Pasolini l’aveva previsto: oggi come nel 1965

193

Cos’è la normalità? L’autenticità? Cos’è contro-natura? Perché siamo così ossessionati dal politically correct?

Siamo nel 1965 e Comizi d’amore è un film-documentario atipico, un esperimento antropologico, galleria di opinioni e provocazioni, ricavata da una lunga serie di interviste, fatte a campione come in un’indagine statistica.

Pier Paolo Pasolini è il “commesso viaggiatore”, ha un microfono in mano, registra un vasto campionario di opinioni inerenti a tabù, vizi, gusti sessuali, vita di coppia e divorzio. Esplora strade, spiagge, treni, bar, qualsiasi luogo del nostro paese utile all’indagine perché vissuto da un essere umano in cui ancora risiedono arcaismi, interdetti profondi per quanto riguarda il sesso e il modo di viverlo, di pensarlo, di tramandarlo.
Troppo spesso è l’ipocrisia a rispondere alle domande poste da Pasolini. Ipocrisia mista a scandalo davanti a temi che toccano direttamente la società ma da cui essa stessa si allontana. Una società che divulga menzogne e opinioni false pur di apparire di buon senso e in salute… ma solo davanti alle telecamere.

Come nascono i bambini?” chiede Pasolini a un gruppo di fanciulli, che con tenerezza e ingenuità rispondono in modi totalmente diversi. “Sotto le coperte” “I cavoli!” “No, neppure la cicogna, non me lo ricordo!” Sono risposte sincere e occhi sorridenti di chi non si è ancora sporcato di vita in una società moderna.

Il microfono passa poi in mano agli adulti: gente di qualsiasi professione, età e classe sociale. C’è chi esprime disinteresse davanti al “problema del sesso”, chi si allontana dalla telecamera con un imbarazzatissimo “C’è gente qua” “Sono una ragazza” “E’ un problema importante ma.. Ma non so rispondere”
C’è chi spiega “No! Non è giusto guadagnare e fare in quel modo li, è disonesto” “Mai lo farei, ribrezzo!”, riferendosi alla prostituzione. “Una donna deve arrivare vergine al matrimonio”

L’intervista si interrompe per un momento, appare un fermo immagine con una frase: “Il nord è moderno ma ha idee sul sesso confuse. Il sud è vecchio ma intatto. Guai alle svergognate, guai ai cornuti, gente povera, ma reale.”
Raccogliendo queste opinioni si dipinge un’Italia in bianco e nero, un’Italia arretrata, divisa in due, un’Italia di pregiudizi, ma nel profondo non pare molto mutata nemmeno nel presente. Regna ancora un’ipocrisia omologante, opinioni nutrite di finzione e condizionate da schemi, regole, menti meschine in un’ingenua e innocente bell’Italia che fatica a sbarazzarsi del consumismo.

Tra gli intervistati vi sono anche intellettuali, coloro che hanno contribuito nel delineare la formazione culturale dell’Italia odierna.
Tra questi, Ungaretti, spiega una sua visione della normalità: siamo tutti anormali, diversi, contro natura.
Il problema è che l’idea di Ungaretti ha davanti un muro di omologazione, di persone i cui gusti e pareri sono preconfezionati.
Siamo prodotti, merce, in una società di consumo.

Siamo finti, vuoti. Ci scandalizziamo con poco.

Eppure essere scandalizzati è un piacere. E chi rifiuta il piacere di essere scandalizzato è un moralista.”

Dice lo stesso autore del progetto.

Attraverso lo sguardo di ieri comprendiamo meglio le contraddizioni dell’Italia di oggi che resta distante dal resto d’Europa; un Paese a volte incapace di riconoscere con la forma quanto avviene già nella sostanza, come nel caso delle unioni omosessuali, il divorzio e la prostituzione.
Arretratezza culturale che emerge nelle attuali espressioni stupite o imbarazzate, risposte accennate e talora non concesse che si hanno davanti ai temi affrontati.

C’è una via di fuga? Nuovi ideali a cui aggrapparsi?

Non mi sento in grado di rispondere.
La furbizia, il finto buonismo e l’arte di arrangiarsi sono ancora l’unica filosofia italiana.
Ho vent’anni. Ho paura. Voglio urlare.

Pasolini ha urlato.

Venne definito una voce scomoda,
inclassificabile
abrasiva
della cultura italiana.
Ha mostrato un’immagine nuda, cruda, della realtà.

Aveva previsto una conseguenza simile, aveva previsto tutto.

Tutto, tranne la sua vergognosa morte.