Vi racconto la storia di un ragazzino che sognava di fare il giornalista ma non lo è mai diventato. Non è diventato neanche un blogger. E nemmeno ci è andato vicino.
Italia, fine anni ’80. In quel periodo della crescita, dodici anni, in cui cominciano le domande dei genitori, dei parenti, dei professori. Che cosa vuoi fare dopo le scuole medie? Un ragazzino con poca personalità non ne sa proprio niente. Invece no. Quel « bambino » già un po’ cresciuto sembrava avere le idee chiare perché la sua risposta era rapida e sicura.
“Vorrei fare il giornalista”.
I genitori erano abbastanza contenti della risposta e pronti ad appoggiare il ragazzino di 12 anni. In realtà lui non aveva la minima idea di che cosa volesse dire fare il giornalista. A scuola gli avevano insegnato a leggere le prime pagine dei giornali. Quelle lezioni che volevano spiegare la struttura della prima pagina di un quotidiano lo avevano affascinato. Ma già quando era molto più piccolo, attorno ai 6 anni, i genitori dicevano che gli piaceva molto leggere. In realtà erano fumetti. Ma i fumetti sono importanti. Formano la persona. Sull’importanza del Topolino non si scherza. Arriva il momento in cui a riproporre la domanda è la professoressa di lettere.
“Vuoi fare il giornalista? Ma no! Non sei bravo a scrivere. Sei portato per la Matematica”.
Ecco, questa frase, detta senza freni, esplosa perché senza spoletta (la sicura delle bombe a mano), ha frenato il ragazzino che, da quel giorno, credendo che le professoresse abbiano sempre ragione, si è buttato sulla matematica. Fioccavano gli ottimi uno dietro l’altro nelle materie scientifiche. Dall’altro lato le sufficienze nei temi in classe non facevano che confermare, dentro di lui, la teoria della prof.
Questo è un mondo di professori. Crescendo il ragazzino lo ha capito. Tutti credono si sapere tutto. Un mondo dove anche i “cazzari” si sentono i professori delle “cazzate”. Oggi quel ragazzino è un uomo, la personalità rimane sempre la stessa. Non troppo marcata. Rimane un uomo che, in pubblico, ama molto di più scherzare che essere serio. A tal punto che le persone lo vedono molto bene come un giullare di corte. Laurea in Economia e vai con il colletto bianco e la cravatta. Corse tra i clienti, carriera fulminante si sperava. La corriera si, quella correva, piano piano si è trasformata in Taxy poi in aerei e treni pagati con la nota spese.
Cosa porta un ragazzino che ha un sogno a fare tutt’altro? Qui i “freudiani” si possono sbizzarrire.
E’ colpa dei genitori! No, colpa delle scuole che peccano di qualità, colpa della sua personalità vittima del complesso di Edipo. Malcolm Gladwell, nel bestseller “Outliers”, vi spiega per bene di chi è la colpa. A volte è la casualità il vero problema. Tutto dipende dalla famiglia in cui nasci e dal contesto in cui sei cresciuto. Se quel ragazzo avesse avuto più personalità, forse non avrebbe ascoltato il commento della professoressa. Se la professoressa fosse stata più aperta, avrebbe alimentato le speranze del ragazzo invitandolo a leggere tantissimo a studiare letteratura ed iscriversi ad una scuola di giornalismo. All’epoca, tra l’altro, internet non esisteva ancora e l’insegnate malcapitata non poteva certo immaginarsi che potesse esserci la possibilità di diventare un “blogger” o un « content creator ».
Anyway, come dicono gli inglesi, il mondo è cambiato e quell’uomo, in fondo, forse è rimasto sempre lo stesso.
Un poco di personalità in più, coscienza di se stesso, maturità, qualche capello in meno e sempre tanti sogni come quelli che aveva da ragazzo. Passa gli anni inseguendo il desiderio di mollare tutto e, finalmente, fare qualcosa che gli piace. Fare qualcosa per se stesso. O almeno farla per gli altri. E gli altri non devono essere gli azionisti di una banca o di una società di consulenza. Dovrebbero essere, invece, quei milioni di persone che nel nostro immaginario vagano per il mondo senza essere niente. Esistono solo nella nostra testa. Sono quelli diversi da noi che non sanno fare bene quello che sappiamo fare noi. Quando li nominiamo o li pensiamo rappresentano tutto ciò che non siamo noi, non sono nemmeno quelli che invidiamo e neppure quelli che non vorremmo essere.
Sono semplicemente quelli che sono tutt’altro che noi. Per esempio, se parliamo di politici, sono tutti quelli che non fanno e non sanno fare politica. Sempre che ce ne sia uno capace.
Se allora capovolgessimo tutto? Se per una volta fossero gli altri a scrivere la stampa? Che cosa ne penserebbero i giornalisti, i blogger, gli scrittori, gli autori? Se un giorno ci svegliassimo e fossimo proprio noi, « gli altri », a scrivere i contenuti? Facile per i giornalisti scrivere ed essere apprezzati. Ma se invece scrivesse qualcuno che non ha mai scritto?
Bomba. Si sarebbe una bomba. Se non esplodono, però, rimane tutto dentro. Chi lo viene a sapere cosa contengono? Allora supponiamo che “gli altri” siano delle bombe e facciamo in modo che esploda quello che hanno dentro: le parole.
Proprio con questa idea in mente è nato BombaGiù. L’unico giornale dove le notizie le scrivi PROPRIO TU!
Oggi si è parlato di un treno ad alta velocità, simbolo della modernità e del successo, che è stato fermo per tre ore a Bologna perché dovevano eliminare un ordigno bellico della seconda guerra mondiale rimasto nascosto ed inesploso. Per fortuna.
Quelle bombe, quelle vere, meglio che non siano esplose.
Ma le bombe che sono dentro di noi? Ce ne sono troppe che rimangono inesplose. Quelle parole dentro sono talmente potenti che possono cambiare il mondo. Diamo voce ai writer che non sono writer, al giornalista che non è giornalista, ai blogger che non scriveranno mai un blog!