Notti in bianco baci a colazione.
Laureato in architettura ma fumettista per vocazione (prima) e per scelta (poi) per la Sergio Bonelli. Matteo Bussola è un padre di 3 bimbe, Ginevra, Virginia e Melania.
Come tanti ha una pagina Facebook, e inizia a scrivere le sue avventure. L’argomento (quasi sempre) sono le sue avventure casalinghe, le domande disarmanti di Ginevra, la quotidianità condivisa con la sua compagna. I suoi post, già seguiti, diventano virali dopo la sua lettera scritta indirizzata a Fedez:
Ti scrivo perché la maggiore delle mie tre figlie, Virginia, a otto anni e mezzo si definisce con preadolescente spavalderia “la tua più grande fan vivente“. Io ho provato a spiegarle che è difficile che i cantanti abbiano dei fan fra gli zombie, ma poi ho pensato che c’è pure gente che gli piace Mariano Apicella, per dire, e allora mi son detto che forse ha ragione lei. Va anche detto che Virginia è convinta che tu, in tutta la tua carriera, abbia scritto solo tre canzoni che ascolta in loop nelle cuffiette dell’iPod (le altre le sono momentaneamente precluse per motivi di età). E quindi, in questo senso, mi sento di poter dire che ti apprezza proprio per quel che canti, e non perché sei famoso.
Ora, ti confesso senza vergogna, caro Fedez, che io avrei preferito che mia figlia fosse fan di Julio Iglesias come il papà. Oppure di Goldrake. Però so anche che gli amori non si scelgono, capitano e basta. E così eccoci qua. Che poi io avevo pensato di inviarti un messaggio su Facebook ma ho visto che non si può. Allora avevo pensato di scriverti sulla tua bacheca ma ho immaginato che un commento così lungo non lo avresti letto manco a Natale, allora infine ho pensato:
Così mi sono detto che forse era meglio fare in questo modo, che magari qualcuno fra i miei contatti ti conosce e avrà la bontà di girarti questa mia, chissà. Tra l’altro ho scordato di dirti che io sono un disegnatore di fumetti della Sergio Bonelli Editore e la mia compagna una sceneggiatrice di Dylan Dog. Perciò se, per esempio, tu fossi un appassionato di fumetti – lo leggi Dylan Dog? O Tex? O Zagor? – magari potrei farti un disegno originale del tuo personaggio preferito, ovviamente firmato, e scambiarlo col tuo autografo, eh?
Considera che pure noi nel nostro ambiente siamo un po’ famosini. Nulla di paragonabile ai tuoi livelli, per carità, ma diciamo che facendo finta che anche noi fossimo cantanti la mia compagna sarebbe tipo: Biagio Antonacci, e io tipo: Ivano e gli amici del Liscio. Che sì, lo so che ora tu avrai pensato: “Ivano chi?”. Che in effetti è la stessa roba che in molti mi dicono nei fumetti – “Bussola chi?” – però io ci metto tutto il mio impegno e quindi ecco. C’è anche da dire che X-Factor ogni tanto lo seguo anch’io ed è da quando, l’altro giorno, ti ho rivisto commuoverti per l’audizione di Lorenzo Fragola che ho capito che non dovevo avere alcun timore a scriverti. Ma su tutto c’è il fatto che quando mia figlia mi ha detto:
Con uno sguardo che non gliel’ho visto nemmeno quella volta che mi ha supplicato di accompagnarla sull’Oblivion di Gardaland – e io soffro di vertigini che piuttosto la morte – è stato lì che l’ho guardata negli occhi e le ho detto: “Virginia, possiamo provare“. Ma a parte che, come dice il sommo Yoda, “Non esiste provare, esiste fare”, sono ragionevolmente certo che Virginia abbia compreso quel “provare” come: “Tranquilla, ci pensa papà“.
Perché un mondo in cui le figlie di otto anni perdessero la speranza che i papá abbiano la capacità di realizzare i loro sogni, ecco, io credo che sarebbe un mondo peggiore per tutti, forse anche per te.
Più di 11mila “mi piace”, 5300 condivisioni, 804 commenti: questi sono i numeri che questo post ha generato sulla piattaforma social più usata al momento.
Già in prima posizione nelle pre-vendite un mese prima della sua uscita. Un libro semplice, a volte disarmante, in cui i post scritti da Matteo vengono riordinati e divisi per stagioni, creando così un diario delle avventure vissute, una mappa che aiuta il lettore a scoprire, episodio dopo episodio, un mondo nuovo, visto attraverso gli occhi dei bambini e di chi li “cresce e si lascia crescere”.
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