Una domenica d’inizio giugno.
Avvolto nella mia epidermide selvaggia, procedo verso la fermata dell’autobus, al capolinea. Roma è calda stamattina, i vestiti già mi si appiccicano addosso, frustando la mia calda carne. In compagnia di Alice, mi tuffo sul mezzo in cerca di refrigerio. Tor Lupara è distante dal luogo convenuto. Snocciolo con gli occhi la lunghissima Nomentana, ascoltando i nomi delle fermate decantati da una voce metallica e mirando il paesaggio che, lentamente, protende verso L’ Urbe. Raggiungo così la fermata della metro, Conca d’ Oro. Il nome mi ricorda la mia terra, giardini immensi di agrumi e zagare fiorite. Qui, il tiglio e le sue essenze aggrediscono il mio fiuto fino allo stordimento.
Scendo alla stazione Piramide che, con la sua forma geometrica perfetta, mi si presenta innanzi.
Mi accorgo subito di non essere in Egitto ma in una piazza assolata che brulica di gente. La città è viva, suda del mio stesso sudore, cammina insieme a me. Alice è accanto a me, solare e dinamica ed assolutamente attenta ai movimenti urbani. Padre e figlia procediamo solerti verso la meta. Monte dei cocci, Testaccio. Il luogo dell’incontro è una piccola trattoria. Entro furtivo ma non incontro anima viva. Solo rumori provenienti dalla cucina e odori di sugo domenicale. Riesco e chiamo Valerio al telefono. È a pochi metri da me, nascosto sotto le fronde di un albero. Vestito di nero, per nascondere un inizio di pancetta, mi saluta con entusiasmo, felice del nostro nuovo incontro.
Arrivano poi in sequenza: Michele, ansante e stralunato con la faccia segnata dall’insonnia ed emozionato come uno scolaretto al primo giorno di scuola. Poi Monica, Marianna e la nipote, fresche di viaggio in pullman dalla lontana Palermo. Tutto un turbinio di saluti, abbracci e nuovi incontri.
Avverto subito una certa sintonia nell’aria, i nostri occhi s’incrociano e finalmente entriamo. La cerimonia sta per iniziare. Ognuno di noi, seduto in ordine sparso , si trova accanto persone conosciute o, come mi capita, gente mai vista.
Intessiamo subito una piacevole discussione su poesia e poeti, giovani scrittori.
Tutti vogliono comunicare qualcosa, esporre un concetto a proposito mentre tutti gustiamo una succulenta amatriciana fatta a regola d’arte.
racconto in concorso al contest di BombaGiù