Ipotetico approdo? Lo ricerchiamo tutti. Con grandissimo piacere voglio annunciare che la nostra infaticabile e favolosa Claudia Piccinno ha già promosso alla fine dell’anno scorso la sua ultima silloge poetica “Ipotetico approdo”. Questo dopo la promozione della sua precedente raccolta tradotta in lingua serba, e presentata alla Fiera internazionale del libro e della cultura di Belgrado, lo scorso novembre. Parliamo di “Ragnatele Cremisi”.
Ed ecco che mi trovo di nuovo in compagnia con le sue poesie che traduco in lingua serba e macedone e prepararle per la nuova presentazione e promozione al medesimo evento.
Certamente è un evento importantissimo sopratutto per la poetessa stessa, ma onestamente parlando anche per me. Perché l’entusiasmo con cui faccio queste traduzioni apre nuove possibilità all’autrice stessa. Intanto viaggio sulle strade tracciate da Claudia di canto in canto. Da un verso all’altro il mio umore varia come variava anche il suo mentre le componeva. Talvolta piango, talvolta sono profondamente immersa nel suo mondo tanto magico, quanto reale quando con l’intera sua anima è devota alle descrizioni degli attimi vissuti, talvolta presentiti, molto spesso anche premeditati.
Sono sicura che non esagero se affermo, in questa mia corta riflessione ispirata e dedicata alla sua poesia per renderla più accettabile nelle lingue in cui la traduco (serbo e macedone), che Claudia ha tracciato un nuovo modello di versificazione.
Un modo molto più diretto di raccontare le cose, gli eventi, le situazioni ed i sentimenti che hanno ispirato la poetessa nel trasformarle in immagini poetiche. Esattamente come dice lei stessa “…io resto vetro…” quando pretende completamente di staccarsi da tutto ciò che è falso, artificiale – semplicemente di plastica. Ogni canto presenta una nuova immagine, ogni situazione scopre diversi sensazioni tanto che molto spesso ho l’impressione di trovarmi in una galleria dove sono esposti diversi quadri dipinti con tutti i colori della vita stessa.
Al fine di illustrare ciò che ho detto sopra, propongo a voi la lettura di alcune poesie del suo “Ipotetico approdo”, che per me hanno avuto un significato particolare.
Benché, andando sempre in avanti, scopro che in sostanza l’intera raccolta ha un significato particolare. Siamo quasi tutti coinvolti nelle ricerche di un “ipotetico approdo” dove potremmo con calma e senza disturbi realizzare i nostri piccoli o grandi. Scrivendo, come fa Claudia, o alcuni con altri metodi artistici, ci fa sempre riflettere a lungo su ciò che hanno voluto trasmetterci. Impressioni di cui non è sempre facile liberarsi, che ci portano sempre verso ricerche e meditazioni più profonde.
Ipotetico approdo
(…pensando al Titanic)
Jack arrivò a scompigliare
giorni sempre uguali
ribaltando le rotte
di viaggi mentali.
Non fu per Rose
incontro bramato
eppure attorno alle mura
lui si fece fossato,
ancora di salvataggio,
cuscinetto frangiflutti,
piano di emergenza,
interlocutore solidale,
quasi un uomo normale.
Rose non sa nuotare
ma è attratta dal mare,
ha freddo dentro
e teme che il fuoco
possa fare centro.
Rose è ferma sulla polena
delle sue paure,
non ha più meta
né affidabile baricentro
ma vuole credere che
il suo Jack virtuale
condivida un affetto reale.
Jack e Rose non si ritroveranno
nel quotidiano incedere
di pianeti distanti,
ma le loro anime pellegrine
si riconoscono in un ipotetico approdo
al margine di lustrini e vetrine,
sconosciuto ai naufraghi
e a tutti i naviganti.
Al cippo di Sabbiuno di Piano
(Bologna)
Li ho portati i miei studenti
al cippo di Sabbiuno di Piano
a leggere quei 34 nomi tenendoci per mano.
Arno e Vanes erano con noi a dir più volte
non eravamo eroi,
non c’erano né buoni né cattivi,
c’era la guerra
e urgeva difendere la nostra terra.
Ci narrarono il coraggio del Romagna
di Franco Franchini nome di battaglia
di quando assalì il casale del Guernelli
per liberare i compagni
in gabbia come uccelli.
36 furono i caduti in quel 14 ottobre del’44
ma 34 i nomi riportati
perché del polacco e del tedesco
i documenti non furon ritrovati,
s’erano uniti alla settima brigata
e al distaccamento di Franchini;
così ora sanno i miei bambini
a chi la scuola di campagna è intitolata.
Il coraggio dei perdenti
Ha gli occhi grandi Ismael,
la bocca arsa Ikrahm,
voce squillante Aziz.
Sono lontani dal treno del vento,
dal kindertransport inglese
quando la guerra flagellava
l’Europa.
Sono i bambini in cammino
occhi innocenti di oggi,
agnelli di via crucis
per terra e per mare
quelli che vediamo sfilare al tg
noi servi di Caronte,
noi i “civili” ostaggio dell’indifferenza,
vittime e forse complici
di tanta assuefazione.
Stiamo sul ciglio del sentiero
affollato di mani tese,
noi… stiamo immobili
col braccino nascosto
che non si scomponga
in offerte d’aiuto.
Ha gli occhi grandi Ismael,
la bocca arsa Ikrahm,
voce squillante Aziz.
Frastuono di bombe
nei loro ricordi,
piaghe ai piedi
e geloni alle mani.
Il manganello delle guardie
non risparmia nessuno,
è peggio dell’altalena
delle maree,
sembra la fame dei pescecani.
Miseria, fame, epidemie.
Ismaèl, Ikrahm, Aziz;
partire, restare, tornare
la civile Europa ha inventato
un dispositivo micidiale:
il campo profughi
per farci assuefare
alla diaspora degli innocenti
all’ottusità delle nostre menti
al coraggio senza pari
dei perdenti.
L’invisibile speranza
Scricchiola sulle rotaie l’orizzonte
ed io, nomade in viaggio senza soste,
m’inerpico a nuvole mai dome
per afferrare l’invisibile speranza.
Rocambolesca corsa
mi si ritorse contro,
eppure insisto!
Quel filo perduto
del mio ingarbugliato gomitolo
ha smarrito il principio,
ne serbo un lembo
intrappolato nella mia matassa,
attorcigliato al dubbio…
e attendo
che mano esperta sciolga
i nodi del non detto,
districando il non visto “difetto di fabbrica”
perché ne colga la bellezza
della trama imperfetta.
Nota introduttiva e selezione delle poesia di Biljana Biljanovska