altri dal mio vero essere.
Osservo, quale male atroce mi sono inflitta, curandomi di tenere tutto dentro di me, silenziosamente.
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