Molte persone affermano che tornerebbero volentieri agli anni della scuola per respirare di nuovo quel senso di spensieratezza che si ha a quell’età. Questo anche se l’anno della maturità resta comunque un qualcosa che fa molta paura. Pare che l’esame di stato ricorre spesso negli incubi dei maturandi e anche a distanza di molti anni accade di sognarlo e di provare angoscia.

Dal mio esame di quinta superiore sono passati alcuni anni e i ricordi iniziano ad essere confusi, sbiaditi come una vecchia foto. Era inizio estate 2013.

Solo qualche giorno prima mi ero accorta con orrore che siccome la prima prova si sarebbe tenuta di sabato, il centro di Bologna, la zona in cui abitavo, sarebbe stato chiuso al traffico e quindi neppure gli autobus sarebbero transitati. No autobus, no scuola.

Così mi avevo prenotato il taxi per quella mattina. Prima che arrivasse feci colazione e portai fuori il cane. Sembrava una mattina qualunque. Ero serena. I temi erano sempre stati il mio forte, dovevo solo andare lì e dare del mio meglio, come facevo sempre, come avevo fatto in quegli ultimi due anni di scuola serale. Andare lì, sedermi, scrivere. Facile.

Portai il cane a casa, trovai mia madre in strada che mi cercava, mi riprese perché “proprio questa mattina hai deciso di fare il giro lungo col cane”. Poverino, lui aveva voglia di girare! Non mi ero resa conto del tempo che passava.

Dopo pochi minuti mi ritrovai sul taxi, mia madre mi baciò e mi fece l’in bocca al lupo.

Come una quindicenne col mio zainetto in spalla, salii sul taxi e diedi all’autista l’indirizzo della mia scuola. C’ero quasi. Finalmente stavo per ottenere quell’agoniato pezzo di carta che rincorrevo da due anni; non era stato facile no, soprattutto l’ultimo mese: ogni volta che facevo il calcolo dei giorni che mancavano alla fine della scuola, mancava sempre un mese. Mi ero anche chiesta se per caso mi trovassi in uno di quei cerchi temporali in cui si ripete sempre lo stesso giorno. In realtà ero io che non andavo d’accordo con la matematica. Durante tutto il tragitto io e il guidatore non spiccicammo parola.

Il taxista mi lascio nel parcheggio, davanti all’ingresso laterale, quando scesi dal mezzo mi fece anche lui gli auguri per l’esame. Davanti alla scuola trovai dei miei compagni di classe e ne sopraggiunsero altri.

Arrivò anche il momento di entrare.

E quello di sedersi, quello di prendere in mano la penna, leggere le tracce della prima prova d’esame e scoprire che tra di esse ce n’era una proprio adatta a me; la traccia che scelsi trattava l’argomento della cooperazione, ricordo di quello che feci l’esempio degli squali e dei pesci pilota, che sono quei piccoli pesciolini che nuotano affianco a loro; i pesci pilota mangiano i parassiti che si annidano nella pelle degli squali, quindi si nutrono e i grandi predatori vengono ripuliti: questa è cooperazione.

Andai a casa leggera sapendo di aver dato tutto quello che potevo.

In tutta quella felicità c’era però una vena di tristezza: non potevo dire a mio padre, morto durante quell’anno scolastico, come era andato il mio primo giorno di esame. O forse riuscii comunque a dirglielo.

Al ritorno dovetti prendere un altro taxi e l’autista che mi riportò a casa era moro, con gli occhiali… La copia esatta di mio padre.

Gli dissi che avevo appena dato un esame, mi chiese com’era andata e gli risposi che secondo me era andata bene, mi confidò che lui l’esame di maturità non l’aveva mai sostenuto perché aveva solo la terza media. Come mio padre.

Giunti alla mia destinazione gli chiesi quanto costasse la corsa, pagai e gli lasciai il resto come mancia. Non potevo più fare regali al mio papà ma a lui un paio di caffè potevo offrirglieli.

L’esame in effetti lo superai, tutte le prove andarono bene tranne la terza a causa di una sola materia in cui non ero riuscita ad ottenere la sufficienza: matematica.

L’ultimo giorno quando finalmente tutto era finito, percorsi il vialetto che mi separava dalla scuola alla strada in cui c’era la fermata dell’autobus consapevole che quella sarebbe stata una delle ultime volte che lo avrei percorso.

Mentre mi apprestavo a fare gli ultimi metri prima di arrivare sulla strada e aspettare il mezzo, vidi un autobus in direzione opposta passare, sulla fiancata c’era la pubblicità di una nota scuola, lo slogan era “Sei stato bocciato? Recupera gli anni persi” non lo feci per pudore, ma far vedere a quell’autobus e alla pubblicità che portava in giro dove mio nonno portava l’ombrello, ci sarebbe stato. Pensai anche che poteva essere presagio di sventura e invece no, non lo fu infatti qualche settimana dopo seppi di aver superato l’esame di maturità con 80 centesimi.

Nonostante io abbia incontrato persone splendide che sento tutt’ora e vissuto bei momenti assieme a loro, ricordo con troppa ansia l’attesa delle interrogazioni, vedere il dito della prof che faceva su e giù nel registro sulla lista di nomi, provai la paura di non farcela e di prendere un brutto voto che mi peggiorava la media, alla fine ho vinto io, certo ma credo che superata una volta non ha senso riprovare.

Indietro non ci tornerei mai, nemmeno per tutto l’oro del mondo.