Le fake news sono sempre più al centro dell’attenzione. Casi storici ed accertati di manipolazione delle informazioni si sono verificati anche nei secoli passati, tanto da costituire per le democrazie occidentali soltanto una delle circostanze di fatto e di diritto che hanno accompagnato la nascita del mondo moderno, caratterizzato sin dalle sue origini da realtà come la censura o gli uffici stampa o i giornalisti opinionisti o le politiche editoriali.
Ultimamente si parla piuttosto spesso delle cosiddette “Fake News“, che altro non sono che un tipo particolare di disinformazione, ossia le notizie che vengono generate o diffuse come vere e che invece sono volutamente false o fuorvianti, da distinguere dalle notizie accidentalmente false od inesatte (misinformation) o dalla post-verità (verità accettata emotivamente senza controllarne la veridicità).
Sul sito web del Telegraph (telegraph.co.uk/technology/0/fake-news-exactly-has-really-had-influence/) J. Titcomb e J. Carson chiariscono (nel loro articolo “Fake News: What exactly is it and how can you spot it?”) subito che negli ultimi 18 mesi (19 per chi scrive) “Fake News” è diventata un espressione adoperatissima, tanto da meritare nel 2017 il titolo di “parola dell’anno” (word of the year) ed essere diventate le parole favorite di Donald Trump, provocando dispute ed opinioni contrastanti su cosa siano le Fake News, quali possano essere le reali dimensioni del problema, e cosa infine ci sia da fare in proposito.
Mentre in un articolo del 13 febbraio 2017 molto rilanciato sul web, “The True History of Fake News” di Robert Darnton, si avverte che le Fake News occupano un posto speciale nella lunga storia della “misinformation” (disinformazione), tanto da poter citare il caso dello storico bizantino Procopio (6° secolo dopo Cristo) che glorificava l’imperatore Giustiniano nelle opere scritte durante la vita dell’imperatore, mentre raccoglieva un copioso dossier di aneddoti spesso negativi su Giustiniano che sarebbero stati pubblicati soltanto dopo la morte dell’Imperatore con il titolo “Anecdota”.
Darnton prosegue poi con una godibilissima storia delle Fake News attraverso i secoli, e sottolinea che nei secoli si sono verificati degli strani intrecci tra le fake news ed il giornalismo scandalistico, tanto che in un precedente scritto (di Darnton, “Poetry and the Police: Communication Networks in Eighteenth –Century Paris”) aveva fatto l’esempio di come la circolazione di voci mendaci anche attraverso canzoni e poesie (praticamente i Tweets del passato) avesse potuto influire sulla situazione politica francese del 1749 tanto da far cadere un ministro. Insomma si colpiva nel mucchio ed a caso scatenando una serie di eventi, questi sì veri e reali, che poi sarebbero stati raccontati in articoli seri e plausibili.
Questo modo di fare deontologicamente scorretto aveva anche dei risvolti umoristici, tanto che una nota a piè di pagina di un articolo scandaloso su “Le Gazetier Cuirassè” avvertiva così:”la metà di questo articolo è vera!”.
Molto documentato sulla questione sembra poi l’articolo “Fake news: cosa sono e come riconoscerle. FAQ“, articolo del 29 marzo 2017 a cura di Factchekers, un’associazione senza fini di lucro nata nel 2016 per promuovere (anche nei confronti di studenti e docenti e genitori) il cosiddetto factcheking, ossia la procedura da usare sulle notizie sul web per controllare la loro credibilità o plausibilità o rispondenza al vero (sul sito web di SKY TG 24 HD, tg24.sky.it/mondo/2017/03/28/faq-fake-news-post-verità.html).
Una concisa e giornalista presentazione dell’intera questione viene proposta da Laura Bogliolo sul blog Daily Web (articolo del 9 aprile 2017,”Vademecum anti-bufala, ecco come riconoscere le fake news”, su ilmessaggero.it/blog/daily_web/fake_news_facebook_bufala-2370764.html), che accenna al concetto di post-verità (una verità suggerita o accettata emotivamente e non fondata su prove concrete) e le sue connessioni con le fake-news, ed indica le procedure adottate da colossi mondiali del web per arginare il fenomeno.
Facebook ha abbracciato una scelta generalmente condivisa da tutti e rispondente alla libertà di stampa e di parola (oltre che di manifestazione del pensiero) e riassunta nella ormai famosa frase non possiamo essere noi a decidere “cosa è vero e cosa è falso”, secondo le linee di condotta individuate dai consulenti di Facebook, tra cui Campbell Brown ex giornalista della CNN.
Ormai è facile produrle e diffonderle, e quindi riceverle, ed è difficile proteggere il lettore dalle bufale. L’unica soluzione, diversa dalla censura o da qualunque altra restrizione della libertà di stampa o di parola, è quella di offrire ai lettori strumenti e procedure per aiutarli a sottoporre ad un rapido esame di autenticità le notizie sul web (ossia le procedure conosciute come ”Fact Chek”).
All’insegna della libertà, e della libera lotta individuale contro le Fake News, è nato un consorzio tra i grandi del web ossia il ”News Integrity Initiative”, che ha studiato l’oramai famoso decalogo sulle procedure di contrasto alle Fake News abbracciato da Facebook e da altri, e di cui si scrive qui di seguito.
Ora, la vera natura delle Fake news potrebbe essere collegata alla storia della ”Disinformatia”, parola derivante dal russo che indica una particolare serie di situazioni collegate alle procedure zariste prima, e staliniste poi, di controllo e manipolazione delle informazioni (soprattutto quelle diffuse a mezzo stampa).
D’altra parte, la disinformatia non è stata e non è solo prerogativa dei Russi, sia sotto l’URSS che sotto Putin, ed infatti abbiamo una vasta ed interessante bibliografia incentrata sulla manipolazione della stampa e dei mass Media con targa CIA, e sul punto si spera di approfondire in successivi articoli.
E, se ci guardiamo indietro, vediamo che anche nei secoli passati la manipolazione dei mezzi di informazione era piuttosto frequente, ed i primi leggendari addetti stampa, autori dei primi comunicati stampa, appartenevano ad un mondo impeccabile e di sani principi nel quale si riteneva normale andare a pranzo e a cena od in viaggio con i vari giornalisti cercando di influenzarli e di agire sui loro punti di vista.
Il mondo moderno, come noi lo conosciamo nel mondo che noi chiamiamo ”occidentale” apparentemente caratterizzato dallo stato di diritto e dalle garanzie individuali, proviene da secoli e decenni di storia dolorosa e combattuta che hanno visto persone scrivere e combattere per la libertà di pensiero, la libertà di parola, la libertà di manifestazione e la libertà di stampa.
Per gli antichi Greci gli uomini liberi dovevano avere il diritto di pensare e di dire ciò che volevano e senza limiti (concetto espresso con il termine parresia: vedasi articolo di Umberto Galimberti del 16 febbraio 1996, “Michel Foucault a lezione di greco”, su ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/02/16/michel-foucault-lezione-di-greco.html), perché la libertà non può avere limiti che non siano indispensabili, come ad esempio i dieci comandamenti.
E potremmo dire che proprio i dieci Comandamenti riguardano fatti analoghi alle Fake news, quando al Comandamento N. 8 prevedono: ”Non dire falsa testimonianza”. E che cosa è la notizia se non una testimonianza su una serie di fatti di comune interesse, su cui si è indagato tanto da poter dare informazioni sul quando, sul dove, sul cosa, sul come e sul chi (il perché risulta automaticamente, se la notizia è ben scritta ed è frutto di un lavoro impeccabile ed onesto)?
Emblematico di quanto si è scritto finora è un avviso apparso su “Il Messaggero” il 6 febbraio 2018 (per cui vedasi anche il sito web de ilmessaggero.it), a pagina intera ed a cura di un ”Tavolo Tecnico per la Garanzia del Pluralismo e della correttezza dell’informazione sulle piattaforme digitali” (Tavolo promosso, salvo errori od omissioni, dall’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni, ed aperto probabilmente all’adesione di organismi pubblici e privati, tanto che vi avrebbe aderito anche Facebook).
Questo avviso a pagina intera riporta i Suggerimenti per individuare le notizie false, e consiste in un vero decalogo (ossia il già citato decalogo Facebook) che il lettore dovrebbe sempre avere presente quando legge o guarda o ascolta una notizia sui giornali e periodici come pure sui mezzi di informazione radiofonici e televisivi.
Già la domenica 9 aprile 2017 sia il Messaggero che Facebook si erano occupati del problema: si legga il già citato articolo ”Vademecum anti-bufala, ecco come riconoscere le fake-news”, di Laura Bogliolo sull’URL de il messaggero.it/blog/daily_web/fake_news_facebook_bufala-2370764.html, in cui vengono riportate le dieci regole-indicazioni per riconoscere le notizie false, ossia:
Quindi, una volta dedicato un tempo ragionevole a queste sane attività di controllo delle notizie, le persone potrebbero dedicarsi alla propria vita ordinaria ed alle proprie mansioni operaie, impiegatizie, artigiane, intellettuali, manifatturiere, militari, civili, statali e via dicendo, ed anche occuparsi della prole e, perché no, magari anche provvedere alla quotidiana ricerca di mezzi di sostentamento e sopravvivenza.
Ci viene quindi richiesta, a noi fruitori delle notizie, una serie di attività di controllo che da sempre avrebbero dovuto essere svolte dagli organi di informazione, e che probabilmente e spesso lo sono state.
Ogni persona che legge i giornali o sente la radio o guarda la TV, dovrebbe avere la ben ponderata attività mentale che nel romanzo giallo “FLETCH” (di Gregory McDonald, “Giovedì mi ucciderai”, primo di una serie di 11 libri, vincitore del premio Edgar Allan Poe Award nel 1975, da cui sono stati tratti almeno due films diretti da Michael Ritchie ed interpretati da Chevy Chase) viene così riassunta dal protagonista Irwin Maurice Fletcher che è un coraggiosissimo giornalista autore di pericolose inchieste ed indagini: ”…sono professionalmente tenuto a restare scettico fino in fondo ….è molto probabile che io non abbia colto i fatti più significativi, o non vi abbia prestato la dovuta attenzione, o non li abbia esaminati nell’ordine esatto. Può anche darsi che non abbia fatto le domande giuste”.
In definitiva, l’unico modo che il lettore ha di difendersi dalle fake news sul web è quello di trasformarsi in giornalista e di adoperare gli strumenti di controllo e le procedure mentali che una volta erano riservati al lavoro dei giornalisti, e che ora invece vanno usati da ogni lettore a causa della facile diffusione di notizie sul web.
«Veritas vos liberat», dicevano i templari. E Gesù disse (Vangelo di Giovanni, 8, 32): “conoscerete la verità, e la verità vi renderà liberi”.
Il rapporto tra verità e libertà induce a ricordare il nocciolo di tutto, che può essere riassunto in alcune delle incisive frasi di Lord Acton (John Emerich Edward Dalberg-Acton, ufficiale di marina, partecipò all’assedio di Gaeta del 1860; di origini italo-tedesche), uno spirito libero e non politicamente o religiosamente schierato, un intellettuale e storico britannico (a cui dobbiamo anche la famosa frase ”il potere corrompe, il potere assoluto corrompe assolutamente”): “la libertà è il delicato frutto di una civiltà matura”; oppure»ci sono due cose che non possono essere attaccate frontalmente: l’ignoranza e la ristrettezza mentale. Le si può soltanto scuotere con il semplice sviluppo delle qualità opposte. Non tollerano la discussione”.
Ora, fin qui si è scelto di riportare fonti e notizie e citare testi, e si conclude con una considerazione di Emilio De Marchi (l’autore del best seller del 1887 “Il Cappello del Prete”, che si rivolgeva ai lettori con l’espressione “il signor pubblico”): “L’arte è cosa divina; ma non è male di tanto in tanto scrivere anche per i lettori”.
Da ora, e fino alla fine del materiale che state leggendo, verranno riportate solo personali opinioni, che i lettori potranno tranquillamente omettere per andare a prendersi un caffè o per indulgere ad altre occupazioni.
Opinioni personali di chi scrive, per le quali si invita il lettore alla pausa caffè: se noi ordinari cittadini siamo improvvisamente in grado di esercitare il nostro personale controllo di verifica sulle eventuali fake news, perché non potremmo anche contribuire a dare noi stessi le notizie?
E perché non potremmo limitarci, qualora noi se ne voglia trarre un risarcimento per il tempo e la fatica impiegata, a fornire le notizie riguardanti il nostro foglio informativo semplicemente con una elementare informativa alla Camera di Commercio od alla Guardia di Finanza?
Perché dovremmo poi temere l’arresto od il sequestro se fornissimo clamorose ed impressionanti notizie su chicchessia o su qualunque argomento, senza essere protetti da un filtro di garanzia amministrativa analogo al Consiglio Superiore della Magistratura?
Un Consiglio Superiore dell’Informazione di cui facciano parte rappresentanti di tutti i poteri dello Stato insieme ai rappresentanti di tutte le categorie di privati cittadini (includendo consumatori, lettori, semplici cittadini e via dicendo, oltre ad operai, artigiani, impiegati, professionisti etc. etc.), che decida se qualcuno possa essere sottoposto a processo per le notizie comunque diramate, e comunque mai possa accettare arresti o sequestri preventivi?
Perché non potremmo avere tali semplici riforme nel senso della più completa libertà di informazione e di stampa?
Non c’è una sola Costituzione o Carta dei Diritti in tutto al mondo che dica che la Polizia o la Magistratura debbano o possano controllare le informazioni e chi le fornisce, o che affermi che solo i giornalisti possano dare notizie od informazioni e solo le testate giornalistiche se ne debbano assumere il carico: giornalisti od editori o televisioni e radio vogliono prendersi l’onere e la responsabilità di fornire notizie professionalmente? Ebbene lo facciano e possano continuare a farlo, con l’umile consapevolezza che ogni persona libera ha gli stessi diritti e prerogative che loro hanno, così come ogni persona libera può riferire personali esperienze che abbia personalmente potuto constatare in campo legale o medico o tecnico o scientifico od in qualunque altro campo della vita e dello scibile.
E noi tutti dovremmo essere liberi di riferire quanto abbiamo visto o sentito senza dover temere gli strali o le rappresaglie di organi od organismi od associazioni o partiti o gilde o camarille etc. etc., né temere peculiari figure di reato come l’esercizio abusivo di una professione o di un’arte o mestiere etc. etc.
In definitiva, ed anche questa è una mera opinione di chi scrive, il futuro è nel nostro passato, ossia nel ritorno e nella nuova considerazione delle origini stesse del mondo moderno.
Ancora oggi non è mai stata condotta una seria indagine su cosa sia veramente la libertà e quali possano o debbano essere i suoi limiti. In proposito siamo arrivati allo stesso punto a cui si erano fermati gli antichi Greci.
Prima di affogare in un futuro web ultra-evoluto, possiamo indulgere in elementari e rigenerative riflessioni sulla libertà dell’individuo, e sui limiti e sulle competenze del potere statale.
E spingere la storia del pensiero sulla rotta del coraggio, degli scopi costruttivi e dell’altruismo.
L'adozione di un cane è un atto di grande generosità e responsabilità. Tuttavia, spesso, i…
Dorothy Stratten è stata una celebre modella e attrice canadese, divenuta famosa negli anni '70…
Viviamo in un'epoca in cui lo smartphone è diventato il nostro compagno inseparabile, un'estensione della…
Il blackjack - uno dei giochi di carte più popolari nel mondo del gioco d'azzardo…
La Serie A ormai da diverso tempo non attrae più giovani talenti ma soprattutto grandi…
Leave a Comment