Tragedia Chapecoense

Un'altra tragedia umana e sportiva legata ad un terribile incidente aereo

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L’aereo che trasportava la squadra brasiliana schiantato al suolo: solo cinque i superstiti

Sono le 4:34 della notte, ora italiana, quando il velivolo RJ-85 della compagnia Lamia si è schiantato mentre tentava un atterraggio di emergenza vicino alla città colombiana di Medellin. I passeggeri trasportati erano i componenti della squadra brasiliana della Chapecoense, che avrebbe dovuto giocare la finale di Copa Sudamericana (l’equivalente dell’Europa League) mercoledì sera proprio contro l’Atletico Nacional di Medellin.

La Chapecoense è una squadra giovane, fondata solo nel 1973, che fino a pochi anni fa militava nelle serie inferiori del campionato brasiliano. Basti pensare che solo nel 2009 giocava in serie D; poi, grazie a un’ascesa incredibile, aveva raggiunto la prima divisione nel 2014. La squadra rappresenta la città di Chapecò, situato nel sud del paese, con circa 200mila abitanti. L’anno scorso aveva festeggiato la prima partecipazione storica alla competizione sudamericana, venendo battuti agli ottavi dal River Plate, futuro vincitore del torneo.

Quest’anno però non avevano intenzione di fermarsi, e dopo aver buttato fuori alle semifinali il ben più quotato San Lorenzo, la squadra era pronta ad affrontare la sua prima finale partendo da sfavorita, ma di certo non dandosi per vinta. Perché questo, con la vittoria del Leicester e la simpatia dell’Islanda, sembrava proprio essere l’anno delle favole. Ma stanotte, questa favola, si è infranta rumorosamente al suolo.

C’è un perché nella simpatia che tutti proviamo per le squadre più deboli, c’è un perché nel festeggiare come veri e propri tifosi quando si realizza una favola sportiva.

Cito il dizionario Devoto Oli: Favola, “Qualsiasi narrazione fantastica”. O ancora, “Vivere nel mondo delle favole, ovvero fuori dalla realtà”. Per finire con “Simbolo di qualcosa di assolutamente eccezionale”.

Siamo tutti sostenitori delle squadre capaci di realizzare una favola perché questo ci autoconvince che tutto è possibile, che non ci sono limiti insuperabili, che non si parte mai sconfitti senza provarci. Le favole sono capaci di riunire milioni di sconosciuti sotto lo stesso tetto, tutti pronti a festeggiare. Ma c’è un perché viene definita come qualcosa di assolutamente eccezionale. Perché la realtà non è fatta di favole. Sono eventi più unici che rari capaci di far splendere il sole per un certo periodo, ma destinati a rimanere iscritti negli annali in solitudine per molto tempo. Chiedete al Leicester, quest’anno terribilmente vicina alla zona retrocessione, nonostante un ottimo cammino in Champions.

E così la favola della Chape, non ha avuto nemmeno l’opportunità di poter lottare per entrare nella storia. Su 81 passeggeri, solo cinque sono i sopravvissuti, tra cui tre calciatori. Il destino è crudele.

Non andrò avanti a parlare della storia del club, delle doti dei calciatori scomparsi, dei giocatori che non erano stati convocati né di quelli sopravvissuti. In questi casi l’aspetto sportivo passa in secondo piano. Tutto il mondo esprime le proprie condoglianze alle famiglie di tutti i calciatori, o meglio uomini, morti prematuramente, all’inseguimento di un sogno. Verrete per sempre ricordati, ma non come avreste voluto purtroppo.

Oggi tutti piangiamo queste vittime, che prima di calciatori erano esseri umani come tutti noi. Come le vittime delle guerre, come gli innocenti bombardati, come chiunque altro. I morti non hanno nazionalità, e quando saremo tutti in grado di capirlo, forse potremmo vivere in un mondo migliore.

Oggi resta solo dolore, disillusione, ma se c’è una morale nella favola della Chape che non verrà mai dimenticata, è che bisogna lottare per realizzare i propri sogni. Che forse è vero, le storie reali non hanno quasi mai il lieto fine, ma non per questo dobbiamo smettere crederci. #ForzaChape