Elpislandia

111

Elpislandia non conosceva da tempo né la guerra, né la sofferenza, né il male. Tutto sommato, pur dovendo far fronte anche lei ai problemi odierni, era la città democratica per antonomasia, degna erede di Atene. O almeno questo era il pensiero dei più.

Infatti, da secoli il marcio l’aveva contaminata, silenziosamente. Il malessere si percepiva sempre più chiaramente, ma era più un ronzio fastidioso, semplice da scacciare dalle menti; o almeno lo si credeva. Andava tutto bene, era sempre andato tutto bene: ogni incipit di disturbo o pericolo risultava frivolezza agli occhi dei potenti e, il popolo, grande adulatore e facile preda delle astute menti, credeva alle soavi e manipolatrici parole dei “reggitori dello stato”.

Ma la verità era un’altra e, anche io, a distanza di anni, ormai vegliardo e già morto – poiché questi miei ultimi anni non sono certo definibili vita –, me ne rendo conto solo adesso. Ora colgo i segni del passato, solo ora riconosco gli sbagli comuni, gli sbagli di un popolo che, pur avendo gli occhi, non vedeva.

La guerra dilaniava la terra e i popoli, come iene fameliche, si scontravano per un credo calunniatore.

Era la religione il fulcro del potere, chi possedeva la combinazione di quella cassaforte deteneva il comando, possedeva il popolo. Solo Elpislandia e alcune nazioni vicine, non avevano aderito al credo religioso. Certo, anche loro avevano la loro Chiesa, ma non contava più nulla da tempo. Elpislandia la aveva accolta come gemma preziosa, l’aveva arricchita, resa grande; ma quel potere, che nel mondo era reale, per quella Chiesa era solo una sontuosa facciata rococò priva della restante parte, un reperto archeologico falsamente venerato, una maschera che celava la vera religione: il denaro. La patria della più antica Chiesa era, in realtà, la patria del ateismo-religioso.

Elpislandia e i dintorni per questo motivo non si erano mai interessati delle questioni estere, lontane dal loro personale sentire, lontane dalla loro grande saggezza.

La religione non le toccava affatto, semmai, talvolta, erano loro che se ne servivano per trarne meri vantaggi, per ergersi come paladini di giustizia e solidarietà. Ma è risaputo, la campana di vetro non esiste, l’utopia di un luogo idillico era destinata a crollare e il malessere celato divenne manifesto e, solo in quel momento, tutti videro.

Gente onesta cercava rifugio, asilo, aiuto, cercava di vivere nel mondo idillico e, così, giorno dopo giorno bussò alle porte di Elpislandia e dei dintorni; ma solo la patria della speranza le aprì. E fu così che in principio, molti rifugiati, benché ovviamente in condizioni non ottimali – come poteva essere altrimenti-, trovarono conforto; ma anche questa situazione non poteva durare. I regnanti di Elpislandia – parlo di regnanti in democrazia poiché da tempo non vi era più una legittima elezione, grande segnale di decadenza – decisero di stipulare patti con le idilliche nazioni alleate; ma queste, forse più lungimiranti, se ne tagliarono fuori.

Elpislandia non demorse, si servì del poco denaro avente, di ogni risorsa sfruttabile per portare aiuto ai bisognosi e i cittadini si impegnarono al meglio delle loro possibilità; ma gli onesti bisognosi aumentavano.

Essi aumentavano in maniera esponenziale, giungevano da ogni parte del mondo in quel piccolo rifugio che li accoglieva e li proteggeva dal male. Tuttavia, come era prevedibile, la protezione e l’aiuto dati non erano nemmeno sufficienti. Il cibo iniziò a scarseggiare, l’aria divenne malsana, la criminalità dilagò senza freno e nessuno fu più protetto. Si camminava per le strade con sguardo errante, privi di privilegi ma ancora ricchi di speranza e solidarietà. I regnanti, chiedendo l’appoggio della più fedele alleata, la Chiesa, pregarono le masse di cittadini onesti di non smettere di aiutare gli onesti rifugiati bisognosi; tuttavia, non vi erano più cittadini e rifugiati, ma solo bisognosi, perché nulla bastava più per tutti e tutti oramai erano divenuti il nulla.

Alla fine anche la piccola Elpislandia cadde in una condizione di miseria peggiore della grande restante parte del mondo.

Solo i suoi dintorni rimasero rigogliosi e prosperosi: le nazioni circostanti si erano protette, fortificate e avevano unito forze e armi per combattere il grande nemico comune; ma ormai erano diventate una percentuale così infinitesimale che soccombettero in breve tempo. E tutto il mondo divenne il nulla. Religione e guerra, tenute in pugno da pochi potenti, tra i quali i regnanti di Elpislandia – unici superstiti della distruzione grazie alla loro manipolatrice dietrologia – governavano tutta la Terra.