MAMME CORAGGIO

ANNO 2012

Nel 1989 Angela Casella, nella sua lotta per salvare il figlio rapito a Pavia, attraversò tutta la penisola per arrivare in Calabria. Chiese la solidarietà delle altre madri, sfidando la criminalità organizzata dell’Anonima sequestri. Per questa sua tenacia e questo suo “non risparmiarsi”, venne fregiata con l’aggettivo di “mamma coraggio”.

Oggi quest’aggettivo viene usato a sproposito. Se, infatti, una mamma sta due ore in un ambulatorio, se cambia tipo di pappa al neonato, se aspetta in fila al market o alle poste, ecco che qualcuno la chiama “mamma coraggio”.

Ma coraggio di che? Ma finiamola!

La parola “coraggio” prevede e contiene ben altri concetti.

Personalmente “mamma coraggio” la individuo in quella categoria di persone che, sanno affrontare determinate situazioni gravi della vita, senza risparmiarsi, con forza e volontà, sorrette dalla speranza di arrivare a dei risultati positivi, soprattutto nel silenzio di quattro mura casalinghe, supportate da familiari stretti, uniti tutti dallo stesso traguardo. Persone che non hanno bisogno di clamore intorno a loro, caso mai il contrario, sempre alla ricerca di un po’ di silenzio giusto per rilassarsi un po’ e continuare la “ missione” che è tutta privata.

La vita va avanti, le persone continuano nella loro frenesia alla ricerca del benessere, il potere e, non si rendono conto che basta una malattia e, saltano tutti gli ingranaggi.

In un primo momento si bloccano, si sentono impotenti dinnanzi a eventi così enormi, ma se non si vuole soccombere, parte la forza per reagire.

Queste sono le vere mamme coraggio, donne che per lustri hanno seguito i loro figli allettati, che non li hanno voluti abbandonare in istituti.

Donne che riescono a dialogare con i loro figli anche solo osservando il battito delle loro ciglia, capiscono il loro malessere dall’espressione o dal movimento diverso a seconda del loro disagio. Mamme che sanno dare il giusto significato ad un sorriso. Donne che nonostante le capacità non hanno potuto fare una carriera lavorativa, molte hanno dovuto lasciare il lavoro che amavano.

Donne che non inseguono curatori cialtroni e chimere, sono al corrente dello stato di salute dei loro figli, si tengono aggiornate e sperano che la ricerca scientifica venga in loro aiuto.

Forse per queste mamme si potrebbe usare quell’aggettivo.