Instagram, Facebook e altre storie di ordinaria follia

Forse non abbiamo neanche più voglia di uscire a bere un caffè con un amico, tanto abbiamo chattato finora, di che parliamo altrimenti?

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Storie di ordinaria follia … Dopo anni passati sui vari social network, siti di incontri, spazzatura varia, sono giunto alla conclusione che quel senso di eterna inadeguatezza, quella sordida strisciante sensazione di essere sempre fuori luogo, inadatti, di non essere mai abbastanza, siano tutto il frutto di un giudizio virtuale, figlio di questa generazione, a cui veniamo sottoposti ogni giorno.

Le pubblicità, la moda, i vip spuntati fuori dal nulla e, in ultima analisi, questo mostro moderno e demolitore che è il social network, mietitore di molte fragili autostime e che, tuttavia, si traveste da conforto, da passatempo innocente, spazzando via il nostro senso di solitudine illudendolo con qualche like a cui facciamo penzolare il nostro ego. Ci aggrappiamo a questo mondo virtuale dimenticandoci spesso che la vita vera è fatta di legami che si costruiscono col tempo, di sentimenti che sperimentiamo dalla nascita, di esperienze. Per alcuni Facebook è solo un passatempo, dove condividere foto di gattini e bambini malati di tumore, come se per essere d’aiuto alla cosa bastasse premere sul pulsante “condividi”.

Per altri ancora, diventa un luogo dove sfogare tutta la propria rabbia e frustrazione sul prossimo, avvalendosi del coraggio fasullo che dona la tastiera.

Infine, per alcune persone, è un modo – piuttosto efficace, a quanto pare – per spettacolizzare ogni aspetto della loro vita, per pubblicizzare se stessi. Avvalorare il proprio ego legittimandolo ad una popolarità che, tutto sommato, è fine a se stessa, riducendosi ad una mera acclamazione del proprio corpo, salendo sul podio virtuale dell’ammirazione-social. Ed è così che finiamo per correre dietro a certi stereotipi, di quelli che secondo noi sono la perfezione e un modo per risultare coerenti con la moda del momento.

Ci scattiamo foto che sembrano naturali, ma abbiamo passato ore a studiare la perfetta inquadratura, a scegliere lo sfondo che ci fa sembrare in un posto bellissimo quando in realtà siamo annoiati, sul divano di casa.  Addominali intarsiati, pettorali/seni gonfi, una vita sponsorizzata all’insegna di pasti biologici, sport di tutti i tipi, vacanze ai tropici, una troupe misteriosa pronta a fotografare gli individui intenti nelle più banali e ordinarie attività, come fare colazione.

Che tu ti chiedi, ma questi tipi vanno in giro con la scorta di paparazzi pronti a catturare ogni minimo momento magico delle loro perfette giornate?

Tu che chiedi una foto a un amico per aggiornare l’immagine del profilo usurata e lui sbuffa sonoramente, dicendo “ma che palle, tanto che ci devi fare”. No, niente figurati…
Il punto è che provare a voler seguire a tutti i costi certi standard per risultare glamour, non sempre funziona. Non per tutti, almeno. Che succede se, per alcuni di noi, la perfezione-fake sui social non funziona? Semplice, la condanna si chiama inadeguatezza. Un’inadeguatezza che forse sa di esagerazione, ma veniamo sottoposti a un certo #lifestyle ogni giorno, senza che ce ne rendiamo conto. Ci affanniamo a costruire il nostro avatar felice su di quest’isola di false apparenze che è il social network. Facebook ci permette di avere tanti amici, così non dobbiamo più sentirci soli, perché la solitudine e l’ansia sono i due stati emotivi più in voga degli ultimi anni.

Forse non abbiamo neanche più voglia di uscire a bere un caffè con un amico, tanto abbiamo chattato finora, di che parliamo altrimenti?

Instagram ci permette di diventare popolari, addirittura può tramutare qualcuno in delle star seguitissime che promuovono l’immagine di se stessi, pur senza alcun talento particolare. Poi ci sei tu, che sei un individuo “normale” e non hai 50k di follower, allora cerchi di capire quale sia l’algoritmo per ingannare Instagram e diventare, finalmente popolare. Perché è esattamente questo ciò che ricerchiamo con spasmodica disperazione; l’approvazione degli estranei, la considerazione fasulla di perfetti sconosciuti che ci approva o ci condanna a seconda dell’immagine che proponiamo di noi stessi. Tutto questo ci getta nella perenne ansia di non sentirsi mai all’altezza, spesso dimentichi del fatto che la vita vera sta fuori dagli schermi, eppure è dentro di essi che fingiamo di viverla. Allora ci affatichiamo, ci scattiamo i selfie fingendoci impegnati in attività tanto cool quanto inesistenti, perché simuliamo qualcosa che crediamo gli altri apprezzeranno.

Ci siamo tutti dentro, purtroppo, invischiati in un’era in cui la parola d’ordine è rigorosamente «social» e ciò che fingi di essere conta molto di più di ciò che sei veramente.


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