La pasta scotta non si può servire. Tutti in piazza oggi, Domenica 1 Maggio. Non per la festa dei lavoratori bensì per la “rivolta dei Maccheroni”.
Si, avete capito bene. Preparate striscioni e cori di protesta. È ora di finirla dobbiamo cambiare questo paese. Facciamogli vedere di che pasta siamo fatti.
Tra le cose di cui noi italiani andiamo fieri c’è, senza dubbio, la pasta. Il carboidrato più famoso al mondo, il simbolo che rappresenta il nostro paese oltreoceano e che fa parte della nostra cultura. È vivo in tutti i noi il ricordo della nonna che si sveglia presto la domenica mattina per prepararci le pasta fresca. I nostri primi voli in aereo sono stati su delle forchette piene di maccheroni che entravano nella nostra bocca in modalità atterraggio di emergenza. Erano dei Boing 747 pieni di gusto.
La pasta scotta non si può servire!
No, un italiano non può trascurare l’importanza della cottura della pasta! Persino quando rientriamo dalla discoteca, presi dalla fame chimica, preparandoci la spaghettata di mezzanotte controlliamo i minuti in modo maniacale, a dispetto della stanchezza (chiamiamola così). Oltre ad avere un sapore totalmente diverso al palato, la pasta troppo cotta è molliccia e si digerisce a fatica.
Il motivo di queste “Catilinarie” contro i violentatori di pasta, nasce dai fatti avvenuti qualche giorno fa a Reggio Emilia dove una trentina di rifugiati, ospitati presso la cooperativa “Dimora di Abramo”, hanno protestato per la scarsa qualità del cibo che giornalmente gli viene servito. Tra le lamentele, in particolare, spicca quella per la pasta troppo cotta.
Tutto questo succede proprio nel cuore della regione che, forse, si può definire la regione per eccellenza simbolo della nostra gastronomia.
Basta ricordare che Parma è stata definita città creativa per la gastronomia da parte dell’Unesco e non credo che la creatività di cui è stata insignita si riferisca alla licenza “poetica” di poter preparare una pasta scotta.
Ovviamente facciamo senza dubbio nostro il proverbio “A caval donato non si guarda in bocca” e siamo altresì d’accordo nel ribadire come queste persone debbano ringraziare in quanto aiutate da cooperative generose e meritevoli di lode. Dall’altro lato, credo che chiunque di noi quando ha un ospite in casa lo tratti con rispetto. Insomma ci provate in tutti i modi a non preparargli una pasta molliccia. In sintesi, pur essendo vero che i profughi di cui parliamo non pagano nulla, è altrettanto vero che la cooperativa percepisce 33 euro al giorno per persona e, penso, che fare attenzione alla cottura della pasta faccia parte dei loro doveri.
Per la cronaca la cooperativa in questione ha vinto un bando per la gestione dei profughi inviati a Reggio Emilia.
Nel 2014 chiuse con un bilancio scintillante: il fatturato passò da 2,22 milioni a 3,51 milioni e l’utile di esercizio da 77mila a 170mila euro, in cassa all’epoca vi erano 795mila euro. Pare, inoltre, che due dei prelati in assemblea votarono contro l’approvazione del bilancio contestando il fatto che i soci fecero propri 59mila euro degli utili dell’azienda. Quei minuti in più di cottura, invece, si traducono in una gran perdita per il palato dei poveri profughi.
Mettendo in disparte le questioni legate al business, seppure importanti, qualcuno realmente ritiene che noi italiani possiamo lamentarci di un piatto sgradevole mentre un profugo, debba solo stare zitto ed ingoiare? Noi di BombaGiù lanciamo questa provocazione e siamo dalla parte del “movimento dei maccheronari”. D’altronde anche questo fa parte della nostra storia. Vi ricordate la Carboneria? La segreta società rivoluzionaria nata nel Regno di Napoli dei primi dell’800? Loro protestavano per la carbonara! Ma a Napoli non facevano la pizza? 🙂
Fateci sapere cosa ne pensate di questo argomento e scrivete anche voi. Bombate giù le vostre parole. Protestate! Quale giorno migliore per cominciare a farlo, se non il 1 Maggio?