Come cambia l’uomo nella storia

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L’uomo nella storia cambia? Come evolve la razza umana con il passare delle epoche? L’evoluzione scientifica, la tecnologica, la società, la politica hanno modificato il nostro essere uomini? Quanto il progresso ci allontana dai nostri antenati?

Non ci allontana, da alcune prospettive, se non di poco più d’un passo.

Ci basta pensare che due migliaia di anni fa, gli anziani rivolgevano le stesse sprezzanti critiche ai giovani, critiche che sembrano attuali e sempre coerenti. Gli uomini di cultura, i più vicini all’arte lamentavano e lamentano l’attaccamento dell’uomo al denaro e il rispettivo allontanamento dalla bellezza. I valori del “mos maiorum”, furono presto considerati valori scomparsi, ai quali si doveva ritornare, analogamente gli anziani del secolo XXI si crucciano per le vecchie virtù e abitudini scomparse col tempo.

Come ci si lamentava dei giovani persi nei giochi dei giovani ci si lamenta adesso dei giovani con i loro giochi dei giovani.

Le lamentele non sono gli unici elementi che si tramandano con il codice genetico, vi sono le ambizioni, ad esempio, o le passioni, vi sono insomma le cose dell’uomo. Se qualcuno di voi sentisse dentro la voglia di risalire la scala sociale e raggiungere il successo, non pensi che sia il primo ad averlo fatto, anzi è pratica consuetudinaria dell’uomo, dei liberti a Roma, dei contadini dei paesini, degli operai delle fabbriche, dei poeti e degli scienziati. Allora se la storia è la storia degli uomini e gli uomini non cambiano, nemmeno la storia cambia, è perciò una sorta di corsi e di ricorsi che continuano a ripetersi come affermava veemente

Giovanni Vico?

Eppure non possiamo considerare vera questa affermazione poiché, se fosse vera, la dovremmo conoscere tutta per intero, dall’inizio alla fine, dal passato più passato al futuro. Ma la storia degli uomini è stata tramandata dagli uomini, e non siamo sicuri sia stata tramandata con interezza e pura oggettività, o almeno, sono presenti le occasioni in cui si tramanda il falso, basti pensare al numero di commedie comparse sotto il nome di Plauto, o il ritenere i testi di Zarathustra fonte di conoscenza. Chissà se qualcuno venisse preso seriamente se dicesse che attraverso il passato si può conoscere il futuro; eppure uno dei motivi per cui si tramanda e studia la storia è questo: conoscere il passato dell’umanità per conoscere l’uomo.

E se l’umanità è prevedibile diventa inquietante la prospettiva del nostro futuro, poiché se non si migliora si commettono gli stessi errori, e i nostri errori sono a dir poco preoccupanti.

Eppure non possiamo ignorare il progresso, il progresso è miglioramento: è progredita la scienza, le lettere, la musica ha scoperto nuovi orizzonti, sono nate macchine elettriche a guida autonoma e robot. Sono questi considerevoli miglioramenti, che cambiano il mondo, ma cambiano l’uomo? Lo migliorano? Le azioni dell’uomo hanno un senso volto al futuro, alla conservazione della specie e alla sopravvivenza. L’uomo del passato ha vissuto con gli stessi istinti e le stesse necessità. Da questa prospettiva sembra che la storia dell’uomo abbia un senso: abbiamo “camminato” seguendo una direzione precisa, tutto quello che è successo è successo per un motivo, non casualmente.

Bisogna rimarcare i problemi che sono sorti.

Non abbiamo la certezza assoluta che la storia che studiamo sia la storia che l’umanità ha vissuto e non possiamo dire che l’uomo, in tutti gli anni di esistenza della propria specie, continui a fare le stesse cose perché mosso dagli stessi impulsi. Il diciottenne greco aveva le stesse priorità del diciottenne italiano: studiare, forse in maniera svogliata, trovarsi una ragazza, lavorare e sopravvivere. E così l’umanità non s’è mossa d’un passo. Ma siccome la storia non ha cagioni di successioni precise, come non c’è previsione del futuro, allora l’uomo possiamo considerarlo mutevole quanto la storia lo è stata e come il futuro sarà, imprevedibile poiché irrazionale e quindi solo all’apparenza uguale al proprio antenato, dunque ci possiamo tranquillizzare, e rimanere convinti di essere nella via del miglioramento.