Calpestandomi

Lentamente costruisco il puzzle e ripongo i pezzi in una busta.

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Calpestandomi ….calpestandoci…non so come sia successo una sera l’ho lasciata a casa. Sono uscito con gli amici, quando sono rientrato a casa lei non c’era più.

Che strano effetto trovare le sue cose sparse in terra. Solo dopo ho capito che la sua era una lettera di addio, non di arrivederci. Solo, nel buio della mia solitudine, perché sono io che mi lascio solo ho cominciato a pensare. In questi anni ho perso il conto di quante volte l’ho lasciata, sono sparito nel mio silenzio.delle volte provo a dirle « Addio » ma poi dentro mi brucia qualcosa e con una scusa la cerco. No, non sono un cinico, un narcisista di quelli liquidati ferocemente dalla Selvaggia sul suo blog. In questi anni ho provato a spiegarle « fuggi con me ti fai solo male, vinnamorati di un altro».

Ma lei è come se una calamita la risucchiasse dentro questo vortice.

I muri della mia città sono stati attraversati da un writer, credo sia lo stesso, la mia ombra. I muri con le scritte raccontano, parlano per me.
« Ti proteggerò come si protegge un drink tra la folla ». Ti amo principessa. « Sei l’addio che non riuscirò mai a dirti ». Tutto è vero, a modo mio la tratto come una principessa, quelle delle fiabe, dell’incantesimo del lago, poi si inceppa il meccanismo della fiaba.

Dice che dipende dal mio umore, divento l’orco della fiaba, non la divoro,ma in fondo l’ho divorata.

Sparisco senza un motivo, pensa lei, ma l’orco sta divorando me. Lei non mi ha messo nel girone dei violenti,in quel girone lei ha realizzato un calendario di donne con gli occhi neri, i vestiti macchiati di rosso, scarpe insanguinate. Bare rosse. Qualcuna ci arriva di sorpresa, pur essendo fuggita, qualcuna sembra tante hanno chiesto aiuto, ma non sono state credute, la richiesta di aiuto è stata sottovalutata. Qualcuna ha ceduto all’invito ultimo « ti devo parlare, devo dirti ». Le crocerossine, quelle che sperano di cambiare gli uomini, nel tentativo si sparano addosso da sole l’ultima pallottola. Lei  non vive a casa mia, lei cerca di marcare il territorio,semina, dimentica volontariamente o involontariamente i suoi oggetti.

Lentamente costruisco il puzzle e ripongo i pezzi in una busta.

Lei l’ha capito e quando la saluto e nel suo zaino trova la busta, capisce che le ho detto Addio. Già perché l’accompagno a prendere il treno e chi ci vede pensa sempre ad una coppia triste nel separarsi. Delle volte invece le regalo un libro, conosco i suoi gusti, delle volte le dico « te lo presto » perché mentre in silenzio l’ho lasciata, mi aggrappo al tentativo di riconquistarla. Siamo due gusci sgusciati m due polpe spolpate.Quando non sono sgusciato, le regalo emozioni incredibili, il suo volto mi sembra l’estasi di Santa Teresa, quando sono sgusciato mi sembra il tormento delle figure masticate dall’ombra del sole.

Lei sembra urlarmi « non calpestarmi ». Mi chiudo nel mio guscio e sento che mi calpesta. Poi corro a cercarla  come se una calamita mi attirasse nel vortice. Stasera casa mia sembra la location della denuncia  di quelli che chiamano amori malati. Ti amo da  morire no…vorrei che scrivere Ti amo da vivere…

Ops un pomeriggio ho visto ad Isola del Liri un’installazione dell’artista Mariangela Pallisco  era credo Aprile, forse Maggio, ed ho giocato con le parole.