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Il vicino di casa

Con il nostro vicino di casa ci salutiamo, seppur distrattamente, al mattino presto sulla rampa delle scale, quando usciamo insonnoliti per andare a lavorare, ‘ciascuno perso nei pensieri suoi’, secondo il grande Vasco. Oppure, talvolta, beviamo un caffè insieme al bar del quartiere dove siamo cresciuti, o ancora, al rientro, ci incontriamo casualmente, sempre su per le scale, scambiando le classiche due parole; poi ognuno dritto filato nel proprio appartamento-rifugio.

Il vicino di casa, per noi, è un punto di riferimento significativo, con il quale condividere fosse pure un attimo fuggente della nostra esistenza quotidiana.

Tanto da ritenere fondata l’ipotesi che Erasmo da Rotterdam, se fosse vissuto nella nostra epoca, avrebbe sicuramente scritto Elogio della normalità invece che Elogio della follia. La normalità, appunto, dell’uomo qualunque, niente di più, niente di meno. Quello di chi svolge le proprie mansioni con dignità, cresce i figli e si cura della famiglia, che paga le tasse e le fatture, che studia, s’informa, legge, fa sport, viaggia, e affronta con coraggio le contrarietà (immancabili) della vita.

Stop! Indietro tutta. Non è più così.

Infatti, alzi la mano chi non ripeta a sé stesso, sempre più spesso, come un mantra: “E io che l’ho salutato stamattina presto sulla rampa delle scale, con lui ho bevuto mille caffè insieme al bar del quartiere, con lui ho scambiato le classiche due parole rientrando a casa”.
Qualche saccente risponderà a questo punto:

Che stai farfugliando? Da che mondo è mondo è così. La banalità del male non ti ha insegnato niente?”.

Sarà. Ma dagli ultimi fatti di cronaca, interna e non, si sta facendo sempre più strada nell’inconscio collettivo che non basta più apparire normali nel senso sopra detto, per riscuotere l’altrui fiducia.
Sempre di più non potremmo fare a meno di guardare con lo sguardo torvo quel vicino di casa, magari di pelle scura e col turbante in testa, e lui farà altrettanto con noi. E quando saremo costretti a dover spartire qualcosa con lui, chi non rivolgerà, seppur in modo fugace, un pensiero al maestro del brivido?

Sì, proprio lui: Stephen King.

Carlo Rocchi

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