Una giornata lavorativa domenicale… Andare a lavorare per uno stipendio nella norma, qualcuno direbbe “ringrazia il Cielo che lavori”… E va beh, ringraziamo il Cielo che abbiamo un lavoro, anche se non si guadagna come i paraculi a Roma. Ringraziamenti anche per un futuro che ci prospetta una pensione a 70 anni, sempre se l’Italia non fa’ il grande tonfo prima.

Certo che lavorare la domenica per giunta di pomeriggio fino a mezzanotte e mezza è una pacchia. Poi se ci aggiungiamo che è luglio e per l’esattezza il 9 luglio, un numero fortunato nella mia personale numerologia, siamo al massimo.

Caldo bestiale, si suda solo a respirare; rassegnamoci e aspettiamo la fine giornata.

Quel giorno ho iniziato il mio turno notando che un prepotente è riuscito a posteggiare la macchina abusivamente in area di pertinenza allo stabilimento dove vi hanno recentemente installato una vasca per le acque nere, e quindi non adibita a posteggio per nessun tipo di mezzo. Inoltre una parte della piazzola ha anche la funzione di passaggio pedonale per raggiungere la spiaggia. Naturalmente il tutto è delimitato da una cancellata con accesso per gli addetti del Comune. Quindi per ovvie ragioni, oltre il cancello, l’attraversamento della piazzola è proibita e delimitata da paletti con catene.

Ora direte voi, cosa c’entra tutto questo con la sfiga di una giornata lavorativa domenicale, e con quasi 30 gradi di afa?

Bene arriviamo al punto.

Verso sera, dalla mia postazione vedo un tipo con un berretto di paglia che armeggia con un attrezzo la catena del paletto che delimita l’area di divieto di accesso che ho citato sopra.

Mi dirigo verso il cancello e con l’autorità con la quale sono stato investito, chiedo al tipo cosa stesse facendo. Questo con accento dell’Est mi urla: “Vaffanculo, bastardo no rompere cazzo!” Allibito, ma pur sempre calmo, gli rispondo se è impazzito e di smettere di forzare la catena. Il tipo ancora più imbestialito di prima si mette a correre verso di me e si ferma davanti al cancello. Nel frattempo una piccola bimba di circa due anni, presumibilmente sua figlia, gli correva dietro in mezzo alla strada con il rischio di essere investita.

Questo prepotente, dalle sbarre del cancello infila il braccio e con un cacciavite in mano tentava di sferrarlo contro di me, per fortuna, senza riuscire a toccarmi.

Tra le cose, io non sono uno sprovveduto. So badare a me stesso e sono sempre attento e prevenuto per quello che potrebbe accadere in simili circostanze. Questo anche per via della mia esperienza in servizi dove serve attenzione e un occhio attento.

Ma quella domenica sinceramente non mi aspettavo quella reazione e mi ha fatto nascere una rabbia tale per aver rischiato di essere “caccia-vitato” da un prepotente di una diversa origine etnica che questo paese ha accolto con braccia e portafogli aperti ma che nonostante ciò, non ha rispetto della la legge e ancora meno dell’essere umano.

Per continuare il racconto del diverbio ecco il resto: dopo che gli ho di nuovo intimato di rimanere calmo perché oltretutto aveva spaventato la figlioletta, il tipo si diresse nuovamente verso la catena e riprese a romperla per poter uscire con la sua auto che aveva posteggiato con violenza e non solo abusivamente ma con violazione di proprietà privata.

A causa della presenza della bambina della quale ovviamente il prepotente non se ne importava più di tanto, rimasi in silenzio e gli ho scattato delle foto per avere delle prove dell’accaduto.

Mentre questo esemplare di correttezza stava sempre affaccendato a rompere la catena, lo avverto caldamente che è mia competenza avvisare le forze dell’ordine se non smette immediatamente di recare danni alla proprietà privata.

Il prepotente invece di fermarsi, riparte in corsa contro la rete dietro la quale c’ero io su una piccola piattaforma di cemento, e cerca addirittura di scavalcarla per aggredirmi ma non c’e la fa’.

Lo invito a calmarsi per l’ennesima volta ma questo, sempre più indiavolato, si faceva le sue assurde ragioni, che l’Italia è merda e che tutti gli italiani sono bastardi, e che se metteva un avvocato mi avrebbe rovinato perché era in compagnia della famiglia.

Io gli ripetevo che farneticava, e lui si attacca alla rete e urla:” io ora scavalco e ti ammazzo!” Allora a questo punto spazientito, e dovendo tutelare la mia vita apro la cerniera del mio marsupio laterale, allorché avendo capito cosa conteneva il mio marsupio esternò un lungo Haaaaahhhhhhhh, abbassando il tono e la cresta.

Ovviamente qualcosa aveva capito il prepotente che pensava di aggredire una persona che non avrebbe potuto difendersi. Ritorna infastidito alla sua vettura come se non mi avesse mai minacciato di morte con un’arma sua. Nel frattempo la moglie arriva con le masserizie di spiaggia intenta a consolare la bambina che piangeva, ed avendo sentito le urla e inteso tutto l’accaduto, chiedeva al marito cosa avesse combinato, che la bambina era isterica per colpa sua e di finirla e di andare via come da mio suggerimento. Dopo qualche minuto di esitazione, questo afferra la moglie da un braccio e la spinge in malo modo nella vettura.

Alla fine, vedendo questo pazzo furioso pensai alla sua famiglia e quanto male fosse capace di fare ad essa; che malcapitati, costretti a vivere con un violento e imbecille che probabilmente pensavano bravo prima del matrimonio.

Avvertendo che potesse scatenare la sua rabbia contro la moglie e la piccola bambina, gli gridai che se rimetteva a posto la catena, potevamo chiudere la storia senza chiamare le forze dell’ordine. In un primo momento sembrava che avrebbe assecondato la mia richiesta ma una volta salito in auto riparte, e dopo due metri si ferma, scende dall’auto e impreca verso di me: “tu fatto foto, ma io foto fatto in testa, e ti vengo a trovare, frega niente di galera.”

Continuo a scuotere la testa e gli indico con la mano di andare via di corsa. Questo riparte con la sua vettura, e spero di non vederlo più.

Ora il sunto di tutto questo? Intanto non è molto dignitoso lavorare per uno stipendio che non giustifica tutti i rischi e vessazioni che si devono sopportare per proteggere la proprietà altrui, anche perché se uno fa finta di niente alla fine l’azienda farà le sue rimostranze chiedendosi cosa ci stiamo a fare se poi loro devono subire dei danni?

Giusto, non ci piove.

Se invece s’interviene come ho fatto io solo con la richiesta educata di smetterla, se poi questo ti aggredisce e ha la meglio su di te senza che ti uccide ma mi rompe qualche osso, di certo avrò la solidarietà, ma intanto il danno fisico lo si subisce.

Se invece lo malmeni tu al fine di fermarlo, ci saranno le indagini e rimarrai indagato come il prepotente, e rischi di non lavorare fino a che non si siano accertate tutte le circostanze.

Invece nella peggiore delle ipotesi se questo realmente scavalcava la recinzione e mi feriva con il cacciavite, per non farmi indagare inutilmente, mi dovevo prendere un paio di caccia-vitate senza difendermi, con le conseguenze che se sopravvivevo e riuscivo ad individuare il prepotente, ci sarebbe stato un processo e gli avrebbero dato dopo lunghissimi anni di attesa, una condanna magari breve e come schiaffo finale, zero risarcimento per me perché tanto il prepotente è nullatenente se non proprietario di una macchina che varrà si e no 1500 euro…

Ma esiste una situazione che sembrerebbe meno peggiore, facciamo la simulazione.

Il prepotente salta dentro nonostante tu lo abbia prevenuto e avvisato di non essere uno sprovveduto, aprendo il marsupio e facendogli notare il tuo ferro.

Ma questo purtroppo è davvero scemo e scavalca il cancello lo stesso. Si avvicina con l’intento di cacciavitarti, tu estrai il ferro, gli intimi si fermasi, questo continua, allora l’istinto di sopravvivenza dettato dal tuo cervello manda immediatamente il comando dal cervello al braccio, poi velocemente all’avambraccio, poi alla fine, il messaggio arriva alla mano e al dito che preme il grilletto. Conseguenza? Mettiamo l’ipotesi che il prepotente ci rimane secco, cosa accadrebbe?

Mi immagino Gianfranco Librandi che dibattito farebbe, imprecando le sue assurdità. Magari avrebbe detto che se quel giorno mi davo malato non sarebbe successo nulla. Un personaggio assurdo, che non mi capacito ancora di pensare come possa essere al governo.

E Cecchi Paone? Griderebbe che sono un assassino senza valori, e questo dall’ateo che adesso fa il cristiano?

Ma perché non posso fare io la domanda e pretendere una risposta? Cosa deve fare una persona che deve decidere in una manciata di secondi se reagire per salvarsi la vita oppure per far felice Paone e Librandi e farsi ammazzare?

Viviamo in uno Stato dove si è riusciti a creare dubbi, dove dalla ragione si passa al torto in automatico, dove la gente non sa più cosa fare, dove non si sa’ se la ragione sta nel delinquente o nel migrante che se ti massacra di botte o ti ammazza è solo colpa tua che non hai capito come farlo contento? Oppure è colpa della società che non è stata capace di integrarlo? Follia solo follia di politici che pensano di avere la presunzione di essere all’avanguardia. Invece sono solo deboli e vigliacchi verso la società che ha dato fiducia a loro, bambini che giocano a fare gli adulti e pieni di sé, con ideologie che non reggono alla stabilità e alla sicurezza del paese e dei cittadini.

Questa giornata di lavoro non aveva alcun senso, perché trascorsa senza tutela di chi è comandato ad eseguire un lavoro di protezione e di rispetto della legge.

In Italia è ormai chiaro che sia come cittadino, sia come una persona nella sua funzione lavorativa come un membro delle forze dell’ordine, prima di svolgere il suo lavoro oppure prima di reagire per proteggere la propria vita, deve già decidere di non agire per evitare conseguenze, quindi nelle peggiori delle ipotesi, deve rischiare di morire per non offendere le sensibilità dei filosofi televisivi.

Diceva un sapiente magistrato franco-canadese che la legge è stata fatta per servire l’uomo, non che sia l’uomo a doverla servire.

Questo è il principio sul quale è fondata il nostro sistema di legislazione.

Io a tutto il resto non ci sto!

“ Una giornata lavorativa Domenicale ” di Nico Colani

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Nico Colani nativo di Genova. Si diploma elettricista e in elettronica ed in seguito la sua passione per il digitale lo vede applicarsi da autodidatta in informatica e sviluppo web, poi è titolare per vari anni di una piccola impresa di trasporti. Nico assiste al fiorire di periodi di grande boom industriale ed economico per l’Italia partecipando anche a varie attività sindacali per la tutela dei diritti lavoratori. Eterno pensatore e provocatore, Nico Colani si è sempre impegnato, attraverso vari mezzi di comunicazione come il suo blog decennale di satira “Guanot” e più recentemente con “Il Macigno” ad individuare i grandi paradossi sociali nella vita contemporanea fino ad estrapolarne le sue dissonanze. Il suo è non solo un invito a meditare, ma a sollecitare pareri al fine di aiutare la propria società a ristabilire gli equilibri sociali, culturali ed economici persi nei cambiamenti generazionali dove si è scelto di crescere e maturare senza consapevolezza storica e culturale del proprio paese di origine. Il suo motto è sempre stato “Ruit Hora”, ovvero “Il Tempo Fugge”. Isabella Montwright