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La casa di famiglia

La casa di famiglia era abitata da tutti i viventi della famiglia che erano lì dal 1970 quando il padre del padre, mio nonno l’aveva costruita.

Era composta da tre appartamenti più un bilocale dove abitavo io, lo zio. Mia sorella aveva fatto due figli e avevo due nipoti.

Sopra, all’ultimo piano i miei genitori, sotto mio zio che aveva dato la residenza a sua figlia, mia cugina.

Sotto mia sorella con il suo compagno ed io nel bilocale da solo.

Abituarmi al ruolo di zio, era stato molto difficile per me che ero abbastanza giovane quando sono nati i due nipoti.

Le cose sembravano ormai costituite i nonni, lo zio, e mia sorella impegnatissima insegnante.

Erano costituite dunque, costituite, ma con qualche bollore da parte dei costituenti che non erano vecchi e avevano tutti cose da fare, abitare tutti insieme può sembrare bello ma dà qualche problema se costituiti i ruoli.

La situazione quindi era un po’ ingessata i ruoli c’erano ma erano un po’ stretti alla grande famiglia.

Nessuno vedeva una prospettiva e spesso le discussioni sfociavano in grandi litigi, così grandi che io ebbi problemi mentali.

I problemi erano sempre gli stessi, i soldi, sembrava dovesse fare tutto mio padre anche se io non ero tanto d’accordo. Anche noi supportavamo le spese. Poi ci mantenevamo quasi da soli a parte dei pasti che poi io facevo da solo e con i soldi miei!

Lavoravo molto stavo sempre a lavorare e guadagnavo molto poco, poi le cose erano costituite così perché erano state volute quindi secondo me potevano essere fatte anche diversamente invece di litigare continuamente, mancava forse il dono della parola alla gente di famiglia, io sinceramente non me la sentivo di ringraziare per la mia posizione in famiglia anche perché non mi sembrava la migliore, ripeto le cose si possono fare diversamente basta mettersi d’accordo.

La vita quindi continuava così nella grande casa, fuori silenzio, voci dei vicini con i loro bambini un tempo quasi fermo. Fermo nel tempo, era un periodo di crisi si capiva perché tutto era fermo nel tempo. I soldi la gente non ce l’aveva, i beni però erano tanti e stavano lì immobili con i loro abitanti fermi.

L’inverno rigido a ghiacciare i muri, la primavera timida a far riaprire le finestre agli immobili.

In città girava qualche bicchiere di vino, bianco, ad ammorbidire i pensieri, portava qualche sorriso qualche battuta in gente un po’ avvilita.

Io frequentavo il centro di salute mentale e svolgevo le attività che proponevano gite, laboratori di teatro e il lavoro che potevo fare che era un lavoro in fabbrica.

Molti lo frequentavano ed erano quasi tutte mie vecchie conoscenze poi c’era gente nuova.

Era organizzato bene, il lavoro e le attività. Facevamo tutti le stesse cose il lavoro e le attività.

Non ci accorgevamo ancora di quanto fosse restrittivo.

Stavamo abbastanza bene poi anche gli altri che non lo frequentavano non facevano un cazzo e stavano sempre in città.

Vuoi perché sposati e con figli vuoi perché ammalati di altre malattie non mentali del tipo infarti, tumori etc.

Non so se loro si accorgessero di quanto fosse restrittivo anche il loro stato anche se non malati di mente o gente normale.

Come si fa a non uscire mai dalla città e andare in piazza a dire o a fare stronzate per 360 giorni l’anno, nella stessa città!

Assurdo, io non li invidiavo anche se ricchi o benestanti o stralodati dagli altri o dalle istituzioni cittadine.

Questa secondo la gente comune era la vita reale, la vita che bisognava condurre.

Vivremo insieme tutta la vita non vi preoccupate, a insultare o stralodare sempre nella stessa città. Se questa è la vita reale niente da dire, il malato di mente sono io!

Si parla infatti in giro delle persone per divertirsi nella gente normale intendo, ore e ore in giro a parlare di quello o di quello di quell’altro mentre si beve o a cena, non ditelo che si offendono se non lo possono fare. Se lo dite vi dicono che non è vero e vi isolano fino ad ammazzarvi, vi levano tutto dai soldi alla casa e vai a finire all’ospedale con quello che possono fare per eliminarti. Comunque loro credono che è reale quello che fanno nella vita quindi non disturbateli che ti mandano all’ospedale ti ripeto. Si sentono tipo personaggi pubblici anche se non sono nessuno sono altezzosi e hanno creato sistemi settari per difendersi.

La realtà la fanno loro, pensano loro però!

“Quindi non si può uscire dalla città?” chiese uno un po’ impertinente.

“Che vuoi!!” rispose l’interlocutore.

“Vai via e vai a casa tua! Di dove sei deficiente!!”

“Di qui” rispose quello.

“Vaffanculo matto”

“Mi scusi, arrivederci”

Passerà del tempo, comunque passerà, nel bene e nel male sono i ritmi della Storia.

Non sono io il padrone del Tempo, non farò male , so chi sono e tanto basta, non rovescerò i valori , non giudicherò i veramente ignoranti. La morte aspetta tutti anche se non credete in niente è un processo irreversibile, dai benpensanti ai rivoluzionari padroni del loro tempo. Non me ne importerà niente andrò avanti, non farò del male ma non chiedetemi pietà per i vostri problemi risolveteveli da soli. Se pensate di fare bene fatelo non sarò io a giudicare ma non chiedete il rispetto di un matto, perché sapete già che sbagliate. Dopo i conflitti li elaborate da soli e non c’è bisogno dello psicologo.

Vivrete bene ma non chiedete niente agli altri perché niente avete dato.

E mai lamentatevi se siete i padroni del Tempo, a volte si va a finire male, nessuno è indistruttibile anche se potente.

Regge meglio un matto della violenza, tanto è abituato.

Le cose non sono poi così cambiate negli istituti che frequenta, la psichiatria è sempre quella.

Come si recuperano i tossici o i matti facendogli un po’ del male, può sembrare giusto a un primo giudizio chi sbaglia, paga.

Solo che potrebbe non aver sbagliato completamente per quello che sono o per quello che hanno fatto, che poi nella maggior parte dei casi non ha fatto niente di che. O più modernamente il suo cervello non funziona come quello degli altri, dico biologicamente, quindi è malato perché pensa scorrettamente, poi chi l’ha detto che pensa scorrettamente le cose potrebbero stare così come pensa.

Comunque è abituato a un po’ di male il matto, e non se ne risente perché in fondo lo sa quello che pensa e non sbaglia sempre nel pensare.

Io farò comunque bene cioè cercherò di non fare male, per quanto sia possibile insomma.

Non credo nella formula del far male per far bene, e sinceramente neanche nel bene e nel male!

Con le persone si può ben ragionare oltre che fargli del bene o del male.


La casa di famiglia

Daniele Foglini

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Daniele Foglini

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