L’imperatore è andato in pensione. Dalla folla si eleva un “olà” senza precedenti, udita da Roma a Pantelleria. Un impiegato pubblico, anonimo, che in quarant’anni ha raggiunto il posto di responsabile di settore, ridotto in cenere dalla gerarchia più potente e sovrastante, mestamente ci lascia per la sua meritata pensione. La sua superbia esigeva dei rapporti stabili, che gli consentivano di pavoneggiarsi in eterno, altro non era che il suo disprezzo nei confronti degli altri, basato su una sua presupposta supremazia. Talmente pieno di sé da gonfiarsi senza necessità dell’elio. Il suo sapere e la sua conoscenza, pervasi dall’astio, generato dalla sconfitta. Deriso, tacciato e smentito nel suo stesso ambiente, ha reagito con ferocia verso i deboli, con viltà verso i forti e i superiori.
Negli ultimi mesi, brandiva il suo badge come una spada, in faccia a chi lo contrastava, arrogandosi potere che non aveva, se non dietro le effigi che lo identificavano. Negava la più palese verità capovolgendo il senso delle norme, con prepotenza ed
arroganza allungava i tempi delle pratiche, in revisioni assurde della prassi. Ma altro non era che un piccolo uomo senza onori e gloria, un imperatore eletto da se stesso e fomentato dalla sua stessa alterigia. Si definiva un duro del sud, peccato che mancasse totalmente del loro orgoglio e della loro dignità. In pieno lockdown è giunto alla pensione. Nessun saluto, nessuna festa, nessun addio! Quale peggior punizione per un superbo? L’imperatore senza regno e senza trono ha perduto ogni potere, lasciando alle sue spalle una vacua eredità, priva di cognizioni. Non ci mancherà e non lo piangeremo. Ha avuto come ogni uomo, l’opportunità di costruire la sua storia, di lasciare il segno. La sua aridità interiore, lascia polvere confusa alla sabbia del deserto!