C’è qualcuno nella sua famiglia che cerca un lavoro?

...ne ho piene le scatole di telefonate come questa...

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C’è qualcuno nella sua famiglia che cerca un lavoro? Sarà la crisi… la recessione. Il tanto temuto effetto-gulag che avvolge indistintamente tutti noi, da Trieste in giù… Sarà la penuria di idee,di valori, di voglia del bien vivre…

Sarà quel che sarà, ma sta di fatto che ne ho piene le scatole di telefonate come questa.

“Pronto?”
“Buonaseraaaa…. – breve pausa – signora, nella sua famiglia c’e’ qualcuno che ha bisogno di lavorare?”
“Aspetti, mi faccia pensare.
Fino a qualche tempo fa, c’era mio cugino Poldino che cercava un lavoro. Può andare?”
“Eh, non saprei. Certo che, con quel nome lì…”
Insomma, è una situazione che a dire “strampalata” si userebbe ancora gentilezza. Voglio dire, ti chiamano a casa nelle famigerate “ore pasto”. E già per questo non si parte col piede migliore.
Poi, col tono squillante da imbonitore di masse, inquisiscono sulla situazione lavorativa dei tuoi famigliari.

Che razza di domanda è “c’e’ qualcuno che ha bisogno di lavorare?”?

Non c’è questione. Nella maggior parte dei casi, è un dato di fatto.
Visti i tempi e visti i mutui, aggiungerei.

“Buonaseraaaa…. – breve pausa – signora, nella sua famiglia c’e’ qualcuno che ha bisogno di un lavoro?”

“Beh, fino a l’altro ieri c’era mio fratello che aveva paventato l’ipotesi.

Ma poi ha cambiato idea, e ha preferito continuare tutto il giorno a grattarsi le balle sotto all’albero di castagno in giardino. Sa, gli hobby son hobby…”
E’ grave, se la gente deve procurarsi impiegati telefonando a buzzo alle famiglie italiane. Vuol dire che manca forza lavoro. Che mancano braccia all’agricoltura, ma anche al terziario e al commercio e alla produzione…

“Buonaseraaaa…. – breve pausa – signora, nella sua famiglia c’e’ qualcuno che ha bisogno di un lavoro?”

“Massì… ci sarebbe il gatto. A dirla tutta, ha già un part-time come porta-lettere, ma un doppio lavoro non guasterebbe. Perlomeno aiuterebbe la famiglia.. lei che pensa?”

Mi chiedo poi come facciano a sapere che chi risponde ha una famiglia. Come possano fare domande così’ avventate senza tremare al pensiero di una povera single che – sentita la mefitica terminologia “FAMIGLIA” – sclera di rabbia e schiuma mandando tutti affanculo.

“Buonaseraaaa…. – breve pausa – signora, nella sua famiglia c’e’ qualcuno che ha bisogno di un lavoro?”

“Ninoooooo!!!!!!!! Che, tenemo voglia de’ lavorà, per caso?? No, mi spiace. L’amo finita da un pezzo.”

Che poi, nella maggior parte delle volte, son lavori che non portano a niente: venditore di aspirapolvere Geppetto, rappresentante di pentola Cuccotti, dimostratrice Pavon… Tutta roba che definire superflua è delicatezza.
I prezzi, poi, valgono la descrizione di “esclusivo”. Nel senso che è sicuramente ESCLUSO riuscire a piazzare qualcosa a qualcuno che sia poco più di un fesso.

“Buonaseraaaa…. – breve pausa – signora, nella sua famiglia c’e’ qualcuno che ha bisogno di un lavoro?

No. Rompa i coglioni a quelli che hanno voglia di lavorare.”

Resto sempre dell’idea che anche qui le risposte migliori siano però quelle dirette. Quelle sincere, senza troppi peli sulla lingua.

“Buonaseraaaa…. – breve pausa – signora, nella sua famiglia c’e’ qualcuno che ha bisogno di un lavoro?”

No. Rompa i coglioni a quelli che non possono vivere di rendita come faccio io.

Oppure, delle grosse, grosse, grosse bugie. Che riempiono la bocca e per un quarto d’ora vi faranno fare grasse risate alla faccia della recessione.

“Buonaseraaaa…. – breve pausa – signora, nella sua famiglia c’e’ qualcuno che ha bisogno di un lavoro?”

“No. Lei, però, sa di cosa avrebbe bisogno?”

-breve pausa agghiacciata dall’altro capo del filo-
Avrebbe bisogno di un lavoro migliore!

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