Selfie, come autoritratti, seguiti da minestroni rimescolati di alta filosofia: welcome to Followers Era!

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E’ ormai dimostrabile che se si seguono certi standard guadagnare pollici in su, e cuoricini, diventa un gioco da ragazzi. Basta essere in costume, al mare, con il sole che esalta le forme ed il gioco è fatto.

Per qualche like in più c’è chi venderebbe l’anima al diavolo, ma essendo un’irreale azione si preferisce mettere in mostra il prosperoso pettorale per guadagnare l’incredibile prestigio di essere un followed. Se poi alle belle forme seguono ai lati grandi aforismi aristoteliani siamo a cavallo! Soprattutto se i volti ritratti presentano espressioni che si discostano completamente dal senso della frase scritta, come se le due cose appartengono a due azioni diverse.

Ma non è questo che interessa a chi segue questi personaggi. A coloro che seguono questi divi interessa la bellezza dell’immagine del protagonista. Le frasi basta che siano costruite bene da scaturire qualche solita emozione ed il gioco è fatto!

Quindi si ha a che fare con una guerra su chi è il più bello e originale del web.

Da notare che molti di questi divi approfittano delle passioni altrui per far salire il proprio contatore di mi piace indossando maglie di squadre sportive, o di band famose, o addirittura cercano di fare cose che non sanno fare come una pittura o una sonata di pianoforte. Tutto per il fantomatico like.

Ma il social a cosa ci sta portando?

Sicuramente a creare false identità…ad essere più precisi nostre false identità. Nel pensiero pirandelliano, questi blog interattivi ci danno una nuova identità che non viaggia nello spazio in cui ci muoviamo, ma che corre – alla velocità della luce – all’interno di sistemi informatici che raggiungono in pochi secondi tutto il mondo. Trovarsi fra le ricerche Google, nella sezione immagini, non fa ben sperare visto che si è tracciabili, percettibili a chi vuole fare uso di noi. Chiunque, anche se in maniera intima e personale, può fare uso delle nostre foto per qualsiasi cosa (meglio non pensarci).

Complottismi a parte, quindi, a cosa serve realmente il social network? Qual è la sua vera utilità? Che sia la porta per entrare nel condotto del successo? Che sia una finta rete di idee? Quanto è importante per la vita di ognuno di noi? Quanto essenziale? Comunque sia, semmai fosse esistita un’utilità a riguardo, l’uomo si è giocata l’ennesima possibilità di rendere buono uno strumento, trasformandolo in un triste giocattolo.

Brescia 23/09/2017

Giuseppe Salemi