Avvolto da tunica di lino,
seduto me ne stavo a rimirare,
all’ombra di quell’olmo secolare,
intento ad annusare la rugiada
in un mattino d’inizio primavera.
Con gli occhi gonfi
di un sonno ormai placato,
cercavo fra le zolle del terreno
quell’umido fragore del pensiero.
In terra calabra io nacqui e lì restai,
forgiando la mia tesi primordiale
dove principio unico fu l’acqua celestiale.
La pioggia, adesso, bagna il mio costato,
in quest’autunno dai colori accesi,
dall’animo sedato e ristorato,
senza pensare ad altri che a me stesso
e all’immenso sole che mi acceca,
bruciando la mia pelle avvelenata.
Talete o l’acqua
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