Inferno, canto 15^, inizio dello stesso. Virgilio e Dante, camminando nei pressi della selva dei suicidi e degli scialacquatori – che costituisce il secondo girone del settimo cerchio, quello che castiga i violenti contro sé stessi, e che hanno percorso in tutta la sua ampiezza, dopo avervi fatto degli incontri non poco interessanti e istruttivi – raggiungono gli argini di pietra di un rivo dal liquido rosso, che sgorga appena al di fuori di quella.
Qui il poeta mantovano avverte Dante di stare attento e di continuare a seguirlo come sempre, perché di lì in avanti il cammino non sarà per niente agevole – ammesso che fino a quel momento lo sia stato. Questi argini furono costruiti non si sa da chi – ma forse sarà stata la mano di Dio! – per contenere in un alveo sicuro il sangue bollente – è questo il liquido rosso ivi racchiuso. Ora uno di quegli argini permette loro di andarsene da questo luogo, mentre “lʼevaporazione del sangue bollente forma sopra lo stesso una fitta nube”, chiosa il poeta.
Già eravam da la selva rimossi
Nel seguito di detta descrizione, che, come detto, forma la parte iniziale del canto, egli, nellʼintento di presentare il nuovo ambiente che si staglia loro davanti (si tratta del terzo girone del settimo cerchio), dice: “Come i Fiamminghi nella Fiandre, nel timore che lʼalta marea si riversi su di loro, edificano le dighe per contrastare la forza dʼurto del Mar del Nord; e come i Padovani lungo il Brenta, allo scopo di difendere le loro città e i loro borghi, prima che in Carinzia si sciolgano le nevi, provocando con ciò la piena dei fiumi che scendono nella Pianura Padana; a questa configurazione si ispiravano quegli argini, sebbene non fossero così alti né così grandi”.
Già eravam da la selva rimossi … Continua su dantepertutti.com del 30.8.2018…
…“Già eravam da la selva rimossi” di quel tanto, che non si può vederla, per quanto sforzo si faccia nel voltarsi, quando una schiera di anime viene avanti lungo lʼargine…