A Rio sta nevicando … nella favela di Lins

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A Rio Sta nevicando. A Copacabana lungo l’Avenida Atlantica, è neve soffice, morbida come lana che cade a fiocchi candidi, natalizi tra gli interstizi delle strade, nei tombini, sulla spiaggia che oggi ci ha illuso tutti di essere uomini e donne del nord e non dei tropici. Sta nevicando a Botafogo, Flamengo, sta nevicando ad Aboliçao, a Meier e a Lins dove ieri è morta una bella bambina a causa di un proiettile vagante.

Sta nevicando nella favela di Lins e oggi non ci saranno scontri tra narcotrafficanti e polizia perché il carro armato con cui la polizia risale le ripide curve della favela non è attrezzato per la neve.

La neve cade a fiocchi soffici, teneri e i genitori della piccola che stanno piangendo inconsolabili per un attimo smettono di lacrimare, guardano fuori dalla finestra e gridano al miracolo, è la loro figlia, è la loro figlia che sta facendo nevicare perché la neve è simbolo di pace e oggi non ci sarà spazio per i conflitti, oggi i narcos se ne staranno tranquilli, zitti zitti rintanati e i poliziotti invece di giocare a cane e gatto, sceglieranno il noioso lavoro d’ufficio con l’occhio testo, proteso fuori dalla finestra, sui palazzi imbiancati, sui grattacieli, sulle casupole diroccate piene di biancore e tenerezza.

Ci saranno disagi sì, ma niente di trascendentale, tutto sarà sopportato con la consueta allegria, con la consueta rassegnazione mista allo stupore per la prima nevicata della storia.

I favelados sopporteranno con rassegnazione l’umidiccio dentro alle case, il fango davanti alla porta, la classe media e medio alta con rassegnazione sopporterà i ritardi all’aeroporto e i pericoli alla guida dei veicoli senza catene, senza la benché minima attrezzatura indispensabile per guidare in tali condizioni, con la pista così molliccia così bagnata. A Copacabana si intravede a malapena il mare ricoperto dalla foschia e da un piatto manto bianco, a Copacabana, nella Figueiredo de Magalhaes la neve sta cadendo davanti a un bar, tra i tavolini, un bar nel quale è seduto Ferruccio, italiano di Milano, che beve e piange la madre che, sessanta anni fa, si è buttata dal settimo piano.

Beve cachaça mista a succo di uva e ricorda, ricorda tutto, il vestito rosso e blu della madre, il padre era in ufficio a lavorare, lei ha guardato il figlio col viso di ghiaccio, da extraterrestre, e si è lanciata dalla finestra.

Allo stesso tavolo è seduto Vitor, un portoghese, che ricorda quando, quaranta anni fa, rivide la madre a Rio ed erano dieci anni che non la vedeva, dovette scappare dal Portogallo dove era stato incarcerato e dichiarato disertore perché s’era rifiutato di combattere in Angola. Dovette scappare attraverso il confine con la Spagna e poi in Francia dove riuscì a corrompere qualcuno coi 200mila cruzados che teneva negli stivali. Quando rivide la madre a Rio pianse e piange ora mentre lo racconta e piange mestamente Ferruccio, anzi Ferruccio, barba bianca da Babbo Natale, ora non piange più ma fissa il portoghese e accarezza il cane, tra le ginocchia.

E intanto nevica, nevica a fiocchi altissimi, a fiocchi profondissimi, nevica contro i finestrini dei taxi, nevica così forte che i passanti devono tenersi l’un l’altro per non cadere a causa del vento, devono tenersi, sostenersi a vicenda contro la natura avversa.

Nevica, nevica, non fa altro che nevicare, è una bufera, la Figueiredo de Magalhaes, di solito così trafficata, così chiassosa, oggi è silenziosa, si sentono solo le lacrime di Vitor, si avvertono i pensieri neri di Ferruccio, di Babbo Natale, che è un sopravvissuto. Nevica sui pensieri di uno, sulle lacrime dell’altro ed è in questo esatto momento che, stanco di aspettare, il Cristo Redentore decide di staccarsi dal piedistallo della statua che lo teneva ancorato alla collina del Corcovado, e di scendere per la foresta di Santa Tereza dove, ultimamente, turisti e viandanti sono stati derubati e uccisi a fiotti.

Il Cristo di Pietra scende a passi pesanti attraverso la neve, scende con la consueta postura, con le braccia aperte attraverso il sentiero che, dal Jardim Botanico, conduce alla collina del Corcovado.

Il Cristo scende mentre nevica da impazzire, nevica come Dio comanda, il Cristo scende e sorprende un bandito infreddolito, armato, solo, che aspettava qualche avventuriero al varco. Inoltre, il Cristo sorprende il bandito e lo abbraccia, lo abbraccia forte, con amore, con l’amore che solo il Cristo brasiliano sa trasmettere, quell’amore che perdona tutto, dimentica tutto, il Cristo di Pietra abbraccia il bandito poi lo lascia ammutolito, infreddolito tra la neve, lo abbandona al suo destino.

Il Cristo, passo passo, arriva fino alle strade asfaltate di Santa Tereza, e abbraccia tutte le persone che incontra sul cammino.

Le abbraccia, le perdona e chiede loro perdono, le abbraccia tutte, una a una, abbraccia i componenti della banda di bossanova che hanno suonato poco e male nel ristorante Mineirinho, tra i tavoli disegnati a scacchi e i piatti fumanti di fagioli, li abbraccia anche se mentre suonavano erano annoiati, svogliati, li abbraccia perché tutti meritano di essere abbracciati. Abbraccia, sotto una tormenta così fitta, così bianca che non si vede niente, abbraccia forte forte i genitori della bambina morta ieri a Lins, li abbraccia e gli chiede perdono perché nemmeno lui riesce a capire nitidamente quali siano i progetti di Dio.

Intanto continua a nevicare.

Nevica dappertutto, la temperatura è scesa a meno due, i carioca, compresi l’italiano Ferruccio e Vitor il portoghese, si sono rintanati in casa, Rio de Janeiro è una macchia bianca, indistinta, se osservata dall’alto si vede soltanto una grande statua di Pietra con le braccia aperte che cammina pesante per le strade strascicandosi a fatica tra i metri di neve, cercando disperatamente qualcuno da abbracciare. Ha già abbracciato tutti, non c’è più nessuno. Il Cristo deve tornare al suo posto, alla collina del Corcovado, e per farlo dovrà faticare, sudare, è una bella camminata, soprattutto con tutta questa neve.

A Rio sta nevicando – di Matteo Gennari

A chi piacciono i racconti, consiglio questo romanzo:

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