Sei una frana, ma…. regionale da Pisa per Roma Termini appena la ragazza sale, realizzo subito che sarebbe finita sui fogli del mio blocco notes, i personaggi mi vengono subito incontro.
Avrebbe potuto sedersi accanto a Pino, in fondo lui doveva spostare solo il suo zaino.
Io invece dovevo raccogliere la borsa, il libro, gli occhiali, il Manifesto. Scegliendo il posto vicino a me era un chiaro segnale. “Sei una frana”, urla al ragazzo, scendendo alla prossima per tornare indietro a prendere i documenti, “non arriveremo in tempo all’appuntamento per la cena, fatteli spedire per foto”. Lui: “io scendo, tu vai”. Lei a voce alta: “certo in bici e con la minigonna è il top, sei una frana”. Si alzano e vanno vicino la porta, lei continua ad urlare. Pino mi guarda: “metti pace”. Parteggio sempre per le donne, sono la scrittrice che scrive con il sangue delle donne, per le donne, con le donne. Lei potrebbe essere mia figlia, al massimo ha 24 anni, ma lui questa volta, il ragazzo sembra il mio alter ego, lo smemo, disorientato nel tempo e nello spazio.
In fondo non stiamo girando questo film noi due, soltanto perché Pino, conoscendomi bene, va raccattando le mie cose in ogni dove “hai preso la borsa, le chiavi, il cellulare”.
I miei oggetti finiscono in un pozzo senza fine, ecco perché anche il mio biglietto viaggia nella sua giacca. Pure a Roma, il biglietto della metro, appena timbrato, lo conserva lui. Con gli smemo, occorre avere pazienza. Lei torna a sedersi accanto a me, nel silenzio degli sguardi, cominciamo a parlarci con gli occhi “ragazza scendi fidat, il racconto in bici con la minigonna, non sappiamo come finisce, scendi, anche io, sono scesa da un treno in partenza e tutto lo scompartimento mi ha guardato. A modo nostro, ognuno è una frana, guarda lui, Pino, lui non lascia niente, ma un pomeriggio si è addormentato, non mi rispondeva al cellulare. Io odio viaggiare di sera sui treni, le stazioni sono buie. Ero furiosa, sul treno in partenza, lui mi chiama “dormivo, che fai, scendi??”.
Sono scesa, pensando è una frana, ma…
Lei nel silenzio degli sguardi, realizza che la giacca di lui è sul treno. La prende, corre verso la porta ”sei una frana, ma… “Scendono insieme a Santa marinella. Pino nella sua lucidità” sarebbe dovuta andare alla cena, lui l’ avrebbe raggiunta. Stazione Termini, sono le 20, Pino ha un appuntamento, il mio treno parte alle 21, 20, “vai, dico io, aspetto tranquilla.” Lui mi guarda, sorride, “andiamo a prendere il caffè”. Poi mi accompagna al binario, si siede sul treno accanto a me, mi sistema nella borsa le chiavi di casa e della macchina in una tasca laterale, lascia acceso il cellulare, ti chiamo quando stai per arrivare, ti ricordi dove hai parcheggiato? Basta scorrere la chat dei messaggi, ogni volta lui mi chiede “dove hai parcheggiato?”. La chat è la mia memoria”. Lui scende dal treno, io resto a guardarlo fino a quando non è una nuvoletta che scompare. Sul treno si siede accanto a me una ragazza, potrebbe essere mia figlia, all’improvviso urla al cellulare
“Sei una frana, il regionale per Cassino è appena partito, dove sei???”
Una voce quasi metallica è lo spot pubblicitario “Adotta uno smemo, spaesato nel tempo e nello spazio” la tua vita sarà una miscela deflagrante di iodio, idrogeno, potassio, ossigeno. Squilla il mio cellulare: “Trenitalia la informa che deve scendere alla prossima fermata, prendere la borsa, il caricabatteria che ha infilato nella presa, il libro che sicuramente sarà sul sedile vicino. Le chiavi sono nella tasca laterale della borsa, appena arriva a casa deve inviare un messaggio. Per poterlo fare, adesso riponga il cellulare con cui sta parlando nella mano destra. Si alzi, dopo aver raccattato gli oggetti, Sicura di avere tutto? Bene, attendo con lei … si diriga verso il parcheggio, prendere strada a destra, poi dopo cento metri svolti a sinistra. Le faccio ancora compagnia fino a quando non apre la macchina. Appena mette in moto, spenga il cellulare, lo riponga nella borsa”.