Siamo in guerra. Le tragedie ci scuotono sempre, in qualsiasi condizione meteorologica, non chiedono permesso ne’ sono solo incubi che il mattino dimentica.
Ancora un’altra tragedia famigliare, il papà che uccide le proprie figlie, spara alla moglie riducendola in fin di vita e poi si suicida.
Sembra un bollettino di guerra, quella guerra che in molte parti del mondo sa di sangue e pianto. Quella guerra così lontana che qui, nella nostra società dell’apparenza, giunge soffocata. Quasi un colpo di pistola attraverso un cuscino, e il dolore diventa leggero come neve.
Ti sorridono tutti, in chiesa, al centro commerciale, in bar, in panificio, in Comune. Quando si compiono tragedie come quella di Cisterna di Latina di ieri, 28 febbraio, tu ti chiedi proprio come sia potuto accadere tra tanti sorrisi e strette di mano!
Siamo in guerra. Siamo divenuti tutti ipocriti?
I politici di turno dove sono?
È questa la società perfetta dove bisogna essere magri, alti, palestrati, senza imperfezioni, vestiti alla moda, trend, con l’auto di grossa cilindrata che proponiamo come modello vincente?
Ed allora andiamolo a raccontare a quest’altra famiglia distrutta, a quelle due ragazzine che non si sveglieranno più!
Gli psicologi, gli psichiatri, gli specialisti, certamente faranno il loro lavoro egregiamente e assieme ai cittadini e alle Ulss, proveranno ad arginare queste mattanze ma se non insegniamo nuovamente l’amore all’essere umano, resteremo perdenti in partenza, e dovremo solo attendere la prossima strage.
Sapete cosa trovo aberrante più dello stesso femminicidio, più della stessa mano che arma e toglie la vita?
L’indifferenza silenziosa e composta di chi, dopo aver commentato, essersi indignato, scandalizzato, sprofonderà sul sofà della sua casa, davanti alla televisione, come se poi nulla fosse accaduto e la vita di noi comuni mortali, proseguirà con la stessa ipocrisia in queste città apparenti: il prossimo weekend, la prossima partita di calcio, il prossimo vestito, le prossime vacanze.
Del resto, lo spettacolo deve continuare, rimane solo il problema, come cantava anni addietro, il cantautore Claudio Lolli, “di come farlo capire ai morti”.
Solo l’amore può salvare il mondo, è indispensabile e fuori dubbio. I modelli impostati sull’immagine, sul denaro, sull’essere vincenti ad ogni costo, sulle eccellenze, sono vuoti a perdere che hanno fallito. Dobbiamo instillare amore, gioia, valori. Dobbiamo insegnare la vita, il silenzio, l’ascolto, l’ intrepida leggerezza dell’essere avvolto dalla natura e, in questa epoca asettica di emozioni, iniziare a stupirsi nuovamente.
Follereau, persona che ha dedicato la sua vita al servizio degli ultimi tra gli ultimi del pianeta, scriveva che “la più grande disgrazia che possa capitare ad un uomo è di non essere utile a nessuno e che la sua vita non serva a nulla”. Parole profetiche che risuonano tra i muri vuoti di tante famiglie, dove c’e’ un lavoro, un discreto benessere e l’ultimo modello di cellulare ma dove le anime non sono che solitudini silenziose di perfetta disarmonia esistenziale.
E la follia della sete di valori incornicia le nostre tragedie quotidiane.
Chi sarà la prossima a morire o i prossimi figli a soccombere prima di aver compreso che solo il frutto dell’amore è giustizia e pace per tutti?
Non aspettiamo, cogliamo il disagio e cominciamo a costruire cattedrali in questo deserto dorato!