C’era una volta…il paese dei balocchi. Tanto tempo fa in un Paese lontano regnava la democrazia ed il popolo particolarmente illuminato era dedito alla pittura, alla scultura, alla poesia, mentre altri si dedicavano con successo al commercio, all’artigianato, altri meno intraprendenti lavoravano nelle botteghe dei loro padroni.
Col tempo e con i cambiamenti introdotti, in nome dei diritti sociali e delle parità, sancite nella loro Costituzione, furono introdotti alcuni diritti, quali per esempio quello allo studio e al lavoro.
Furono però travisati. Pensarono, infatti, che il diritto allo studio, e al lavoro fosse de facto, un diritto all’ottenimento. Ciò che la legge in principio non intendeva tutelare.
Si creò confusione e disorientamento. Questo perché molti diplomati e laureati di quel Paese richiedevano di entrare di diritto nel mondo del lavoro. Reclamavano un posto di lavoro, in quanto si pensava fosse giusto così.
Professioni quali medici, infermieri, avvocati, ingegneri, ma anche mestieri quali fabbri, muratori, geometri, ragionieri, erano spesso svolti da persone che avendo il diritto di svolgere tale professione o mestiere pur non avendone le dovute competenze a causa di una mancata selezione dovuta appunto al fatto che ognuno aveva il diritto di poter far valere i propri diritti.
Fu il caos.
Si creò un malcontento generalizzato all’interno della società. In concreto: a fronte del pagamento di prezzi o tariffe peraltro abbastanza esose, non corrispondeva un altrettanto servizio o l’ottenimento di un prodotto di adeguata qualità.
La spesa quella di quello Stato, che in un primo momento non destava nessuna preoccupazione, divenne in pochi anni incontrollata ed incontrollabile. I politici che in un primo momento furono dal popolo osannati per l’introduzione di queste leggi, furono ritenuti responsabili di questo malcontento. Furono poi processati e condannati ad oltre trent’anni di lavori forzati.
Miei cari lettori questa ovviamente è solo una storiella…
Grazie mille per l’attenzione.
Marco.