Infinito di Giacomo Leopardi


Sempre caro mi fu questʼermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dallʼultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien lʼeterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità sʼannega il pensier mio:
e il naufragar mʼè dolce in questo mare.


Si tratta di uno dei testi più rappresentativi di Leopardi e di tutta la letteratura italiana.

Il testo è allo stesso tempo famoso ma anche fonte di paura per gli studenti che si approcciano allo studio. il numero di volte in cui avviene una ricerca sul web della  parafrasi di questa poesia ne è la conferma. Riteniamo, pertanto, questo testo abbastanza semplice da analizzare. Innanzitutto è fondamentale dire che si tratta di un genere definito come idillio: ovvero un breve componimento poetico di argomento bucolico o che ha attinenza con la rappresentazione idealizzata della vita campestre.

Ovviamente tutto parte dalla presenza di elementi fisici (il colle, la siepe, il vento, il fruscio delle foglie) che sono capaci di generare un perfetto equilibrio tra sensazioni, riflessioni ed emozioni. Queste si estrinsecano in modo perfetto nelle parole “interminati spazi” e “sovraumani silenzi”.

Ci piace l’idea di non interpretare troppo l’ infinito di Giacomo Leopardi anche perché credo che le sensazioni che esso possano provocare siano differenti a seconda dell’individuo che la interpreta. Il bello di questa poesia è che anche durante la semplice lettura ti fa partire verso quegli interminabili spazi come se il nostro caro colle (in senso metaforico di luogo che ispira ricordi particolari) sia poco distante da noi. Rimandiamo dunque a chi cerca una parafrasi scolastica verso altri indirizzi web.

Lʼ infinito di Giacomo Leopardi