Covid-19 e attività sportiva di base. Scenari per la fase 2

Tra le attività che più sono state vulnerate dal Coronavirus e dal Covid-19, le attività sportive di base sono state colpite a livello capillare ed in modo incisivo. Potranno riaprire dal 18 di maggio 2020, come sembra orientato il Governo?

87

Covid-19 e attività sportiva di base

Il silenzio e quasi la clandestinità con cui è stata vissuta il 25 aprile la Giornata Mondiale dell’Onu del Tai Chi e del Qui Gong è emblematica della tragedia silenziosa che sta vivendo la pratica sportiva in Europa ed in Italia.

di Paolo Nicoletti

COVID 19 e Attività SPORTIVA

Un letale soffio di gelo ha congelato le attività sportive in Italia, in Europa, in tutto il pianeta.

La pandemia originata dal Coronavirus ha bloccato o sospeso tutte le attività sportive, professionistiche e dilettantistiche.

Le Olimpiadi sono state rimandate all’anno successivo, evento storicamente rarissimo.

La stessa Giornata Mondiale del Tai chi e del Qui Gong, vero fiore all’occhiello dell’OMS e di vari uffici ONU per il suo valore culturale e spirituale, è passata sotto silenzio e quasi ignorata. Ciò è emblematico delle immense difficoltà che sta attraversando il mondo assai articolato delle attività sportive in Italia.

Nella consapevolezza che il mondo sportivo costituisce una enorme risorsa, non solo in termini educativi e sanitari ma anche in termini economici (circa l’1,8% del PIL nazionale, ed il 3,6% se ci aggiungiamo l’indotto), il Governo sta operando in questi giorni per acquisire protocolli ed indicazioni che consentano di riaprire palestre e circoli ed associazioni già dal 18 maggio 2020.

Molte realtà sportive rischiano infatti di non riaprire o di rimanere chiuse o menomate quando l’emergenza pandemica sarà finita.

Covid-19 e riapertura delle palestre secondo il Ministro Spadafora

Nelle prime due settimane di maggio 2020 il ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, presenterà al Comitato Tecnico Scientifico delle vere e proprie linee guida che consentiranno la riapertura di associazioni, circoli sportivi, palestre, centri danza, piscine ed ogni altra sede di attività sportive, siano esse dilettantistiche o professionistiche.

Se queste linee guida verranno validate e consolidate, potrebbero essere inserite in un prossimo DPCM che potrebbe disciplinare la riapertura di tutti questi centri sportivi sin dal 18 maggio.

Almeno ciò è quanto risulta dalle dichiarazioni dello stesso Ministro, rese durante la trasmissione televisiva “ Mi manda RAI 3 “.

Sui possibili protocolli di igiene e sulle misure di prevenzione epidemica che caratterizzeranno la riapertura della attività sportive in Italia si attendo quindi le prossime ed oramai vicine decretazioni del Governo Italiano.

Attività sportive di base (e non) in Italia

La sofferenza che patisce l’intero mondo delle attività sportive riguarda anche il complesso ed articolato mondo dello sport sociale, gestito dal cosiddetto Terzo settore di associazioni e volontari, rientrante nel mondo dello sport od attività sportiva o promozione sportiva di base. Si tratta di un settore che riguarda decine di migliaia di volontari, centinaia di migliaia di operatori (intorno ad un milione, con moltissimo precariato), e più di 100.000 tra associazioni e società sportive ed altre realtà dilettantistiche, nonché milioni e milioni di praticanti di discipline sportive di ogni tipo e ad ogni livello: circa 20 milioni, di cui 5 milioni nelle sole piscine e ben 12 milioni di tesserati tra CONI ed EPS e varie realtà associative e societarie.

E parliamo anche dello sport per i disabili, a cui servirebbero interventi rapidi come sarebbero opportuni per tutte le attività sportive , perché intanto le spese corrono, gli impianti si deteriorano, le famiglie hanno sempre meno risorse economiche e la situazione generale è in continuo deterioramento.

Si tratta poi di uno dei pochi settori che potrebbero addirittura espandersi, finita l’emergenza, perché la percentuale europea di chi non pratica alcuno sport è ancora altissima (il 72% in Italia) , ed è spesso condizionata dall’insoddisfazione per l’offerta di impianti ed attrezzature sportive che gli europei, italiani compresi, hanno a disposizione nel proprio quartiere., o nella propria realtà lavorativa o sociale o geografica.

Dal materiale elencato in approfondimenti, i lettori potranno agevolmente riscontrar dati spesso sorprendenti.

Lo sport italiano è infatti condizionato dai fattori più disparati. Agli italiani spesso manca il tempo o la disponibilità economica o la motivazione, e spesso sono indifesi rispetto alla possibilità dell’infortunio sportivo, oppure sono ostacolati da malattie o disabilità, o non sono informati sui contenuti di diverse discipline sportive che rientrano nel novero delle arti morbide e che sarebbero facilmente praticabili anche in casa.

Data la generale insoddisfazione per gli impianti sportivi nei propri quartieri, circa il 12% dei cittadini europei sono soci di circoli sportivi, e la percentuale di europei che non praticano sport o conducono una vita sedentaria è salita al 46% nel 2017, mentre circa il 21% è socio di palestre o circoli socio-culturali o circoli di altro tipo.

Le attività sportive sono più frequenti a Nord e più rare o più difficili nel Sud Italia.

I praticanti di sesso maschile sono più numerosi rispetto si praticanti di sesso femminile.

E, sorprendentemente, l’attività sportiva tende ad aumentare con l’età e con il livello di cultura.

E tuttavia i dati sono contrastanti tra di loro, anche a seconda del tipo di sondaggi.

Secondo l’ISTAT, nel 2017 le persone che dichiaravano recisamente di non praticare alcuna attività sportiva erano solo il 38%.

E, anche a causa della insufficiente offerta e proposta di impianti ed eventi sportivi, quattro italiani su dieci praticano sport da soli, in autonomia ed all’aperto (calcio e Tai Chi-Qui Gong compresi).

Gli sport più praticati sono il calcio, gli sport acquatici, l’atletica e lo jogging, la ginnastica aerobica ed il fitness, il ciclismo, gli sport invernali e di montagna, la danza e il ballo, la pallavolo.

Riguardo poi al commercio di prodotti sportivi, l’Italia è all’avanguardia in Europa, e va ricordato che gli italiani sono grandi esportatori di prodotti sportivi, tanto che nel 2016 erano al 2° posto nella UE.

Certi e fiduciosi che il Governo abbia attentamente vagliato la realtà dei numeri di cui sopra, rimaniamo in attesa delle novità normative sotto forma di DPCM m nei prossimi giorni di questo problematico e pandemico 2020.

Per approfondimenti