Nel 2013 credo di aver incontrato un immortale.
Sono circa le 8 di mattina di una giornata uggiosa. Il cielo grigio mostra una Roma in filigrana, quasi scolorita. Percorro Viale Castro Pretorio per raggiungere il CNR dove lavoro quando, all’improvviso, compare una ragazza che cammina in direzione opposta alla mia.
La guardo e mi inchiodo sul marciapiede. “Donatella”, penso sbalordito. Il suo volto è identico a quello di una studentessa del mio liceo della quale, appena diciassettenne, mi ero innamorato. Dopo 23 anni, rieccola lì, giovane e bella: ancora una teenager.
Mi incrocia e la fisso, scrutandone i lineamenti. Non è possibile!
“Donatella!” esclamo a voce alta, mentre mi passa accanto.
Lei si volta, scossa da un brivido. Mi guarda, prima indifferente, poi attenta. Socchiude gli occhi, quasi a sollevare il velo che il tempo ha adagiato sul mio volto di quarantenne. Il suo sguardo diviene prima stupito e poi opaco di paura.

Improvvisamente si mette a correre.

Pensieri contrastanti mi bloccano e non ho la prontezza di inseguirla. Lei gira l’angolo e scompare.
Rimugino sull’accaduto per tutto il percorso. Quando mi siedo alla scrivania ho un’illuminazione improvvisa. Mi collego a internet e cerco gli ultimi articoli sull’immortalità.
Scopro così che gli scienziati hanno individuato molti geni che allungano la durata della vita: nel 1988 e nel 1993 AGE-1 e DAF-2 del verme C. Elegans, nel 1995 il sir2 del lievito, nel 2003 gli attivatori della sirtuina, nel 2004 i mediatori del Target della rapamicina. Il gene daf-16 è addirittura associato alla popolazione ultra centenaria.

Seduto davanti allo schermo, penso: se nel corso della riproduzione i geni dei due genitori si rimescolano dando origine a nuovi pezzi di DNA, non è possibile che uno di questi nuovi segmenti sia associato alla longevità? In fin dei conti esistono quasi 7 miliardi di persone. AGE-1, ad esempio, è lungo 4.000 caratteri, mentre il DNA del Sapiens contiene 3 MILIARDI di caratteri. Quindi è “molto” probabile che, casualmente, si produca un gene speciale.

Rimango così, imbambolato. Una mano si posa sulla mia spalla e mi scuote.
E’ Giovanna, una mia collega: “Che ti è successo? Sei pallido come un albino!”
“Un lenzuolo,” penso io. “Si dice un lenzuolo. Che c’entrano gli albini?”
Lei una biologa, io un matematico. Una buona accoppiata per uno scambio di idee un po’ bislacche.
Le racconto tutto.
“E’ possibile,” conclude lei. “vogliamo provare a dimostrare la tesi?”
Due anni dopo otteniamo i fondi europei per la ricerca.

Ogni essere vivente ha due copie di ciascun gene, se le due copie sono diverse, una delle due può essere recessiva, e quindi non essere “espressa”. Gli esperimenti miei e di Giovanna hanno dimostrato che i geni dell’immortalità sono recessivi. In parole povere se un ipotetico immortale si accoppia con un mortale, i figli saranno normali. Ma se si uniscono due immortali? Non lo sappiamo. Presumiamo che la progenie non possa essere immortale, altrimenti già da tempo avremmo una nuova specie di superuomini.
Abbiamo lavorato come stakanovisti a questa ricerca fino a una settimana fa, quando a Giovanna è successa una cosa simile a quanto accaduto a me nel 2013. Mentre gettava la spazzatura ha visto un giovane. Il suo aspetto era identico a quello di un nostro ex-collega, licenziatosi due decenni fa. Identico in tutti i sensi: non una ruga, un capello bianco, un appesantimento del fisico. Gli anni sembravano essergli scivolati addosso senza lasciare sbavature. Lo aveva chiamato e lui si era girato verso di lei.

“Giovanna?” Poi si era coperto la bocca, come se quel nome lo avesse tradito. Anche lui era fuggito. Giovanna aveva provato a raggiungerlo, ma l’ex-collega era riuscito a salire sulla sua auto e, sgommando, si era sottratto all’inseguimento.
La mattina stessa Giovanna mi aveva raccontato il fatto.
“Credo che tu abbia preso un abbaglio,” affermai.
“Perché?” chiese.
“Un ipotetico immortale deve essere abituato a incontrare gente già conosciuta in passato. Quindi sarà sempre attento, presente a sé stesso. Non può commettere errori simili.”
“Forse l’ho colto in un momento di distrazione. Ho notato che aveva le borse sotto gli occhi, come se si fosse svegliato da poco o avesse passato una notte insonne,”

Inutili le ricerche su internet. Le tracce cessavano proprio 20 anni prima. Da improvvisati investigatori siamo andati all’ufficio anagrafe: nulla. Alla polizia: nulla. Purtroppo non avevamo neanche una sua foto e ci ricordammo che il nostro amico si rifiutava sistematicamente di farsi ritrarre e anche di partecipare a cene di lavoro, gite e feste. Un volontario paria.
Due giorni dopo lo strano incontro Giovanna fu uccisa nel suo appartamento da un presunto ladro, che mise la casa totalmente a soqquadro. Eppure era maniaca del controllo e della sicurezza. Il suo appartamento, un esempio di blindata paranoia: porta d’ingresso rinforzata, sensori volumetrici, inferriate alle finestre, telecamere. Il ladro “voleva” entrare.
Ieri ho deciso di crearmi un’assicurazione sulla vita.

In verità io e Giovanna stavamo scrivendo un articolo sulle conclusioni “positive” della nostra ricerca, intitolato “A cluster of genes for immortality”.

Abbiamo infatti scoperto un gruppo di geni che inseriti, con la tecnica CRISPR, nel genoma dei ratti e degli scimpanzé, li fa ringiovanire. Lo stesso cluster rende immortali i moscerini della frutta. A questo punto potrebbe addirittura partire la fase 1 di sperimentazione sull’uomo.
In una notte di febbrile attività ho revisionato l’articolo e l’ho inviato via mail al mio avvocato con l’incarico di trasmetterlo a “Nature” se mi dovesse accadere qualcosa.
Infine su Facebook, Linkedin e Instagram ho inserito il seguente messaggio “A Donatella e a Daniele (così si chiama il nostro ex-collega). L’articolo che vi interessa è in possesso di qualcuno che lo pubblicherà in caso di mia forzata cessazione dal lavoro.”
Sibillino per gli altri, ma chiaro per i nostri due ipotetici immortali che, credo, stiano spiando la mia vita.

Ora sono qui, in attesa. Non so cosa fare. Proseguire nella ricerca o fermarmi? Non ho il timore di subire il destino della mia amica Giovanna. Ho paura di scoperchiare il vaso di Pandora, ma forse dovevo pensarci prima.

ESISTONO GLI IMMORTALI?

Ho rispettato la regola delle 5 w (who, where, what, why, when).

Un biologo di Roma rivede, per caso, una ragazza che ha conosciuto 23 anni prima. Stranamente la ragazza è rimasta giovane, priva di qualsiasi segno d’invecchiamento.

Lo scienziato si getta in un progetto di ricerca sull’immortalità, che lo porta a una scoperta incredibile, problematica e molto molto pericolosa.