Et…..Casa…. La fuga dall’ospedale

Scappare dall'ospedale, era una fuga dai problemi e dal dolore che là dentro vivi intensamente.

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Et… casa…

Varcare la soglia dell’ospedale, poggiare la valigia per strada, allargare le braccia e respirare a pieni polmoni……..non ha prezzo, così ho fatto giovedì scorso, godendomi il sole che mi baciava il viso in attesa del taxi che mi avrebbe portato all’eroporto.

Volevo scappare il più velocemente possibile ….. scappare dall’ospedale, era una fuga dai problemi e dal dolore che là dentro vivi intensamente.

Qualche giorno di full-immersion nella sofferenza altrui, ti fa comprendere tanti aspetti tristi che molte volte presi dalla frenesia di questa vita non vediamo.

Stare dentro quell’ospedale vuol dire distaccarsi nettamente dall’esterno, assorbire il dolore degli altri ed in qualche modo là dentro essere compatti perchè, tutti noi genitori, abbiamo un bagaglio personale di esperienze mediche che non sono boccioli di rose.

Lì vedi le varie sfaccettature del dolore, i vari approcci dei volontari che cercano di portare un pò di sollievo in tante persone che malamente reggono la maschera della tranquillità, vedi i medici clown che girano nelle stanze per fare sorridere dei bimbi troppo penalizzati dalla sofferenza e cercano di far sorridere anche i loro genitori.

Dopo 7 anni e mezzo che frequento quell’ospedale pensavo di essermi corazzata per poter sopportare tutto, ma evidentemente non ero abbastanza fortificata per assistere ad un compleanno di una bimba con un importante e raro tumore oncologico che, là dentro ha festeggiato il suo primo compleanno.

Vedere quella bionda creaturina avvolta in un vestitino di tulle e volant che la facevano sembrare una splendida bomboniera.

Non riusciva a cancellare i tubicini di drenaggio che aveva un pò dappertutto, con i suoi genitori lei era davanti ad una splendida torta offerta dai volontari insieme a dei pacchetti……. mi ha spezzato il cuore. Ma non volevo commuovermi, devo sempre controllarmi là dentro, devo sempre indossare la mia maschera da donna pratica, ho preso la mia macchinetta fotografica ed ho cominciato a fotografarla anche perchè notavo che oltre ai telefonini non c’erano altri mezzi che potessero ricordare quel suo primo compleanno.

Pensi di riuscire negli anni ad abituarti a tutto ma non è così, nonostante gli sforzi degli addetti ai lavori senti sempre i pianti dei bimbi che fanno i prelievi, anche i più piccoli ormai riconoscono i luoghi dove li curano ed il loro pianto ogni tanto mi fa riflettere sul perchè devono succedere queste cose, ma risposte non ne avrò mai, può capitare a tutti e tutti dobbiamo essere consapevoli che i nostri figli non sono esenti da niente.

Ma di questo aspetto mi sono resa conto da tantissimo tempo.

L’impegno è grande da parte degli operatori dell’ospedale, dal primario all’ultimo persona che dà il suo contributo facendo le pulizie……da parte di tutti c’è la consapevolezza che in quel luogo anche i muri assorbono una parte del dolore. Per stare là dentro devi avere un forte senso del rispetto della sofferenza altrui, devi avere una forte sensibilità ed il massimo rispetto per non infrangere il muro sottilissimo che ti separa dall’emotività dei genitori dei bimbi che sono ricoverati. Ogni parola penso che sia calibrata e dosata al punto giusto perchè basta un niente per infrangere la privacy di persone che possono sembrare anche fredde ma invece possono crollare da un momento all’altro.

Troppe emozioni e troppe storie, non avrei retto un giorno di più là dentro.

In aereo mi sono sentita come ET ed indicando con il dito indice della mano sinistra le luci dell’aeroporto della nostra città a notte inoltrata… ho esclamato felice: M. e M……CASAAAAAAAAAAA!!!!!!!!!!!!!!!!!!Aspettanto il taxi insieme a mia figlia riflettevo su quanto in effetti il nostro vissuto era notevolmente migliore rispetto alla storia di tanti bimbi, devo dire la verità che in quel momento guardando la mia ragazza mi sono sentita anche fortunata rispetto a tanti altri genitori.

Et… Casa…

Testo di Marinella Melis