La tecnologia ha cambiato senza dubbio il nostro modo di vivere ma ci sono ancora troppe cose, a nostro avviso, che non sono state toccate dall’innovazione disarmante degli ultimi decenni. Una di queste riguarda lo sviluppo del telelavoro.
Lavorare da casa è vantaggioso sotto tanti punti di vista. Consente di prendersi cura della famiglia, evita il traffico nelle città, consente un risparmio di costi per il datore di lavoro (es. affitti per uffici). Quanti di noi si sono immaginati a casa mentre lavorano in pigiama con la televisione accesa oppure sdraiati sul divano con il pc sulle gambe?
Inoltre il telelavoro non ci obbligherebbe a pagare gli affitti salatissimi del centro città perché si potrebbe tranquillamente lavorare dalla campagna o nella nostra casa al mare. Ve lo immaginate?
Nonostante i motivi che spingono verso questa modalità di lavoro siano tanti, in Italia il telelavoro stenta a decollare. Su Jooble potrete trovare numerose offerte di lavoro.
Gli occupati con il telelavoro sarebbero, infatti, solamente una quota tra il 2,3% (Dasytec, 2012) ed il 5% (School of Management del Politecnico di Milano, 2012) degli occupati. Troppo poco se consideriamo che la maggior parte di noi lavora con il computer e svolge mansioni ripetitive tranquillamente eseguibili da casa. Inoltre gli strumenti tecnologici oggi consentono di fare videoconferenze con una semplicità assolutamente da sfruttare perché eviterebbe il problema delle presenza alle riunioni.
Perché allora il telelavoro non decolla in Italia?
Per prima cosa esiste un limite culturale nel nostro modo di vedere il lavoro. La classe dirigente ritiene che la presenza sia fondamentale e che, senza il controllo diretto, le performance dei dipendenti scenda di molto. Siamo insomma ancora legati al cartellino alla Fantozzi. In effetti abbiamo tutti visto le scene dei dipendenti del comune di Sanremo timbrare il cartellino in pigiama e poi tornarsene a casa o andare a fare delle gare di canottaggio. Immaginate se gli consentissimo di lavorare da casa. Che farebbero? Insomma il nostro essere “fannulloni” e “furbi” è la causa principale che limita lo sviluppo del telelavoro.
E in Europa?
Il paese sorprendentemente in testa alla classifica è la Repubblica Ceca con il 15,2%; seguono la Spagna, la Lituania, la Germania, la Slovenia (tutte con una percentuale tra il 6,5 ed il 7%) e a seguire le altre Nazioni.
E nel resto del mondo?
Si stima (dati Reuters) che un lavoratore su cinque sia impiegato con un rapporto di telelavoro. Sorprese arrivano da paesi emergenti:
- India: 50%
- Indonesia: 34%
- Argentina, Sud Africa: 30%.
I nostri imprenditori, dunque, dovrebbero riflettere su queste percentuali per cambiare questa tendenza italiana e mettere in atto i presupposti che realmente darebbero il valore aggiunto della diffusione di internet e delle nuove tecnologie. Non dimentichiamo, inoltre, che la diffusione del telelavoro risolverebbe in gran parte i problemi legati all’inquinamento ed allo sviluppo sostenibile delle città.
Il fattore chiave di successo sarà investire in strumenti di controllo e monitoraggio delle performance a distanza in modo da “beccare” i fannulloni. Voi cosa proponete newzpharmacy.com/?