Dalla formulazione alla sperimentazione, una conferma che apre nuovi scenari al mistero dell’universo.
1916, Albert Einstein, allora preside dell’Istituto di Fisica dell’università di Berlino, ultimò una particolare teoria:
“lo spaziotempo può deformarsi per via dell’energia prodotta dalle forze gravitazionali tra due o più pianeti vicini.”
Ciò significava che la struttura universale – lo spaziotempo, appunto – poteva essere spremuta o gonfiata grazie ai moti dei pianeti che interagivano fra loro. Inoltre la teoria cercava di ritrovarsi in un’altra teoria nonché quella della relatività generale, sempre portata avanti dallo stesso Einstein.
Inizialmente, la teoria pareva poco convincente!
Non tanto per la matematica e i calcoli vari ma per la riuscita della rivelazione di queste onde, di queste energie. L’onda gravitazionale, rispetto ad altre propagazioni energetiche come il suono o la luce, ha un andamento capace di modificare tutto lo spazio geometrico in cui si propaga, e quindi di modificare un qualsiasi luogo metrico.
Nonostante la difficoltà di accettare la teoria, per molti astrofisici si trattava di uno studio affascinante. Dopo la seconda guerra mondiale alcuni governi decidono di investire su questo ambito di ricerca.
Come previsto, la difficoltà di rilevare tali onde non era bassa in quanto non potevano essere compiuti esperimenti in laboratorio, bensì bisognava ricorrere a fenomeni stellari (collisioni, supernove, moti ed energie dei buchi neri) che potevano essere rilevati solo da strumentazioni di alta precisione (in quei tempi era impensabile avere un’ingegneria così avanzata).
Molti fisici teorici sostenevano, addirittura, che una fonte di onde gravitazionali potrebbe esser stata causata dal Bing Bang: a quanto pare il fenomeno avrebbe lasciato dei residui di microonde del fondo cosmico maturate dalle osservazioni importanti dell’universo primordiale, cioè delle onde che si propagavano nel tempo, considerato infinito, in uno spazio non determinato in maniera trascurabile.
Il vero passo sperimentale viene fatto agli inizi degli anni 2000 da parte di LIGO e VIRGO.
Il primo è un osservatorio statunitense fondato da Kip Thorne e Rainer Weiss nel 1992, il cui scopo è stato – ed è ancora oggi- quello di captare le onde gravitazionali; il secondo è un interferometro (del tipo Michelson) costruito per il medesimo scopo, a Cascina, nelle vicinanze di Pisa, nel 2003.
Le osservazioni viaggiano parallelamente. Gli interferometri verranno sempre più accurati nel tempo, ma le rivelazioni continuano a risultare difficili fino a quando le due, l’11 febbraio del 2016, pubblicheranno in una diretta la prima rilevazione di onde gravitazionali.
In collaborazione i due colossi dichiareranno anche la seconda rilevazione (15 giugno dello stesso anno) dovuta alla fusione di due buchi neri distanti 1,5 miliardi di anni luce. Così ricapiterà nel gennaio 2017, una terza rilevazione, anche se i buchi neri si trovavano più lontani.
La teoria di Einstein dopo cent’anni trova la sua verità riconfermando lo scienziato un genio senza precedenti! La sperimentazione porta il Nobel per la Fisica 2017 proprio ai creatori della LIGO, Thorne e Weisse insieme a Barry Barish, gente che ha creduto ad una cosa così delicata, quasi impossibile ad immaginare, e oltretutto intendere nella teoria della relatività.
Questa grande scoperta apre al mistero. allarga gli orizzonti alla conoscenza dei buchi neri e allo studio di queste piccole, ma grandi, energie (aver rilevato il loro suono suscita curiosità sul concetto di “vuoto”).