Nel settore dell’informatica, le stampanti sono le periferiche di gran lunga più longeve e meno soggette al vertiginoso sviluppo tecnologico che ci induce ad acquistare un nuovo PC o un nuovo smartphone quasi ogni anno per poter stare al passo con i tempi.
Negli ultimi anni si è molto parlato di obsolescenza programmata, ovvero quella tecnica utilizzata dalle aziende produttrici per ridurre artificiosamente il ciclo di vita di un prodotto, limitandone la durata ad un periodo prefissato. A causa dell’obsolescenza programmata i dispositivi diventano inutilizzabili oppure appaiono obsoleti rispetto ai nuovi modelli.
Anche le stampanti non sono esenti dal fenomeno dell’obsolescenza programmata, l’unica differenza è che in questi dispositivi viene attuata con modalità differenti rispetto agli elettrodomestici o agli smartphone. La principale tecnica è quella della dipendenza dalle cartucce che, oltre ad essere molto costose, non sono ricaricabili e contengono dei chip che segnalano l’esaurimento dell’inchiostro “bloccando” precocemente il funzionamento della stampante. In questo modo l’utente è obbligato a sostituire le cartucce che invece potrebbero stampare ancora molte altre pagine. La durata di una cartuccia, infatti, dipende dalla tipologia di documenti stampanti (fotografie, documenti di testo, ecc..) e non al numero di copie stampate.
Il costo delle cartucce
Il modello di business utilizzato dalle aziende produttrici di stampanti si basa sul guadagno derivante dalle cartucce. Per questo motivo, il costo delle cartucce è di poco inferiore, soprattutto nei modelli economici, a quello dell’intera stampante. Molti non sanno che la cartuccia o il toner fornito in dotazione con una nuova stampante ha una resa (numero di pagine stampabili) inferiore al normale, questo viene fatto per invogliare l’acquisto con un prezzo molto basso per poi guadagnare sulla successiva vendita delle cartucce.
I chip sono solitamente installati anche su altri componenti delle stampanti, come il tamburo fotoconduttore e la cinghia di trasferimento che si trovano all’interno delle stampanti laser. Anche questi componenti sono tarati per stampare un certo numero di pagine e poi segnalano la necessità di effettuare una manutenzione o, in alcuni casi la completa sostituzione. Nel caso di stampanti molto economiche, ovviamente gli utenti preferiscono acquistare una nuova stampante per godere di prestazioni e funzionalità migliori e quindi la stampante finisce in discarica nonostante sia effettivamente funzionante o perfettamente riparabile.
Su alcuni modelli di stampante i tre colori primari (ciano, magenta e giallo) sono contenuti in un un’unica cartuccia che deve essere sostituita in blocco anche se è terminato soltanto uno dei tre colori. Questo determina un aggravio sul costo di stampa a carico degli utilizzatori.
In commercio è possibile trovare cartucce rigenerate a prezzi molto inferiori, oppure è possibile ricaricarle da soli spendendo pochi euro. Il costo delle ricariche varia in base al tipo di inchiostro e agli strumenti necessari per la ricarica (siringhe, alcol e panni per la pulizia delle testine, ecc.). Le istruzioni per la ricarica, che sono diverse per ogni stampante, vengono solitamente fornite assieme al kit di ricarica ma, in loro assenza, basta fare una ricerca su Google per trovare un tutorial o un video esplicativo.