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Cronaca

Analfabetismo in Italia: una scusa che non vale più

L’analfabetismo in Italia come causa della presenza della malavita organizzata.

Recentemente mi è capitato di discutere sulla causa della persistenza delle mafie in Italia. In particolare un amico napoletano, che quindi conosce bene la città, ha dichiarato che la causa principale della forza della camorra sia l’elevato analfabetismo.

Che cos’è l’analfabetismo? E’ l’incapacità completa di leggere e di scrivere. Si distingue dall’alfabetismo funzionale che identifica l’incapacità di una persona di utilizzare in maniera efficiente le abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle situazioni della vita quotidiana.

L’UNESCO definisce nel 1958 l’analfabetismo come la condizione di “una persona che non sa né leggere né scrivere, capendolo, un brano semplice in rapporto con la sua vita giornaliera“.

Ho risposto stranito, dicendo che il suo punto di vista sembrava essere più una scusa che la realtà. Questo considerando che le percentuali di analfabetismo in Italia, così come in Campania, si sono ridotte di molto negli ultimi decenni. Non mi pare, dunque, che l’incapacità di leggere e scrivere possa essere vista, oggi, una delle cause principali del potere delle organizzazione criminali in alcune zone d’Italia.

Statistiche sull’analfabetismo dall’unità d’Italia.

Dieci anni dopo l’unificazione, nel 1871, gli analfabeti erano sette italiani su 10. All’inizio del nuovo secolo tale percentuale era diminuita al 48,5%. Nel 1921 il dato dice 27,4%. Dopo la seconda guerra mondiale gli analfabeti erano al 12,9%. A metà degli anni cinquanta, con l’introduzione dell’obbligo scolastico fino a 14 anni, il tasso di analfabetismo crolla fino a toccare l’8,3% nel 1961. 

Riportiamo la percentuale degli analfabeti suddivisi per regione risalenti al 1951: Piemonte 3%, Valle d’Aosta 3%, Liguria 4%, Lombardia 2%, Veneto 7%, Trentino-Alto Adige 1%, Friuli Venezia Giulia 4%, Emilia-Romagna 8%, Toscana 11%, Marche 13%, Umbria 14%, Lazio 10%, Abruzzo e Molise 19%, Campania 23%, Puglia 24%, Basilicata 29%, Calabria 32%, Sicilia 24% e Sardegna 22%.

Si nota in effetti che le regioni d’Italia erano in estrema difficoltà e la Campania si attestava al 23%. Una percentuale che, sicuramente, in quegli anni ha contribuito al diffondersi della malavita come unica via di uscita per le famiglie povere per riuscire a portarsi un pezzo di pane a casa con l’aiuto dei bambini o ragazzi.

Ricordiamo tutti, infatti, il famoso libro del 1990, poi diventato il film interpretato da Paolo Villaggio, “Io speriamo che me la cavo” scritto dal maestro di scuola elementare Marcello D’Orta. I sessanta temi in classe di questi bambini napoletani raccontavano il disagio sociale ed economico della Campania dell’epoca dimostrando che l’assenza dello Stato, e quindi anche della scuola, era un problema concreto che si traduceva in incremento della criminalità.

Qual è la situazione ad oggi?

Lo stato è ancora altrettanto assente in quelle zone del meridione ed in particolare a Napoli? L’argomento andrebbe trattato e studiato in profondità analizzando i diversi aspetti che contribuiscono allo sviluppo di una società civile senza devianze. Concentriamoci, però, solo sul tema scuola. Fermandoci ai dati ISTAT del censimento del 2011 e osservando la sola Regione Campania si nota che solo il 12,3% non porta a termine il primo ciclo di studi (ovvero elementare più scuole medie). Questo dato, seppur ancora allarmante, non può essere oggi utilizzato come scusa dello strapotere della camorra.

Dall’altro lato, invece, i risultati forniti dall’OCSE sull’analfabetismo funzionale sono ben più preoccupanti e possono essere visti come uno dei fattori principali del disagio socio-economico di alcune regioni d’Italia. Lo studio denominato PIAAC ((Programme for the International Assessment of Adult Competencies), pubblicato nel 2013, evidenzia come il “Belpaese” sia fanalino di coda tra 24 paesi europei nelle competenze linguistiche e al penultimo posto in quelle matematiche. I dati parlano di un 10% in meno rispetto alla media di tutti i paesi OCSE. Sicuramente un dato che fa paura e che, se unito ad un altissima disoccupazione giovanile, potrebbe farci perdere il sonno.

In conclusione, tuttavia, non ritengo che la situazione dell’analfabetismo in Italia sia drammatica a tal punto da considerarla la causa principale della vita “Gomorra” stile.

bombagiu

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