A CIASCUN’ALMA PRESA E GENTIL CORE

Colui che sarebbe passato alla storia della letteratura mondiale come il Divino Poeta, dopo aver rivisto Beatrice “compiuti li nove anni appresso dall’apparimento soprascritto di questa gentilissima” (Vita Nuova, II), lanciò una proposta a tutti i ‘fedeli d’Amore’, i suoi grandi sodali rimatori in volgare, affinché esprimessero un giudizio su un suo sogno, ai limiti dell’incubo, cui non sapeva darsi pace

Ora, otto secoli più tardi, noi profani facciamo un piccolo sforzo di fantasia, sì da vedere Dante appena desto dopo un sonno inquieto, nelle prime ore di un livido mattino, che afferra di fretta carta e penna, nel timore che quella conturbante visione onirica se ne ritornasse da dove era venuta.

Poi, seduto su una traballante sedia di paglia, lo vediamo intingere con forza la penna nel calamaio, e dà il via a quella proposta sotto forma di un sonetto. Il quale, per dirla con le sue parole, comincia:

A ciascun’ alma presa e gentil core
nel cui cospetto ven lo dir presente,
in ciò che mi rescrivan suo parvente,
salute in lor segnor, cioè Amore.
Già eran quasi che atterrate l’ore
del tempo che onne stella n’è lucente,
quando m’apparve Amor subitamente,
cui essenza membrar mi dà orrore.
Allegro mi sembrava Amor tenendo
meo core in mano, e ne le braccia avea
madonna involta in un drappo dormendo.
Poi la svegliava, e d’esto core ardendo
lei paventosa umilmente pascea:
appresso gir lo ne vedea piangendo.

“Questo sonetto”, chioserà in seguito Dante (Vita Nuova, III), “si divide in due parti; che ne la prima parte saluto e domando risponsione, ne la seconda significo a che si dee rispondere. La seconda parte comincia quivi: Già eran. A questo sonetto fu risposto da molti e di diverse sentenzie; tra li quai fue risponditore quelli cui io chiamo primo de li miei amici, e disse allora uno sonetto, lo quale comincia: Vedeste, al mio parere, onne valore. E questo fue quasi lo principio de l’amistà tra lui e me, quando elli seppe che io era quelli che li avea ciò mandato. Lo verace giudizio del detto sogno non fue veduto allora per alcuno, ma ora è manifestissimo a li più semplici”.

Neanche a dirlo, il ʻprimo de li miei amiciʼ è Guido Cavalcanti.