Penelope ed Ulisse dell’omonima epopea di Omero sono due personaggi della mitologia che nonostante il tempo e gli eventi passati e contemporanei, continuano ad ispirare non solo i ricercatori dell’antichità, ma anche poeti, scrittori e sceneggiatori.
Abbiamo avuto la possibilità di vedere e leggere numerosi poemi dedicati a questi personaggi che riescono sempre ad essere di attualità ispirando sempre nuove forme di presentazione delle loro avventure (Ulisse), e della fedeltà di Penelope che rappresenta il modello e la sagoma di una moglie fedele e devota alla sua famiglia, a suo marito e alla patria.
Tra i numerosi poeti contemporanei, con grandissimo piacere, vorrei presentare ad un pubblico più vasto due poemi dedicati a questi due personaggi. Poemi in cui la poetessa ci trasmette anche la sua personale esperienza identificandosi talvolta con Penelope, talvolta con Ulisse. Bellissimi versi scritti da Milica Jeftimijević Lilić già presentata ai lettori di BombaGiù con alcuni suoi versi, e che ultimamente fu premiata nel Festival Internazionale di poesia “Solo uno mare e la parola”, tenutosi nello scorso Aprile/Giugno a Roma.
Del dono poetico di Milica Jeftimijević Lilić hanno parlato diversi critici e letterati mettendola sempre sul primo posto tra molti poeti contemporanei e non solo serbi. Tradotta in tedesco, inglese, italiano, macedone, turco ed una delle lingue indiane, essa continua ad entusiasmare il pubblico con le sue capacità di “versificare” gli attimi della sua propria, ma anche della vita comune di un popolo intero, delle sue tradizioni, della cultura e lingua in cui scrive, che è la lingua serba.
In questa occasione presento i versi scritti e dedicati a Penelope:
La maledizione di Penelope
Prima che Ulisse fosse partito,
io agitata così lo ammonii:
porterai il mio volto nell’al di là,
nel mare grande mi getterai
così che io ti riappaia ovunque tu ti fermi.
Nel tuo lungo viaggio troverai indizi miei ovunque tu vada,
perché io possa aspettarti incatenata dalla maledizione,
legata con corde segrete, impaurita dall’oscurità,
per illuminarti le tracce
che possano cadere le torce di giorno,
e il Grande Pianificatore disse:
con languore trascorro il tempo,
la tentazione è la mia salvezza.
È nell’attimo dell’Uscita
che Mose avrebbe dovuto scostare la diga,
che ferma la grande distesa d’acqua
per poter passare – lì dove la parola ti aspetta.
Oltre l’acqua, al di là delle tenebre,
attraverso l’anello di creta diurna,
con l’occhio tuo perforato,
ti maledico su qualunque campo di battaglia tu sia,
affinché l’Onnipresente
leghi il tuo cuore alle mie cosce,
e ti dia occhi per il mio cervello, la brama per i miei passi…
ciò che il tuo cuore agogna –fugga via da te,
ciò che tu guardi – ti sia oscurato
ciò che con voga desideri – vada a sfiorare
che non possa salvarsi, verso la morte che sparisca,
ma dove sei
perché tu non sia di ritorno.
Dal libro “Memorie della pelle”, Belgrado 2004.