《Che cosa stai facendo?》
《Costruisco un arcobaleno!》
《Tu?! Che senso ha? Si formano da soli, gli arcobaleni. O meglio, ci pensa la Natura, quella strana, casuale, magica combinazione di pioggia e raggi di luce, di temporali in allontanamento e sole che ritorna. Ci pensano le leggi della fisica, l’ottica, la rifrazione, la combinazione chimica degli elementi a creare arcobaleni. Perché pretendi di farlo tu?》
《Ci va una bella dose di coraggio, superbia, intraprendenza, persino un pizzico di follia. Hai ragione! Ma io non mi accontento, io voglio un arcobaleno costruito con le mie mani!》
《Come lo costruisci? Con quali materie prime e materiali?》
《Con quanto di bellezza, di buono, di luce, di gioia esiste ancora nel mondo》
《Farai fatica a trovarne. Con una pandemia appena alle spalle e una guerra in corso, dove pensi di trovare la bellezza, la bontà, la gioia che ti occorrono? Credi che esistano ancora?》
《Esistono, credimi! Oggi più che mai. Basta guardare negli occhi ridenti, nei sorrisi curiosi dei bambini quando si stupiscono per un nonnulla o quando giocano insieme. Basta guardare la primavera, che rifiorisce sempre, per tutti, nonostante tutto. O in ogni mano che accarezza anziché colpire, che opera gesti d’amore. Anche la notte ha le sue stelle, anche il buio più profondo e spaventoso porta qualche scintilla di luce》
《Bene. Ma quando avrai collezionato frammenti di bellezza a sufficienza, come li assemblerai?》
《Con l’amore. È questo il trucco: fare le cose con amore. Perché l’amore lega e tiene insieme tutto.》
《Quindi avrai un arcobaleno tutto per te. E poi? Cosa te ne farai? Dove lo metterai? In giardino? In salotto? Come pensi di utilizzarlo?》
《No! Non tutto per me! Non me lo tengo! Voglio regalarlo!》
《A chi?》
《A tutti! A tutti quelli che hanno bisogno di speranza. Ne hanno tutti un bisogno enorme in questi tempi. I bambini che scappano dalla guerra hanno la speranza negli occhi per proiettarsi verso il futuro, e così pure le loro madri. Ma anche noi che stiamo qui nella parte tranquilla e comoda del mondo. Perché la speranza è l’unica arma che può sconfiggere la paura, che può alimentare ancora sogni, che apre le porte al futuro.》
《Speranza! Tempo fa – non è passato molto, ricordi? – ci siamo messi tutti d’impegno a dipingere arcobaleni. Su carta, su stoffa, su lenzuola dismesse. Li abbiamo appesi ai terrazzi, affissi alle porte di casa. Dicevamo che saremmo diventati persone migliori, ricordi? Forse ci credevamo davvero. O forse lo dicevamo solo per darci forza, per autoconvincerci. E poi? Che ne è stato di tutti quegli arcobaleni? Siamo sempre gli stessi! Gettiamo rifiuti per terra, non rispettiamo l’ambiente. Ci affaccendiamo, corriamo, ci arrabbattiamo come matti, senza avere il tempo di gustarci le cose. Siamo diventati cinici, sospettosi, diffidenti gli uni verso gli altri e… torniamo a bombardarci, a farci la guerra! È questo il mondo che speravamo? È questa la realtà che volevamo ricostruire? È questo il nostro essere migliori? Che senso ha continuare a sperare negli arcobaleni? Sei un ingenuo, un povero illuso!》
《Forse non sono stati ancorati bene》
《Ancorati?! Che cosa intendi dire?》
《Legati ad un appiglio. Ancorati al terreno. Poggiati su una base solida e stabile. Altrimenti sono leggeri, evanescenti, volano via. Come le speranze. Il fondamento o, se preferisci, le fondamenta. L’ancora. La base. Chiamalo come vuoi, ma è questo che fa la differenza. Una speranza buttata in aria, slegata da tutto, senza fondamento diventa illusione. Un’utopia, una fregatura. Una speranza ben ancorata, fondata su qualcosa o qualcuno di saldo e affidabile, diventerà certezza.