La Coincidenza

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Alle coincidenze difficilmente facciamo caso. Quando ciò accade, altrettanto difficilmente ci lasciano indifferenti.

S. (Umbria) sabato 11 nov.

“…Esimi colleghi e studenti presenti in quest’aula, è la scienza statistica che ci dimostra inequivocabilmente che nessun mistero o magica alchimia si cela dietro una coincidenza. Essa è da considerarsi nient’altro che un fatto casuale…” Mi ero addormentato! Ero incapace di oppormi al sonno. Esso, fin dalla prima infanzia e ormai, alle soglie della vecchiaia, in un attimo e senza preavviso, era capace di rapirmi trascinandomi nel mondo dei sogni.

Mi trovavo a S., splendida cittadina umbra, ospite di un albergo che l’indomani mi avrebbe visto relatore di un breve saggio dal tema piuttosto stravagante:

“Le coincidenze: segni del destino o semplici incontri fra casualità?”.

Ad ascoltarmi, avrei avuto una platea composta da docenti universitari e studenti universitari. Non sarebbe stata quella la mia prima conferenza nella quale ero chiamato a esporre le conclusioni dell’attività di ricerca dell’ufficio che presiedevo, non soffrivo quindi di particolari apprensioni, ciò nondimeno, preferii trovarmi sul posto fin dalla sera precedente. Infatti, da sempre, ho ritenuto utile creare una sorta di simbiosi con il luogo in cui di volta in volta sono stato chiamato a intervenire. A meno che, naturalmente, non si fosse trattato di giocare in casa, nelle aule accoglienti della mia adorata università. E, dal momento che filosoficamente ritengo di appartenere alla categoria degli epicurei e, come tale, non disdegnando affatto l’idea del piacere, conoscere l’albergo ospitante, significa anche “sperimentare ” la sua cucina.

Ebbi modo, così, di apprezzare una volta di più l’eccellenza culinaria umbra, onorata in maniera sublime, da un Montefalco rosso riserva del 2007. Al termine della cena, vagamente alticcio e soavemente beato, salii in camera e mi coricai, ma non con lo scopo di addormentarmi, perlomeno non subito. Infatti, mi ero proposto di registrare con il mio magnetofono (sono un teorico della ricerca contemporanea con gusti tecnologici piuttosto vintage) i passi più importanti della mia relazione.

Una sorta di prova generale, anche questa un’abitudine consolidata nel tempo.

Col mio registratore, accesi anche la radiolina (mai partito senza) che avevo sistemato sul comodino. Un sottofondo di musica e qualche chiacchiera radiofonica mi avrebbe aiutato a non cadere vittima della mia “perdizione” sua Maestà Il Sonno. Ma cosa di più poteva invece conciliarmelo, se non il mio stesso tono di voce volutamente basso, piatto e monocorde? Mi risvegliai improvvisamente solo intorno alle 4 del mattino. Avevo dormito circa quattro ore e questa volta, a fare lo straordinario era stata la radiolina, ancora accesa e il mio magnetofono che solo al termine della cassetta inserita si era finalmente automaticamente spento. Sorrisi fra me e me.

Crollato come un bambino mentre ascolta la favola della buonanotte.

Solo che non ero certo più un bambino e la “favola” me la stavo leggendo da solo… Ora però dovevo rimediare, concludere comunque la mia prova. Dal momento che non ricordavo affatto in quale punto l’avessi interrotta, riportai il nastro della registrazione più o meno all’inizio. Ascoltai così la parte che avevo trattato prima che Morfeo mi rapisse e, quando la mia voce si fece via via più flebile fino a cessare del tutto e, prima ch’io potessi dare inizio ad una nuova registrazione, accadde l’incredibile, l’evento, lo straordinario fenomeno che ancora oggi, a distanza di tempo…

Dal registratore, giunse al mio orecchio, fioca ma inequivocabile, una voce maschile dall’idioma straniero.

Non seppi cogliere il senso delle parole pronunciate dall’uomo, ma da subito ebbi l’impressione che il suo stato d’animo doveva essere piuttosto risentito. Lungi dall’interromperne l’ascolto, spensi la radiolina che in quel momento stava diffondendo le note di una ballata folk americana e avvicinai il magnetofono all’orecchio avendo cura di alzarne leggermente il volume. D’un tratto la voce maschile venne sopraffatta da un’altra, quella di una donna che dal tono di voce, sembrava avesse tutta l’aria di rispondere per le rime all’irruenza dialettica dell’uomo. Realizzai che la discussione piuttosto animata doveva essere iniziata appena qualche secondo dopo il mio trapasso nel mondo dei sogni e supposi che provenisse dalla camera adiacente la mia.

Non potei stupirmi del fatto che un così vivace alterco non mi avesse svegliato poiché il mio sonno, ve l’ho detto, è molto profondo e, del resto, le mura divisorie fra le stanze non davano l’idea di essere particolarmente spesse.

Non capendo un bel nulla di cosa lei stesse dicendo e oltretutto pago dell’ovvia spiegazione che mi ero dato per giustificare la provenienza delle voci, per un attimo pensai di interromperne l’ascolto ma, a causa dell’irresistibile fascino che sa suscitare ciò che appare del tutto imprevisto o forse per una buona dose di morbosa curiosità, decisi di ascoltare ancora qualche passo dell’accidentale registrazione. Svanì così l’ultima possibilità di tirarmi fuori da questa storia poiché da allora, divenendo la discussione fra i due più esacerbata (perciò più interessante) non potei fare a meno di proseguire nell’ascolto. I due, adesso, sembravano completamente disinteressarsi della quiete pubblica tanto che mi stavo domandando quanto eccezionalmente profondo dovesse essere stato il mio sonno.

Poi, la voce femminile nel bel mezzo di un violento assolo verbale s’interruppe.

Un breve silenzio e quindi un grido, dapprima più acuto poi più tenue, quasi soffocato infine represso. Di nuovo il silenzio e, infine, il rumore, questo sì appena percepito dal mio registratore, di una porta che si apre per richiudersi subito dopo. Quel grido ma soprattutto l’inquietante silenzio che ne conseguì, mi turbò facendomi presagire il peggio. Confesso che, istintivamente, feci per alzarmi dal letto e uscire dalla mia stanza, fosse solo per condividere con gli altri ospiti le impressioni sull’accaduto, ma naturalmente, un istante dopo, mi resi conto che ciò sarebbe risultato intempestivo.

Avevo ascoltato qualcosa avvenuto ormai più di quattro ore prima e non già un “live”.

Tentai allora di rassicurarmi pensando che il fatto non doveva essere sfuggito ad altri. Tuttavia, il pensiero che qualcosa di atroce fosse avvenuto a pochi metri da me cominciava ad ossessionarmi. Così mi vestii, uscì dalla stanza, non presi neppure l’ascensore (come se la sua attesa al piano fosse in quel momento per me insopportabile), scesi velocemente le tre rampe di scale che mi dividevano dalla hall, arrivai trafelato davanti alla sagoma impettita del portiere di notte e senza alcuna premessa gli domandai notizie sugli sviluppi dell’accaduto. Ma quale accaduto? Mi domandò a sua volta.

Lui non ne sapeva nulla. Grida?

Le avrebbe sentite o di certo le avrebbe sentite qualche altro ospite e a lui ne sarebbe giunta notizia. Inoltre, l’idea di un uomo che, non visto, fugge dall’albergo in piena notte, la riteneva una vera e propria offesa, un affronto alla propria integerrima professionalità. Insistetti un poco, poi venni sorpreso da una piacevole folgorazione, quella che avrebbe posto fine alla sua scettica alterigia.

Avevo in camera il conforto più probante alle mie parole. Avevo la registrazione!

Senza anticipargli il motivo del ghigno che improvvisamente si era impadronito del mio volto, lasciai che continuasse il suo stupido monologo, presi la via delle scale e risalii al piano per poi rientrare nella mia stanza. Afferrai il mio magnetofono, smanettai sui suoi tasti e infine, riportai indietro il nastro della registrazione proprio nel punto nel quale proferivo le mie ultime parole. Stoppai su quella che doveva essere stata l’ultima, prima che l’abisso dei sonni mi avesse inghiottito. Poi, con l’apparecchio stretto fra le mani come fosse una preziosa reliquia, mi presentai di nuovo al cospetto del concierge. Senza dire nulla, con l’aria di chi sta per calare una carta decisiva, diedi il via alla registrazione.

Ma cosa era successo?

Perché dopo le mie ultime assonnate parole il nastro non raccontava nient’altro che il vuoto? Quanto ridicolo dovessi apparire me lo confermò il suo improvviso cambio di atteggiamento. L’ipocrita, alzandosi dalla sua postazione, mi si avvicinò, mi pose una mano sulla spalla e mi informò sui deleteri ed imprevedibili effetti dello stress d’oggigiorno unito ad un bicchiere di troppo. Pur odiandolo con tutto me stesso non potei replicargli alcunché. Avrei potuto comunque informarlo che appena un quarto d’ora prima, proprio in quella registrazione avevo sentito che…Ma sarebbe risultato un inutile blaterare ed io mi sarei giocato davanti a costui, quel poco di reputazione che mi era ancora rimasta.

Così provando una sensazione di rabbia mista ad incredulità, mestamente me ne tornai in camera.

Trascorsi le poche ore che mi separavano dalla sveglia, riflettendo su quello che indubbiamente doveva apparirmi come l’evento più straordinariamente inverosimile mai accadutomi. Ma davvero non mi riuscì di mettere insieme neppure una parvenza di pensiero logico, né, tanto meno, nulla che somigliasse seppur vagamente a una ipotesi. Ero stravolto e ciò, almeno per il momento, non mi permetteva un’analisi lucida dell’accaduto. La conferenza del giorno dopo scivolò via senza particolari problemi, anche se, sono certo, nella mia esposizione vennero a mancare verve e convinzione. La mia mente era ancora decisamente altrove. Al termine di essa, come da prassi, quattro chiacchiere con i colleghi, un drink, la cena e finalmente, in tarda serata il ritorno a casa. Desideravo più di ogni altra cosa distendermi e possibilmente addormentarmi al più presto.

Prima di prendere sonno e dal momento che i pensieri tornavano inevitabilmente a quanto accadutomi nella notte fra sabato e domenica, provai ad auto-convincermi che “dovevo” aver sognato.

Ammettendolo, avrei di colpo reso inutili le mille domande che continuavo a pormi senza tregua da quella maledetta alba del giorno precedente. Sì, dovevo aver sognato, cominciai a ripetermi quasi fosse un mantra. Ma l’opera non mi riuscì e così conclusi mestamente che non era stato affatto un sogno. Raccogliendo le ultime energie psicofisiche ancora a mia disposizione, cercai allora di analizzare razionalmente l’intera questione. In fondo, mi dissi, lo svolgimento della giornata e soprattutto lo stordimento che aveva permeato la mia mente nelle ultime ore, non mi aveva finora permesso di combinare neppure un tentativo di analisi razionale dei fatti.

Riconobbi allora, e solo allora, che l’alterco, il grido, il rumore della porta che viene chiusa, (di tale ordine cronologico ne ero certo) potesse provenire da una trasmissione radiofonica diffusa dalla mia radiolina.

Ecco, mi dissi, forse una rappresentazione di un dramma trasmesso in tarda notte e che il mio registratore aveva fedelmente registrato. Mi sentii improvvisamente sollevato da questa ipotesi fortemente plausibile. Ancor più mi sollevò l’animo il pensiero che, volendo, siffatta supposizione l’avrei potuta facilmente verificare già dall’indomani stesso e questo, semplicemente chiedendo lumi sul palinsesto radiofonico notturno dell’emittente. Ero lì per spegnere la luce, finalmente appagato da tanta tranquillizzante ovvietà quando, improvviso e fastidioso, un nuovo demone s’impossessò dei miei pensieri, un demone che aveva le vesti candide e innocenti di una domanda: perché la registrazione era sparita dal nastro?

Una volta messa da parte l’idea che la storia fosse frutto di attività onirica, quale risposta logica dare alla scomparsa della registrazione? Io ero certo di averla ascoltata, perché non ve ne era più traccia?

Era una questione che rischiava di prendermi a tal punto da riportarmi in quel vortice di agitazione che credevo superato. Mi venne in soccorso il pensiero della mia scarsa attitudine (eufemismo) nell’utilizzo di qualsivoglia congegno elettronico. Persino il telecomando della televisione, al di là del méro cambio dei canali rappresenta per me un autentico rompicapo. Forse, mi dissi, nella foga del momento, devo aver spinto un tasto sbagliato e, a questo proposito, osservai compiaciuto che il tasto CANC è proprio a fianco a quello del RETURN. Ancora una volta stavo dando una risposta soddisfacente e soprattutto razionale. Mi addormentai con un sorriso accennato sulle labbra.

Questione chiusa, fu il mio ultimo pensiero.

Al mattino mi svegliai in perfetta forma, pronto ad affrontare non solo il lunedì ma l’intera settimana entrante. Avevo smaltito il nervosismo e l’inquietudine che mi aveva accompagnato per tutta l’intera domenica. Il mio inconscio aveva trovato un ottimo accordo con la parte più razionale del mio intelletto. Mi ritenevo soddisfatto delle risposte che mi ero dato e questo mi bastava. Certo, qualche dubbio mi era rimasto (ad esempio in primis se davvero potessi essere stato sciocco a a tal punto da spingere il tasto di cancellazione), ma mi ero imposto di non indagare oltre e, oltre, non volli andare. Così non feci neppure quella ricerca che mi ero proposto di fare, quella sui programmi notturni dell’emittente. Stop, storia strana, ma chiusa.

Questo mi ero detto guardandomi allo specchio mentre mi radevo la barba, illudendomi con essa di recidere ogni traccia del giorno prima.

Alle nove in punto ero nel mio ambiente. L’aula universitaria, una trentina o poco più di studenti e il sottoscritto. Il mio ambiente, il mio nido. Ricordo che impartii una delle mie lezioni migliori, tanto che al termine delle due ore, dai miei studenti partì un applauso così convinto e inaspettato che finì per rasserenare del tutto il mio stato d’animo. All’uscita dall’aula, un caffè preso insieme a un collega a me molto caro, completò l’opera di normalizzazione. La mia giornata si era aperta davvero nel migliore dei modi.

Non avevo altre lezioni né incombenze da sbrigare in facoltà, così decisi di tornarmene a casa. Mi si prospettava un lunedì di tutto riposo. Mi fermai a un’edicola e comprai un quotidiano. Sul treno locale che mi avrebbe riportato a casa, cominciai a sfogliarlo e approssimandosi la mia stazione d’arrivo ero lì per richiuderlo quando, sulle pagine di cronaca, mi colpì la scritta ULTIM’ORA scritta in grassetto:

– STANOTTE EFFERATO OMICIDIO COMMESSO IN UNA STANZA D’ALBERGO A S. ; VITTIMA, UNA GIOVANE DONNA ARABA. SI NUTRONO FORTI SOSPETTI SUL SUO EX COMPAGNO.

Proprio mentre il giornale andava in stampa, abbiamo avuto notizia di un feroce e per il momento inspiegabile omicidio commesso qualche ora fa nella incantevole cittadina della provincia ternana. Naturalmente, seguiremo la vicenda e nelle pagine di domani vi renderemo notizia dei particolari nonché dei possibili sviluppi della vicenda.