Il 27 novembre, l’autoproclamato Presidente della Bielorussia Aljaksandr Lukašėnka, a seguito delle proteste di massa contro i brogli durante le elezioni presidenziali, ha dichiarato che non sarà più presidente dopo l’approvazione di una riforma costituzionale.
Dimissioni o mossa strategica?
La dichiarazione del dittatore bielorusso non ha ne fermato, ne calmato le proteste nel paese. Anche l’opposizione è scettica. Tutto colpa della strana riforma costituzionale che Aljaksandr Lukašėnka ha annunciato. Alcuni pensano che sia una mossa strategica della Russia per rimpiazzare Lukašėnka con un altro autoritario filo-russo. Altri invece pensano che il presidente bielorusso voglia creare un repubblica parlamentare rimanendo capo del governo come Primo Ministro e con il parlamento (Camera degli Rappresentanti), composta quasi esclusivamente da rappresentanti del partito pro-Lukašėnka «Belaja Rus» (Russia Bianca), che gli rimarrà fedele.
Intanto, Lukašėnka durante la videoconferenza del OTSC (Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva) ha dichiarato che è a conoscenza dei piani dell’Ucraina e della Polonia di iniziare una campagna militare contro la Bielorussia con il supporto della NATO.
Ovviamente non é mancata la risposta.
Il ministro degli affari esteri ucraino Dmitro Kuleba ha dichiarato che l‘Ucraina non sta pianificando nessuna campagna militare contro la Bielorussia, sottolineando che é solo interessata nella libertà del suo popolo.
La Polonia invece ha dichiarato che le dichiarazioni di Lukashenka sono solo provocazioni.
Se Lukašėnka se va o no ancora non si è capito, ma che è in difficoltà è sicuro…
Intanto nelle proteste contro Lukašėnka sono morti 9 manifestanti e circa 400 sono rimasti feriti. Gli arrestati sono oltre 30 mila.