Storia di un amore

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Storia di un amore, di Laura Sartori

 

“Ci sono due specie di persone.
Ci sono quelli che vivono, giocano e muoiono.
E ci sono quelli che si tengono in equilibrio sul crinale della vita.
Ci sono gli attori.
E ci sono i funamboli.”

Maxence Fermine: “Neve”

 

Ogni amore è diverso. C’è quello di pancia, quello di testa, ogni volta che ti apri all’amore e lasci che quel sentimento ti prenda e ti attraversi ti scopri diversa. L’unica costante è la sensazione che improvvisamente si sia creato una specie di portale sospeso e che, una volta attraversato, tutto sia possibile.

Quella volta fu un amore di testa. L’amore di testa non è un amore facile da gestire, non che gli altri lo siano, ma l’amore di testa è particolare, è come una febbre cerebrale che ti porta a una condivisione mentale assoluta. Fu anche un amore a tradimento, sai quando ti conosci da anni e mai avresti pensato di poterti innamorare di una persona che incontri ogni tanto casualmente in un luogo che frequenti abitualmente. Non ti saprei dire esattamente quando iniziò, perché ci frequentavamo già da un po’, ma ti posso mettere nero su bianco l’esatto momento che sentii esplodere la bomba nella mia mente. Eravamo seduti in giardino e mi stava leggendo dei racconti che aveva scritto, ebbene proprio quei racconti furono la miccia che dette luogo all’esplosione. Probabilmente fu un sentimento reciproco perché anch’io mi ero consegnata a lui sotto reali forme poetiche e lui ne era incantato.

L’incanto si protrasse nel tempo. Iniziammo a frequentarci assiduamente, a scoprire luoghi banali che assumevano un fascino mai sospettato prima non appena ci mettevamo piede. Facevamo lunghi giri in moto e frequentavamo pub dove si esibivano i suoi amici che proponevano cover della musica dei Radiohead che, in qualche modo, diventarono la nostra colonna sonora. Ma restava un amore di testa e tale rimase per mesi.

Quando si aggiunse la fisicità tra noi fu come un’ulteriore scossa elettrica, un’emozione che faceva tremare le mani e che trascendeva la realtà, i luoghi, la nostra stessa appartenenza al mondo.

Poi, dalla sera alla mattina, lui scomparve.

Si fece vivo un mesetto dopo. Mi disse che aveva conosciuto una donna, e mentre girava e rigirava la fedina nuova di zecca che indossava, aggiunse che con lei sarebbe partito e avrebbe costruito il suo futuro. Avevo da poco finito di leggere “Neve” pensando a lui, a noi due, e decisi di regalarglielo.

Circa un anno dopo mi ritrovai a suonare al suo matrimonio. Fu una bella cerimonia. Lui era veramente splendido. Incrociai il padre, che mi parve commosso, e mi disse semplicemente “Laura, che peccato”.

A fine serata, iniziarono a distribuire le bomboniere. La sposa si avvicinò al microfono e annunciò che, come ricordo, avevano scelto un libricino a testimonianza del loro amore. Era “Neve” di Maxence Fermine. All’interno una dedica: “Qui inizia il nostro amore”.

Forse avevano creduto davvero di essere dei funamboli, ma a distanza di tanti anni, posso dire che erano attori, solo attori.

La vera funambola sono io.