Il libro di Sandro Bari sulla Fondazione del club (1961)

IL FOLKSTUDIO DI BRADLEY

PROFUMO DEGLI ANNI ‘60

La vera storia del Folkstudio. Un pezzo di storia che si completa. E che non va a saldarsi con la precedente ma, nella versione dell’autore, stride e con una certa acrimonia con la vulgata tradizionale. Sandro Bari ha scritto “Folkstudio 1961-1967- La fondazione” (Edilazio Letteraria) per mettere luce sull’accensione del faro e non sui violenti riflettori che resero popolare la location musical romana. Dunque tanto Harold Bradley e poco Cesaroni. Il libero Jazz della prima sede e la musica etnica di Otello Profazio e Rosa Balistreri, perfino il cabaret di Pippo Franco piuttosto che la scoperta della scuola di cantautori romani degli anni ’70 (il consueto quartetto De Gregori-Venditti-Bassignano e l’indimenticabile Lo Cascio).

L’intenzione polemica è manifesta nel segno della memoria anche se le due fasi, quella dello scopritore e quella del perfezionatore, sono egualmente significative nel ricordo chi ha frequentato il clubbino romano nelle varie sedi di via Garibaldi, via Sacchi e via Frangipane.

Oggi il Folkstudio sembra una coperta corta che tutti cercano di tirare dalla propria parte e persino le celebrazioni pubbliche che siano all’Arciliuto o all’Auditorium risentono di questa non risolta temperie. Bari è stato il musicista che dopo una lunga battaglia è riuscito a commemorare l’evento fondazione con una targa che un malmostoso anonimo ha sfregiato con una considerazione ulteriore. Il Folkstudio dei primordi e dei pionieri è quello dello spontaneismo, del casino non organizzato, delle jam session, di Toni Santagata, di mezzo mondo del jazz italiano affettuosamente solidale, della nascente Dolce Vita romana, delle fughe a Ponza, delle ospitate al teatro Eliseo, della propensione naif di Bradley.

Il libro profuma degli indimenticabili anni ’60, la stagione del boom e delle 500, di un’Italia più felice e decisamente meno rancorosa.

Ed è doppiamente significativo perché narrato in prima persona da uno che ci è vissuto dentro almeno fino alla svolta di Cesaroni, raccontata in altri testi e diremo soprattutto da Ernesto Bassignano.

La vera storia del Folkstudio. Di Daniele Poto.