Da barbone a principe. La vera storia di Jerry.

Da Mazara del Vallo una storia sensazionale ...

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Da barbone a principe. La storia di Jerry.

Voi vi starete chiedendo: chi è “Jerry”? E’ un gatto? Un cane?

No, Jerry è un essere umano; conosciuto come rospo e con il tempo si è trasformato in principe. In verità principe proprio no ma in un essere umano si, in un uomo, in una persona affidabile, un essere inserito in Società.

Da Barbone a principe. Ci credereste mai?

Quando l’ho conosciuto (saranno passati circa dieci anni o giù di li) era un barbone, un essere posto ai confini fra gli animali domestici e le bestie selvatiche.

Passeggiavo un pomeriggio, come tutti i giorni, neanche ricordo quale fosse la stagione, tra le vie della mia città, assieme agli amici. Mi si avvicina un essere alto quasi due metri, con lunghi capelli sul biondo, barba folta, un maglione verde oliva macchiato e consumato, un jeans, se così si poteva chiamare quell’indumento, viso rotondo e occhi celesti.

In altre circostanze poteva considerarsi un bel giovanotto, sui venti ventidue anni, se pulito e vestito decorosamente. In mano aveva una padella (chissà dove reperita) con dentro qualche moneta.

Come detto si avvicinò, sorrise, fece un mezzo inchino e chiese una moneta per Jerry.

Mi fece subito simpatia. Misi le mani in tasca, presi alcune monete e gliele diedi sorridendo. Ringraziò con un altro inchino e andò via.

La storia si ripeté tutti i giorni, sempre di pomeriggio. Io davo a lui qualche moneta tanto che si era instaurato un rapporto cordiale di quasi conoscenza. Sapeva che venendo da me qualcosa gliel’avrei data sempre.

Poi un giorno non lo vidi più. Partì.

Ritornò dopo un anno e vedendomi mi sorrise e si avvicinò; con la solita flemma, stessa padella, fece un inchino e chiese una moneta per Jerry. Questa volta non era solo era accompagnato da una ragazza e da un cane marrone, un bastardino di quelli buoni buoni che se ne stanno accucciati vicino ai bagagli, senza neanche alzare gli occhi per vedere le persone. Anche questa volta si fermò a Mazara del vallo per un mesetto e poi andò via. Ritornò in piena estate ma appariva debilitato, magro, senza denti nella mandibola superiore.

Continuava a manifestare sempre la solita simpatia nel chiedere la stessa padella e nel ringraziare con un inchino.

Quando racimolava la somma necessaria andava al bar, comperava una birra e in un angolo del marciapiedi si beveva la sua bevanda senza mai disturbare nessuno.

mazaralungomare
Mazara del Vallo – Lungomare Mazzini

Dopo i tre anni a Mazara era diventato quasi un personaggio e tutti gli volevano bene anche perché era solito salutare per primo magari togliendosi il berretto anche quando non chiedeva soldi. Ci restammo male quando un giorno vedemmo l’ambulanza ferma ai giardini pubblici che caricava Jerry per portarlo in ospedale. Ubriaco, dormendo sulla panchina, un movimento falso l’aveva fatto cadere e aveva sbattuto la testa rimanendo in uno stato comatoso. Per circa un mese non lo rivedemmo più ma chiedevamo sue notizie tramite un amico infermiere .

Fu quella la svolta che lo fece diventare da barbone a principe? Non lo so.

Quando uscì sembrava un altro. Capelli tagliati a zero, vestito pulito e decentemente.

Stava seduto al solito posto, in un angolo della piazza, silenzioso, quasi meditasse. Rispondeva al saluto ma rimaneva seduto e non chiedeva più soldi.

Alcuni di noi lo avvicinarono e si prodigarono perché venisse a mangiare nelle nostre abitazioni e per fargli avere qualcosa in tasca gli facemmo fare qualche piccolo lavoretto. Jerry, col tempo, si mostrò bravo nei lavori di muratura, in quello elettrico, nelle saldature e nei lavori in campagna. Apprendemmo che era della Repubblica Ceca e che conosceva tre lingue. Aveva voluto conoscere la vita da Hippy ma ora si era stancato e voleva fermarsi a Mazara del Vallo a lavorare cosa che fece con assiduità ora qua, ora là.

Trovò una casa in locazione e gli fu regalata una vecchia macchina dopo che gli facemmo prendere la patente di guida. Continuava a bere ma senza eccedere. Vestiva abiti usati ma puliti e faceva la sua figura anche perché, con i suoi soldi, gli feci mettere una adeguata dentiera visto che aveva difficoltà a mangiare. Questa vita durò alcuni anni e Jerry riuscì a lavorare quasi sempre facendosi anche la ragazza.

Quando la sua macchina aveva problemi veniva da me ed io gli prestavo la mia.

Con la crisi del 2010 il lavoro venne meno, i soldi non bastavano più e chiese consiglio agli amici convincendosi alla fine che la soluzione migliore era quella di andare a cercare fortuna altrove magari all’estero. Non so perché partì per andare in Austria.

L’altro pomeriggio, causa il protrarsi del bel tempo da noi (siamo quasi alla fine di ottobre) con i soliti amici ci siamo ritrovati presso la gelateria del lungomare Mazzini. Ad un tratto qualcuno mi tocca la spalla e mi chiama; “Paolo! Paolo! Sono Jerry“.

Mi alzai, rimasi sbalordito – nel vederlo – ma felice e lo abbracciai con impeto.

Lo invitai a sedere e facendolo mi presentò una ragazza dicendo che parlava solo “ceco” e che era la sua ragazza. Una giovane carina sui venti, ventidue anni. Mi faccio raccontare la sua nuova avventura durante questa assenza e mi fa sapere che lavorava a Linz in Austria dove guadagnava bene e tutti gli volevano bene trovando nuovi amici. Mi disse che era in vacanza, per una settimana, e che era venuto direttamente a Mazara del Vallo perché qui aveva gli amici e si sentiva a casa sua. Dormiva presso amici e mangiava da Francesco, altro amico comune. Lo invitai a venire a mangiare a casa mia il lunedì successivo (l’incontro avvenne di venerdì ed io il sabato e la domenica dovevo andare in gita a Gangi e a Castelbuono) ma rifiutò perché altri amici lo avevano invitato e doveva accontentare un po’ tutti.

Rimase a parlare un poco e poi andò via, con la sua ragazza, felicissimo di avermi visto e salutato, promettendo che sarebbe ritornato in estate.

Lo vidi allontanare lentamente e, seguendolo con gli occhi, fra me e me dicevo: una bella coppia, due persone normali, due giovani di bell’aspetto. In cuor mio ero contento per lui, per me che – in parte – grazie all’aiuto ed ai consigli dati avevo contribuito al suo recupero nonché a farlo diventare un uomo responsabile, inserito in società, con un avvenire migliore di quello che gli si prospettava quando l’avevo conosciuto.