Vi sono momenti, anche solo per breve casualità o semplice errore, in cui percepiamo notizie che quasi ci mettono in confusione con noi stessi.

Il Terrorismo è una di queste.
Quante volte vi è capitato di sentire, cambiando canale, di stragi che accadono a persone comuni, come noi, semplici esseri umani che magari fino al giorno prima andavano a scuola, praticavano sport e hobby e progettavano con tanta devozione il proprio futuro, un futuro che da un giorno all’altro gli è stato trascinato via, strappato dalle mani, scaraventato nel vuoto, accerchiato dalla gelida nebbia della morte, ma soprattutto, ad essere sinceri, hai mai pensato se questi obiettivi, se questi progetti, se questa persona fossi tu?

Ebbene è così, uno dei principali problemi del terrorismo è la imprevedibilità, la mancanza di certezze, la mancanza di consapevolezza su quale sarà il tuo domani.

In questi giorni mi sono impegnata, come studentessa, a far arrivare il mio messaggio a tutti gli alunni della scuola superiore di secondo grado G.Carducci di Ferrara del corso N. e a immedesimarmi nei loro pensieri per poter apprendere quale possa essere il nostro obiettivo generale, il nostro pensiero su qualcosa che ormai ci sta sfuggendo di mano.
La prima domanda che è stata posta è stata creata per sfatare il mito che la religione sia sinonimo di terrorismo, e così è stato…

Tutti gli alunni, quasi con unanimità hanno risposto alla domanda sulle cause di questo fenomeno con le ragioni a cui l’uomo tende spesso a cedere: soldi, mentalità chiuse incapaci di vedere un futuro migliore per se stesse e per gli altri, mancanza di dialogo e semplice ignoranza, ma prestate bene attenzione non intendiamo l’ignoranza come semplice mancanza di conoscenza, ma come consapevolezza che si vuole tenere nascosta, l’ignorare che ciò che si attua spesso è nocivo per chi ci sta intorno, l’ignorare che forse, in futuro, quelli ad essere presi di mira sarebbero proprio loro.

Eppure, data questa situazione, la paura su di noi incombe?

Ebbene sì, incombe irascibile, piena di odio e rancore simile ad un mostro dalle fauci affamate e gli occhi iniettati di sangue, e come tale in noi accende la paura ma non solo. La paura che questo mostro ci provoca non è una paura comune, una di quelle che ti bloccano e ti congelano, bensì una paura che ci sprona piano piano a vivere la vita come se domani fosse l’ultimo giorno, come se domani si cadesse in un burrone senza fondo.
Sono sempre stata un’amante e una terribile fan della paura, non so perché, ma sono sempre stata convinta che la paura è solo una semplice forma di autodifesa, un qualcosa che scatta dentro di noi, un meccanismo con la funzione di sopravvivenza senza la quale moriremmo, senza la quale non saremmo in grado di salvarci.

Basta solamente pensare a come la paura fa muovere le mosche che cercano una via di fuga, pronte a fuggire, così noi siamo mosche e il terrorismo è per noi fonte di paura, tentiamo di scappare ma raramente esso ci lascia via di scampo.

Nonostante ciò, la domanda che è stata posta è quella del viaggiare e chi mai avrebbe immaginato che all’unanimità gli studenti avrebbero risposto che per loro viaggiare è più importante di qualsiasi paura o bomba che possa cadere, per gli studenti viaggiare è un modo, una forma nascosta, di vivere la propria vita il meglio possibile e lo rispetto perché io stessa come studentessa viaggerei per il mondo, senza paura.
L’ultima domanda è stata quella che più ha messo in crisi le sezioni: Una parola per descrivere il terrorismo.
Ebbene sì, per le persone, di qualsiasi fascia di età siano, il terrorismo può avere mille sfaccettature e una cosa che più di tutte mi ha stupito è la varietà di parole che sono saltate fuori: dalla semplice ignoranza alla brutalità, dall’odio alla paura.

Ne sono rimasta colpita ma quelle che più mi hanno attratto sono state tre:

  • Mortalità
  • Disperazione
  • Morte.

Mi chiederete forse perché, ebbene ecco la mia risposta:

Ho colto in queste tre parole tre concetti che per normali studenti spesso risultano quasi extraterrestri, ho colto la presa a coscienza della mortalità delle persone e di quanto una vita possa essere effimera, di quanto sia facile vedere la propria sfuggirci dalle mani in pochi istanti e perdere le persone di cui più abbiamo bisogno.
La disperazione, è una parola che affascina… Mi è da poco capitato di vedere delle foto e delle interviste di sopravvissuti e Dio solo sa cosa abbiano visto, i loro occhi erano il ritratto di questa disperazione, erano il ritratto dell’orrore di ciò che avevano provato, del dolore che li affliggeva mentre osservavano i corpi morti intorno a loro e li indicavano, magari uno poteva pure essere loro figlio, o loro padre o la loro madre, ma questo non lo sapremo mai.

L’ultima parola è morte e beh, credo che questa parola parli già abbastanza da sé, ci fa intendere il suo concetto con schiettezza e freddezza, la crudeltà dei suoi gesti che non implicano mai seconde possibilità.

Quindi ora lo sapete, sapete cos’è il terrorismo agli occhi di ragazzi normali, ragazzi che magari domattina potrebbero alzarsi e non ritrovarsi più una casa, una famiglia; ragazzi che progettano il loro futuro senza sapere se riusciranno mai ad averne uno, ma sapete cosa vi dico:
Ragazzi, non scoraggiatevi, continuate a credere in quello che fate, lasciate che la paura vi sproni a vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo, lasciate che la vostra sete di obiettivi da raggiungere e giorni prossimi da scoprire vi sproni a credere che un giorno tutto quello che state facendo e tutto quello che state costruendo si avvererà; mettete i mattoni e le fondamenta solide del vostro futuro e non lasciate che degli stolti con bombe e mitra ve lo portino via. Lottate, si, lottate perché in un domani la parola terrorismo venga messa nei libri, si, ma quelli di mitologia.

Sperate, ebbene si, sperate che domani la vita possa essere migliore preparandovi però a quella peggiore, perché se c’è una cosa che ho imparato è che la legge di Murphy dice che se una cosa può andare peggio di così allora andrà male, ma che se ci si crede fortemente tutto è possibile.

Noi siamo possibili. Il nostro futuro è possibile. Un mondo migliore è possibile.
Grazie per l’attenzione.
Chiara Bazzana.
(Con l’aiuto nelle interviste di Sofia Piaccione e Francesca Soffritti, e un ringraziamento speciale alle classi del corso N della scuola secondaria di secondo grado G.Carducci di Ferrara e ai professori Ornella Presti, Leonardo Canella e Monica Baschiera per il tempo a loro sottratto durante le ore di lezione).