La compensazione alimentare

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Odiati, amati, grandi, piccoli, familiari o di note catene alimentari. Chi non conosce i supermercati? Posti stressanti dove fare la spesa, code infinite, prodotti mancanti, tempo sprecato. Carrelli strapieni, soldi volati in lunghe pergamene di carta, bambini urlanti ed annoiati che corrono fra le corsie. Cosa spinge allora le persone, anche le più scostanti a lasciarsi andare anche a questa necessaria forma di shopping, a lanciarsi in spese incontrollate durante il lockdown? Sopravvivenza? Paura? Controllo della situazione? Tutte cose validissime. Manca però all’appello, la cosa più ovvia, anche se meno sottolineata.

La compensazione alimentare.

Se a casa non si ha quel particolare alimento (il lievito è un esempio attuale), ci si sentirà privi anche di quell’ultimo briciolo di gioia. Perché il cibo è certo. L’amore, le amicizie, la casa, il lavoro, la famiglia, tutto può essere  effimero, soprattutto quando fuori impera la confusione, la paura, la malattia, la morte. Ma il cibo? Quello è sicuro. In tempi come questi non manca mai e poi… Gli alimenti compensano, garantiscono la sicurezza sia della sopravvivenza che del piacere. Fanno passare il tempo, aiutano la creatività, possono diventare un piacevole modo di condividere se stessi sui social, garantendosi likes e il noto quarto d’ora di gloria. E a tanti, ricordano il tempo da bambini, a cucinare con i nonni, quando tutto era sicuro e nulla spaventava.

È prendersi cura, di se stessi e di qualcun altro in certi casi, dentro e fuori casa. Così, quando viene resa nota anche la chiusura per ristoranti e bar, le certezze vacillano. La confusione regna fra tutto, minando la quotidianità. Il posto di ritrovo sparisce, l’unione di familiarità fra cibo, alcol e persone, scompare. Viene tolto anche quel barlume di condivisione pubblica. Tutto viene portato a casa.

In abitazioni dove regna, nel silenzio di una vergogna non espressa, la compensazione alimentare.