Festeggiare per celebrare

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Spesso confondiamo le ricorrenze con la banalità del festeggiamento e soverchiamo la gioia della data e il significato che l’ha portata alla calendarizzazione con i regali e il sollazzo della spensieratezza di un momento. Errore più grande nella mente dell’uomo non può esserci.

Solo qualche giorno fa abbiamo celebrato un ruolo e una categoria, che ancora necessitano di essere valorizzati, perché di normale c’è quel che non dovrebbe esserci.

La festa della mamma dovrebbe, infatti, essere la valorizzazione di un ruolo nella società di importanza fondamentale, ma la prassi racconta una storia diversa di eventi tutt’altro che celebrativi.

Da una notA stilistA che assume donne solo se “già figliate”, alla difficoltà di trovare un asilo nido che renda logisticamente conciliabile lavoro e famiglia, ai pregiudizi di un colloquio verso chi non voglia rinunciare alla maternità per avere una dovuta e sudata carriera sono innumerevoli gli esempi che solo riferendoci a questi ultimi giorni possiamo riportare alla mente.

Il solo pensiero di dover operare una scelta rispetto ad obiettivi e a strade, che mai dovrebbero ritenersi inconciliabili, rappresenta l’evanescenza dello scopo della festa: essere madre, poter essere madre.

Ebbene, tutto questo va ricordato ogni giorno, ma oggi un po’ di più.

E non perché nel restante periodo dell’anno il significato della festa non abbia valore, ma perché le ricorrenze servono proprio a questo: a imporre in ogni anima non un momento di silenzio, ma un giorno di riflessione per chiedersi se la realtà celebri quella festa e i soggetti della stessa come dovrebbe quel giorno -l’8 maggio in questo caso- prevedere.

Purtroppo come accade sempre -e come accadrà- la risonanza dei tristi episodi, che popolano il dibattito di questi giorni, sarà circoscritta alla settimana successiva all’ 8 maggio e svanirá nei dimenticatoio di qualche talk. Purtroppo, queste parole troveranno difficilmente il contrasto di una realtà che possa mutare a breve, ma ciò non deve esimere ognuno dalla riflessione.

Così questo ragionamento non si trova ad essere isolato, riferito ad un’unica data del nostro calendario, ma deve essere trasposto ad ogni festa che oltre ad essere “festeggiata” tra sollazzi e spensieratezza, dovrebbe essere celebrata: nella conoscenza di ciò che l’ha resa memore e di quel che ancora impedisce di affermare che un valore, un diritto, una memoria sia presente senza eccezioni e senza violazioni.

Festeggiare, sí, ma per celebrare.