Niccolò Moriconi, in arte Ultimo, è un quaderno dalla copertina nera che nasconde dentro fogli dai mille colori. Un poeta moderno dallo sguardo perso e la faccia da duro, uno da considerare quasi dannato. Eppure, Ultimo è un ragazzo come tanti altri con la sola differenza di aver mantenuto viva la parte fragile e curiosa di un bambino; un ragazzo che dietro agli occhiali da sole nasconde la sua sensibilità.

In due anni è riuscito dove nessun altro artista italiano era riuscito prima riempiendo lo Stadio Olimpico di Roma con ben cinque mesi d’anticipo. In tanti si sono chiesti come abbia fatto perché sessantaquattromila biglietti venduti, in un momento come questo di crisi per la discografia e l’arte in generale, sembravano utopistici per un ragazzo così giovane.

Allora perché piace così tanto? E chi è che compra i biglietti per i suoi concerti?

La risposta è semplice: tutti.
Il 4 luglio il prato e gli spalti dell’Olimpico erano una distesa di persone di ogni età.
C’erano bambini, famiglie, ragazzi e ragazze, donne e uomini adulti.
Tre generazioni sotto lo stesso cielo a brillare attorno a Ultimo, a fare da stelle e da pianeti al suo universo.

Ultimo arriva perché è vero, perché si racconta senza paura, racconta quali sono le sue debolezze e come le affronta. Non ha paura di mostrarsi per quello che è e in un mondo fatto di finte apparenze le persone riconoscono la verità.
Scrive come pochi sanno scrivere, canta e ti imprime sulla pelle le sue parole come graffi reali, racconta i suoi testi e sa suonare. Ha riempito la serata con le note del suo amato pianoforte e l’intero stadio è rimasto in silenzio ad ascoltare per poi scoppiare all’improvviso in fragorosi applausi che hanno riempito la notte romana donando ammirazione, gratitudine e conferme all’artista.

Ultimo non fa musica rap, pop, indie, trap o rock.
Ultimo fa musica, punto. Un sognatore che non dorme.

Quando canta non fa dei giri immensi per darti un messaggio, no, lui arriva dritto a smuovere quella parte che tentiamo invano di far stare in silenzio. La smuove perché Ultimo è un sognatore che non dorme, uno che si è svegliato senza smettere di sognare prendendo in mano le sue sofferenze, la sua empatia, la sua percezione della vita per dimostrare qualcosa: non conta dove nasci o come nasci, conta dove vuoi arrivare. Non impone nessun tipo di pensiero, ma sprona a farsi delle domande attraverso le sue parole e quando qualcuno scrive con il cuore trova sempre il modo di arrivare alle persone.
Avevamo e abbiamo bisogno di lui che, inconsapevolmente, è diventato portavoce dei silenzi troppo rumorosi dei giovani di oggi, dei nostalgici di ieri e dei sognatori di domani.

Ci siamo noi e c’è lui.
Ci siamo noi e c’è la sua musica.
E se noi siamo tutti un po’ Giusy o un po’ Wendy, come canta nelle sue canzoni, lui rimane sempre il nostro Peter Pan e nella nostra isola nessuno si sente solo.


Ultimo: un sognatore che non dorme

Articolo di Serena Di Sciullo