La famiglia Sajeti doveva aver già deciso da tempo, che sarebbe partita per trascorrere le vacanze di Agosto al castello Borromeo, che si trovava in provincia di Varese. La principessa Isabella era tutta presa dall’emozione. Quell’anno per una volta tanto avrebbero cambiato regione e luogo per le ferie. Rosaria stava finendo di aiutarla con gli ultimi accorgimenti. I bauli erano pronti da caricare nel bagagliaio dell’auto. Don Spataro si occupò come sempre con cura e attenzione dei preparativi. Don Jorge era stato invitato alla rocca di Angera dalla famiglia Borro, che per quel periodo aveva affittato un ala della fortezza. Il gentiluomo stava finendo di concludere un affare con il duca suo amico. E, quell’invito era caduto a fagiolo.
L’aereo l’avrebbero preso da Palermo al “Punta Raisi”.
Calogero Spataro si era vestito a festa di tutto punto sfoggiando gli occhiali sole che doveva avergli portato in dono il suo padrone da uno dei suoi viaggi in sud America. I baroni di Montecastello si lasciarono alle spalle il paese. L’ auto seguì il percorso tra Sinagra e Capo d’Orlando arrivando a Zyzas registrando un caldo di 90°. La baronessina, che allora doveva avere all’incirca sedici anni e non era mai uscita dall’isola provava una gioia infinita. Ella per mesi non aveva parlato d’altro con la dama di compagnia e la servitù. Gli anni‘40 si erano aperti con questa magnifica notizia. La fanciulla avrebbe finalmente visitato la parte alta dell’Italia. In aeroplano si era seduta accanto alla fida Rosaria dialogando della storia e delle meravigliose fotografie del castello che il socio di suo padre gli aveva spedito per mostrarne i fasti.
Il signor Del Barro era ricchissimo e viveva in Piemonte esattamente a Stresa.
Il suo patrimonio si diceva in giro che non avesse fondo. Il nobile e la moglie erano stati già ospiti dell’antica aristocrazia ucriese. I duchi si erano trovati benissimo facendo il pensiero segreto di tornare in quell’area dell’entroterra messinese. I signori erano sposati da poco più di un anno e mezzo e Chiara era in attesa del primo figlio. La duchessa era figlia di un aristocratico austriaco, che era andato a sposarsi con un italiana Ginestra Del Valle appartenente al casato dei marchesi Riondino.
In quell’epoca si erano sposati stranamente solo per amore e non per denaro. La stessa sorte era toccata alla figlia che aveva finito per unirsi a Ottavio. La dinastia vista la regolarità esistente in ogni campo non era andata a sollevare nessuna obiezione. Le energie era meglio tenerle per cose più importanti. Il volo Palermo/Milano arrivò in orario perfetto. In aeroporto ad attenderli era presente l’autista dei coniugi Del Barro. I principi erano approdati in Lombardia. Varese l’avevano trovata assalita dal maltempo. Luigi Grammon prese a condurli nella vecchia Angera. La rocca la trovarono come sospesa nel vuoto.
La struttura era un incanto risalente al XII-XIII secolo. I baroni di Montecastello appena scesi dall’automobile trovarono immediatamente la guida armata di ombrello con un cameriere.
L’intrattenitore illustrò il passato nel frattempo che arrivarono all’interno dell’edificio. Esso era il simbolo stesso della cittadina. La struttura difensiva stava dicendo che risalisse all’epoca longobarda senza conservarne veri segni. Il 1277 porterà la vittoria di Desio da parte dell’arcivescovo di Milano Ottone Visconti che comincerà a imporre il suo casato su quello dei Torrioni. Il 1449 vedrà invece l’acquisto dei Borromeo non che l’attuale famiglia. Quest’ultima famiglia era già proprietaria del castello di Arona che andrà distrutto. La rocca prendeva a garantire il controllo dei traffici e la navigazione del lago. La torre castellana restava il lato più antico della sommità dal quale poteva godere un panorama di vera suggestione. A opporsi apparirebbe sulla parte meridionale quello di Giovanni Visconti aggiunta nel XIV.
In corrispondenza tra loro esisterebbe l’ala viscontea risalente al XIII secolo.
Il suo interno presenterebbe la “Sala di giustizia” ornata con un ciclo di affreschi che rivestirebbero un ruolo determinante e rilevante nell’ambito della pittura lombarda del periodo. I sovrani di Ucria vennero fatti alloggiare nelle stanze che gli erano state assegnate. La signorina Isabella poteva ammirare da quell’angolo una splendida vista sul lago. Il nostro personaggio da quel punto poteva osservare Arona nei giorni di sole. Il castello era una favola. Rosaria Ginepro mentre la padrona osservava la stanza stava svuotando i bauli e sistemando gli abiti nel guardaroba. La servitrice dopo le preparò il bagno tenendo fuori dall’armadio un abito color lillà che avrebbe indossato per cena.
Jorge Sajeti stava ancora dialogando con la guida e con l’amico Ottavio che lo stava consigliando di visitare domani la vecchia Angera.
La prima notte che trascorsero al castello apparve costellata di una pace innaturale. La famiglia baronale scoprì l’indomani che fosse presente un altro ospite. Il visitatore era un conte austriaco. Richard Korz avrebbe trascorso come loro trentuno giorni alla rocca. Il gentiluomo viennese si era presentato con un inchino e baciando la mano della baronessina. L’aristocratico disse che fosse rimasto colpito da tanta bellezza. La principessa era rimasta lusingata soprattutto dal fatto che discendesse da una stirpe antichissima prussiana. Spataro osservava con attenzione la scena senza perdersi una virgola. L’austriaco le chiese se avrebbe potuto accettare il suo invito per il ballo in maschera di domani sera.
Il giovane le aveva fatto una buona impressione accettando il suo omaggio uno scrigno che conteneva delle pietre preziose derivanti dalla sua terra.
Don Jorge diede il suo assenso e ricevendo in dono una spada di valore proveniente dalla capitale del suo Stato. Il conte stava spiegando il motivo che si trovasse ad Angera per concludere degli affari molto importanti oltre che per ammirarne le bellezze. In serata quando si ritirarono nelle loro stanze verso le 11 soltanto una persona era rimasta in piedi o forse per meglio dire seduta alla scrivania con l’ausilio della luce di una candela. Cari lettori non si trattava altro che del misterioso sconosciuto arrivato alla fortezza da pochissime or. Cosa poteva svolgere? Il misterioso viennese stava scrivendo una lettera. A chi avrebbe potuto destinarla? L’aria era gelida e innaturale quella seconda notte, che unita alla stanchezza della giornata aveva fatto cadere i nostri protagonisti in un sonno profondissimo.
Il vento fuori sembrava che si stesse scatenando tutto in una volta sola.
Il giorno era stato invece piacevole con il sole che l’aveva irradiata facendo scordare la pioggia battente del giorno prima. L’aiutante del principe si era persino lavato velocemente e sistematosi a letto aveva spento la candela sul tavolino da notte. La pistola era stata riposta nel cassetto. Si trattava di una di quelle notti senza luna. Le camere da letto erano più o meno similari come nell’arredamento non troppo ricercato. I letti erano in ferro battuto blu e i mobili classici di noce. Un templare appariva vegliare gli ospiti restando in un angolo. Il pavimento era di mattonelle ricavate dal sasso grigio. Gli indumenti che si era tolto stavano adagiati su una sedia. Il datore di lavoro gli aveva ordinato di ritirarsi a riposare poiché non serviva che stesse in piedi visto che non esistevano tali pericoli da dover rinunciare al sonno.
Il sottoposto era sempre però perplesso a differenza del suo principale.
La cena stava pensando che fosse stata ottima a partire dallo spezzatino accanto alla polenta. Il camino francese restava frontale al suo letto trovandolo imponente. In fondo ragionò che cosa poteva essersi di tanto spiacevole da doversi preoccupare? Il vento appariva svanito d’incanto. Il giorno dopo si svegliò abbastanza presto. L’alba era spuntata e prese a vestirsi in fretta. L’alta aristocrazia non si era ancora svegliata per scendere a colazione. Lui da una vetrata della sala da pranzo vide Korz attraversare il cortile nobile. A un tratto provò il desiderio di seguirlo poiché qualcosa non lo convincesse della sua figura. L’austriaco lo vide entrare nel famoso “Museo delle bambole”, ricordiamo che è veramente il primo in Europa.
Si chiese cosa potesse esserci di tanto interessante per un uomo d’armi?
L’aiutante del barone era certo che avrebbe iniziato a indagare dopo colazione. Gli altri invitati stavano arrivando presi da un po’ di euforia. Isabella appena vide entrare il viennese andò subito a salutarlo. A tavola quando si sedettero con i duchi Del Barro trattarono l’argomento del ballo. Le dame i cavalieri sarebbero accorsi numerosi come da tradizione. Chissà cosa avrebbe potuto accadere al “Ballo d’estate” del 3 agosto? Quel giorno faceva freddo però riuscirono a visitare il borgo e a prendere il battello per raggiungere l’altra costa e dunque Arona. Il gruppo rientrò stanchissimo alla rocca borromea. A ogni buon conto si prepararono per partecipare alla festa in maschera. La signorina Sajeti si era fatta aiutare a indossare il costume dalla fedele Rosaria.
L’abito era fiabesco le era stato donato dal nobile austriaco.
Il vestito era di un azzurro turchino e tappezzato di stelle colorate. L’acconciatrice della duchessa Chiara era venuta apposta nella sua stanza per pettinarla grandiosamente per l’evento. Rosaria Ginepro la osservava rapita di quanto stesse bene. A cena come prevedibile si sedettero accanto all’antica nobiltà non solo del posto, ma austriaca. Ognuno era chiaro come il sole che recitasse il suo ruolo. Gli invitati dietro alla maschera nascondevano un vissuto diverso, paure profonde che volevano coprire ardentemente. L’atmosfera era raffinata e calma incorporata a un elemento irreale mischiato al profumo di argan del quale era impregnato il castello. La principessa Isabella si intrattenne a tavola con il conte dal quale accettò il primo ballo. Si trattava di un valzer.
I due giovani per quanto di età un po’ diversa presero a danzare. In quel mentre proprio nel bel mezzo del ricevimento uno degli ospiti tirò fuori una pistola.
L’arma brillò e prese a puntarla verso il gentiluomo viennese. L’aiutante del principe Sajeti era maggiormente perplesso a differenza del suo padrone di quello che stava capitando. Cosa stava davvero accadendo? Lo sconosciuto con la misteriosa maschera inerente al periodo del re Sole puntò la pistola contro le tempie dell’austriaco. Lo scopo quale poteva essere veramente? L’assalitore cominciò a dire che fosse un impostore. Il conte prese in mano la situazione disarmato aiutato da Calogero per l’assalitore. La polizia arrivò d’assalto. Essa possedeva già un ufficio all’interno della fortezza. Le autorità portarono via l’uomo. Il barone di Montecastello prima che lo portassero via visto che stava disteso sul pavimento volle levargli la maschera in stile Versailles di un blu pernice.
Chissà di chi avrebbe potuto trattarsi?
Qualcuno addusse a un pazzo squilibrato. Don Spataro non era persuaso. Il mistero restava come poteva essersi introdotto nella fortezza? Adesso era più importante più che mai che tenesse sotto mira Korz e scoprire il suo eventuale gioco. A sua insaputa andò a perquisire la camera del sospettato numero uno. L’odore di argan riscontrò che fosse piacevole. A lui dava l’impressione che lo calmasse notevolmente. Il sottoposto non trovò nulla di particolare per inchiodarlo. Il personaggio della nostra storia che non poteva essere così ingenuo da lasciare prove compromettenti lungo la strada. Egli improvvisamente decise di uscire nel cortile nobile dopo essere entrato al “Museo delle bambole”. Quale mistero avrebbe potuto nascondere ammesso che esistesse? L’addetto di Ucria si perse nella miriade di collezione di bambole.
Gli oggetti antichi erano relegati in tele di vetro cosparse lungo un ingente passaggio.
L’aiutante del barone si ritrovò davanti al grande salone che conduceva all’ ala viscontea con gli appartamenti e la torre. Una porta chiusa appariva sulla sua sinistra. Il giovane pensò bene di forzare la porta senza esito. Un motivo doveva esistere se quell’aristocratico austriaco fosse entrato da questo lato del castello. La zona provò a ispezionarla minuziosamente. Il gentiluomo a suo dire doveva essere entrato in quella camera segreta. Spataro tastò i muri senza esito. Un po’ dopo guardò il soffitto quasi cercando una risposta che non arrivò. La chiave certo poteva trovarsi all’ interno di una delle bambole, come aveva potuto non pensarci prima? Tuttavia prese a ispezionare le prime senza risultato passando all’ altra teca venendo dall’area viscontea.
La trovò e pote entrarci finalmente. Al suo interno trovò dei travestimenti. Per fortuna si era portato un lume a petrolio per rischiarare la stanza che non possedeva finestre. A un tratto alle spalle sentì qualcosa di freddo che non era altro che una pistola. Il fasullo conte viennese lo aveva fatto cadere nella sua trappola. A che pro? L’uomo si era accorto di essere stato seguito e scoperto e la sua intenzione era di farlo scomparire. Cari lettori gli era andata male. Un‘agente stava alle sue spalle intimandogli di arrendersi. Il finto aristocratico venne condotto via e tornò la pace alla rocca. I Sajeti poterono finire le vacanze tranquillamente.