Indietro tutta, verso il sol dell’avvenire!

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C’è un misterioso filo invisibile che unisce generi musicali come la synthwave e la vaporwave, il successo di serie tv come Stranger Things, la presidenza di Donald Trump e il nostrano governo Conte -con annesso “fenomeno Salvini” in testa-.

Le ultime avanguardie artistiche/culturali e le ultime avanguardie politiche.

E’ il retro-futurismo, la volontà di andare avanti -mettendo in discussione un po’ tutto- tornando indietro, di fare la rivoluzione con la reazione, è la “retrotopia” di baumanniana memoria, il futuro come nostalgia dell’avvenire che un tempo fu, come sogno sbiadito e nostalgico degli anni ’80 o ’90, onirico e malinconico ricordo d’infanzia o di gioventù rielaborato alla luce delle esigenze contemporanee, sventolato come bandiera contro il caotico mondo post-moderno della precarietà materiale ed esistenziale.

Viviamo in una strana epoca, in cui i conservatori sono progressisti e i progressisti sono conservatori, il passato è all’avanguardia e il futuro è superato, i rigidi tradizionalisti sono esagitati sovversivi e quelli che hanno cambiato sesso tre volte solo nell’ultima settimana difendono lo status quo contro l’assalto dei primi, quelli che detestano ogni vecchia morale invocano censure e fake contro ogni odiosa manifestazione di intollerante bigottismo e i difensori degli “antichi valori” in risposta agitano il vessillo della libertà di pensiero e del “free speech“, capire questi tempi -specie se ci si attiene alle vecchie categorie ed etichette novecentesche- non è così semplice.

Tutto è rovesciato, confuso, intrecciato e mescolato paradossalmente.

I giovani e giovanissimi dell'”alt-right” (o “alternative-right”, “destra alternativa”) americana (movimento di estrema destra statunitense molto variegato -al suo interno ci ritrovi dagli ultra-libertari dell’anarco-capitalismo fino ai neo-nazisti- in completa rottura con i canoni estetici e simbolici della estrema destra “classica” locale fatta di vetuste e superatissime teste rasate e cappucci bianchi da Ku Klux Klan, che molto ha contribuito all’elezione di Trump mediante la propaganda online ribattezzata “guerra dei Meme”) provocano la platea della sinistra e più in generale l'”establishment” tradizionale (o ciò che viene percepito come tale) demolendone il bacchettone neo-puritanesimo “politicamente corretto” a suon di tagliente ironia e spudorati sbeffeggiamenti con uno stile non molto dissimile da quello che una volta era proprio dei movimenti contro-culturali tendenzialmente di sinistra che si ribellavano alla società e ai suoi valori, cosa che ha portato alcuni addirittura a definire l’alt-right (forse esagerando) come una sorta di “contro-cultura di destra”.

Ma la ribellione qui avviene proprio nel nome della famiglia e dei valori tradizionali e non contro di essi come un tempo, anche se poi, magari, questi ragazzotti nel concreto disprezzano le loro famiglie reali in favore di quella ideale, utopica, simbolica (i loro genitori spesso hanno la colpa di essere o di sinistra o nel migliore dei casi “cucks“, termine utilizzato nel gergo di questo ambiente per definire i conservatori moderati appartenenti alle vecchie generazioni colpevoli di non aver saputo arrestare l’avanzata inesorabile della “degeneracy” fomentata dall’odiata sinistra).

Anche loro -ovviamente- amano follemente gli anni ’80, quasi tutti i video e i meme propagandistici da questi prodotti seguono un’estetica rigorosamente ed esplicitamente 80s (emblematica e curiosa in particolare è la diffusa tendenza nelle frange più radicali di questo movimento a dar vita ad una sorta di immaginario da “Reich anni ’80”, con svastiche al neon e generali delle SS inseriti in una cornice estetica da copertina di un videogioco dell’Amiga o del Sega Megadrive), hanno persino “creato” un loro personale genere musicale improntato secondo queste caratteristiche, la cosiddetta “fashwave” (in realtà stilisticamente parlando una copia esatta della synthwave, però “fash” appunto, cioè da “fascio”).

Tralasciando per un attimo l’universo dell’alt-right ed osservando più generalmente l’orizzonte dei nostri tempi possiamo dire che questi giovani americani in fondo non sono che la variante avanguardistica, super-politicizzata e spinta all’estremo, tipicamente “giovanile”, di un fenomeno e di un sentimento diffusissimo nell’occidente contemporaneo, tra tutte le classi sociali e le fasce d’età.
Si tratta di questo desiderio di rifiutare il binomio presente-e-futuro percepito come vuoto, nero, abissale, alienante, fatale ed apocalittico (e sostenuto ormai solo più dai “vecchi”: vecchie classi politiche, vecchie elite culturali, etc) con un passato idealizzato radioso e salvifico traslocato nell’avvenire (sostenuto invece dai “nuovi”: movimenti politici populisti “anti-establishment” ed “anti-sistema”, nuove correnti artistiche sperimentali ed underground totalmente basate sulla reinvenzione di vecchi stili, etc).

Sfido chiunque a dichiarare di non aver percepito il soffio di questo vento.

Che si tratti di una nuova serie tv di successo, di un nuovo genere musicale d’avanguardia nato su internet o di una macchina di efficace propaganda politica elettorale, questa è l’idea-forza, il suggestivo tema che aleggia di fondo.

Qualcuno potrebbe vedere dei precedenti di tutto ciò in certe tendenze del romanticismo ottocentesco, ma a colpire è che nel nostro caso il passato idealizzato e “futurizzato” non è un passato remoto ed arcaico, mitologico ed archetipico (il medioevo, gli antichi greci, i vichinghi, etc) ma è piuttosto un passato recente, uno ieri dell’altra settimana, niente che susciti chissà quale fascinazione terrifica, arcana ed immensa, anzi, e qui ci avviciniamo ad un altro paradosso di tutto questo fenomeno, e cioè la tendenza a mischiare effervescenti appetiti simil-rivoluzionari con una borghesissima voglia che tutto “torni semplicemente alla normalità e alla tranquillità” (esplicitata politicamente nel salviniano slogan “la rivoluzione del buon senso”, insomma ferro e fuoco sì ma solo per rimettere tutto finalmente in ordine e andare poi a dormire sereni).

Persino i più esagitati membri dell’alt-right statunitense in fondo, a ben guardare, sembra che dietro all’impatto “shock” delle provocazioni naziste volte a suscitare scandalo nei loro avversari politici, nei “snowflakes” (letteralmente “fiocchi di neve”, riferito ad individui dallo scandalo facile che si offendono per qualsiasi cosa, normalmente appartenenti all’area della sinistra liberal e dei “social justice warriors” che affollano i campus universitari a stelle e strisce) e nei “normies” (cioè quelli “normali”), più che voler tornare davvero all’epoca nazista a parole idolatrata dedicandosi ad addestramenti para-militari, adunate di massa, marce con torce infuocate e quant’altro in fondo non vorrebbero altro che un posto fisso, una bella famigliola che duri per sempre felice e contenta e un portafoglio pieno da poter svuotare liberamente al supermercato in un clima di comodo, ottimistico e prosperoso consumismo multi-colore (e siccome a questi soggetti non sfugge certo l’acutezza e l’autoironia, v’era anche proprio in circolazione un meme rappresentante l’onnipresente Pepe The Frog, mascotte del movimento, in divisa da camicia bruna che osservava con aria confusa una New York trasformata in un impero nazista asserendo qualcosa del tipo “io non volevo, ma non mi avete lasciato altra scelta!”).

Già, anche i tantissimi elettori dei vari 5 Stelle, Salvini, Trump, Le Pen e compagnia paiono dire proprio lo stesso: “io non volevo, ma…”, del resto costoro, questi irriducibili “arrabbiati” che invadono i social e le bacheche dei social con insulti ed appelli infuocati alla mobilitazione contro tutto e tutti (politici, banchieri, poteri forti, immigrati, etc), non erano gli stessi che non hanno fatto altro per decenni e decenni che votare ad una tornata elettorale il moderatissimo centro-destra e a quella successiva magari il moderatissimo centro-sinistra (spesso quasi indistinguibili l’uno dall’altro, assorbiti entrambi in un insipido “centro” che non si sbilanciava troppo né a destra né a sinistra)?

“Ridateci i nostri cari perduti anni ’80” -sembrano affermare tutti in coro- “e ci calmeremo e la smetteremo con queste follie da ribelli!”

Tuttavia, gli anni ’80 di domani non potranno certo essere gli anni ’80 di ieri, la nostalgia del passato si limita ad alimentare futuri fornendo loro ispirazioni, ma sempre di futuri si tratta, futuri ipotetici, aperti, indefiniti, comunque sia… nuovi.